Spaccio di stupefacenti e altre attività criminali dei gruppi nigeriani
Dall’inizio dell’anno e fino al 20 marzo scorso, erano stati poco più di duecento su tutto il territorio nazionale, gli spacciatori di stupefacenti nigeriani arrestati dalle forze di polizia. L’ultimo a finire in manette un giovane ventottenne fermato il 19 marzo nella stazione di Modena dagli agenti della Polfer con mezzo chilogrammo di marijuana nello zaino.
Da quel giorno e fino al 2 aprile relativamente agli arresti per spaccio – pochi complessivamente tenuto conto delle forti limitazioni alla mobilità delle persone per l’emergenza sanitaria – i nigeriani erano pressoché scomparsi nelle consuete zone di “attività” delle piazze e di transito, le stazioni dei mezzi di trasporto pubblico (sono quelli maggiormente utilizzati negli spostamenti).
Soltanto in questi ultimissimi giorni i nigeriani si sono (timidamente) riaffacciati sul mercato, ma sono stati prontamente bloccati. E’ accaduto a Perugia, dove un giovanissimo, controllato dagli agenti di polizia appena sceso dal treno, è stato trovato con ecstasy ed eroina (in parte contenuta in ovuli occultati nell’intestino), mentre un secondo nigeriano, a Padova, è stato arrestato per la detenzione di una decina di dosi di marijuana (patteggiata la pena a sei mesi e scarcerato).
Sono, probabilmente, i primi segnali di ripresa dell’attività della criminalità nigeriana che nel traffico di stupefacenti è sempre molto attiva e vuole “riappropriarsi” delle zone di vendita. Non mancano, naturalmente, interessi per altre tipologie di attività criminali.
Così, meno di un anno fa, nell’operazione di polizia No fly zone furono arrestati, in alcune province italiane, sette nigeriani associati alla confraternita mafiosa degli Eiye responsabili di delitti contro la persona ed il patrimonio commessi nella aspra contrapposizione contro altri gruppi criminali di connazionali tra cui i Black Axe, i Vikings, gli Arobaga, i Maphite.
Quest’ultimo gruppo, poi, suddiviso in famiglie, è stato anche oggetto di una importante attività di indagine svolta dalla Polizia di Stato e coordinata dalle DDA di Bologna (l’Emilia Romagna è la regione che registra il maggior insediamento dei Maphite) e Torino che ha portato all’arresto, circa sette mesi fa, di ben 39 nigeriani che, oltre allo spaccio si dedicavano alle estorsioni in danno di connazionali e allo sfruttamento della prostituzione.
Di indubbio interesse il sequestro della Green Bible, una sorta di atto costitutivo dei Maphite rappresentato appunto da questa Bibbia verde che è anche il colore che contraddistingue gli appartenenti al clan. Un clan, come accennato, che predilige il traffico e lo spaccio di stupefacenti ma che non disdegna le estorsioni, gli omicidi, la clonazione di carte di credito, la falsificazione di denaro, tutte attività che svolge in gran parte degli Stati europei ma con proiezioni in Canada, Malesia e Ghana.
Una vera spina nel fianco per gli investigatori italiani che, dopo alcuni anni di osservazione, convinti della estrema pericolosità della criminalità nigeriana, vi hanno dedicato sicuramente maggiore attenzione con risultati apprezzabili (in qualche caso anche grazie ai collaboratori di giustizia) avendone messo in risalto anche le connotazioni mafiose che hanno retto al vaglio della magistratura giudicante.
Non mancano momenti di contrapposizione, anche violenti, tra i vari clan nigeriani. Emblematico di questa situazione che potrebbe degenerare alla ripresa dello spaccio, due episodi verificatisi a Ferrara nel luglio dello scorso anno quando per motivi collegati alla spartizione delle piazze di spaccio si sono fronteggiati una quindicina di nigeriani, armati di coltelli, accette e bastoni, appartenenti ai due clan degli Aiye e degli Arobaga.
Sodalizi criminali sui quali è assolutamente importante mantenere alta l’attenzione, anche in questa drammatica fase di emergenza sanitaria nazionale.
La criminalità spicciola e quotidiana dei nigeriani
La metastatizzazione della criminalità nigeriana in Italia
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