Appunti per la lotta alle mafie ai tempi del Covid 19
All’inizio sono stati Saviano, Caselli e Ciotti, poi altri autorevoli protagonisti del fronte anti-mafia, i più recenti in ordine di tempo il Procuratore nazionale Cafiero De Raho e il capo della Polizia Gabrielli ad avvertire l’opinione pubblica che le mafie sono pronte, come sempre, ad approfittare della gestione emergenziale imposta dalla pandemia.
Provo a fare una lista (parziale!) di cose che dovremmo fare, prendendo sul serio questi fondati allarmi.
“Le mafie sono pronte”, allora esistono! Ed esistono come fenomeno criminale speciale: permanente, capillare, capace di crossare tra economia criminale ed economia legale, capace di intercettare flussi di denaro pubblico e disagio sociale, capace di fondare il proprio potere sulla forza di intimidazione del vincolo associativo e sulla riserva di violenza. Allora bisogna smetterla subito di minare il così detto “doppio binario” che dota l’ordinamento italiano di strumenti specifici per contrastare un fenomeno simile (aiuta in tal senso anche una recente sentenza della Corte Costituzionale, la numero 57, relatore dott. Coraggio, che ribadisce la piena legittimità costituzionale delle interdittive antimafia).
Specializzazione e centralizzazione: i criteri fondanti della DNA e della DIA, pensate e fortemente volute da Falcone. C’è chi non ha mai digerito queste invenzioni, chi vorrebbe svuotarle di forza, se non abolirle eppure abbiamo tanto più bisogno ora di capacità di analisi “universale”, tempestiva, puntuale, digitale, che non patisca gelosie e tatticismi o più pericolosamente ancora superficialità ed inadeguatezze.
Carceri: non risolvere la questione del sovraffollamento, della qualità della vita all’interno degli istituti, non adeguare definitivamente le strutture alle esigenze del 41 bis, significa tradire la Costituzione, esporre gravemente il personale che nelle carceri lavora e offrire ai mafiosi pretesti per “fare la guerra e trattare la pace”.
Ribelli da sostenere: sono gli imprenditori che non cedono alla tentazione di affidarsi ai capitali mafiosi in tempi di crisi, sono i cittadini onesti che (magari lavorando dentro una Pubblica Amministrazione) non si girano dall’altra parte e denunciano il malaffare, sono giovani e donne che intendono rompere con il clan ed iniziare una nuova vita, sono i soldati di mafia che girano le spalle all’organizzazione e scelgono la via della collaborazione. Gli strumenti normativi che colgono queste situazioni vanno tutti adeguati (talvolta inventati di sana pianta) e correttamente manutenuti (penso ai decreti attuativi della riforma dei Testimoni di Giustizia, penso a quelli attuativi della riforma del Codice Antimafia a sostegno della continuità occupazionale delle aziende sequestrate, penso alla così detta “terza via”… Penso agli strumenti a sostegno degli imprenditori che denunciano e che spesso si trasformano in un incubo). Altrimenti lo Stato non sarà credibile quando dirà: “Denunciate!”, quando dirà “Cambiate vita!”.
Sanatoria subito per tutti i cittadini stranieri che vivono in condizione di irregolarità in Italia e che sono stati cacciati nell’invisibilità dai decreti voluti da Salvini: prima che il bisogno di braccia nelle nostre campagne saldi ancora di più criminalità e sfruttamento, lo Stato tenda una mano a questa umanità sul crinali e la tiri nel campo della legalità dove ci sono diritti e doveri per tutti. Nessun “padrone” può più esistere in una Repubblica fondata sul lavoro.
L’ho detto: sono appunti parziali, rimando alle riflessioni amare di Raffaele Cantone per l’ANAC e il ciclo degli appalti, rimando a quelle di Avviso Pubblico per il ruolo (oggi ancora più centrale!) dei Sindaci, rimando a quelle di LIBERA e a quelle della Rete dei Numeri Pari che saldano la questione della prevenzione/repressione criminale con quella ineludibile della giustizia sociale, della lotta alle diseguaglianze.
Insomma, mentre il personale sanitario combatte e vince la battaglia contro la pandemia, il personale “anti-mafia” prepari una offensiva memorabile perché questo 2020 non venga ricordato dagli storici come un maledetto periodo di nuova “accumulazione capitalista” delle mafie in Italia.
Tra tutti, c’è almeno un uomo la cui memoria dovrebbe inchiodarci a questa responsabilità, era un Sindaco, gentile e caparbio si chiamava Marcello Torre (e chi non sa chi fosse, ne approfitti e lo scopra).
* Presidente di Benvenuti in Italia e Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII legislatura
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