La riforma dei reati agroalimentari. Così si difendono salute e qualità dei cibi
Il 25 febbraio il Consiglio dei ministri (su proposta dei titolari della Giustizia e dell’Agricoltura, Alfonso Bonafede e Teresa Bellanova) ha approvato un d.d.l. per la riforma dei reati agroalimentari.
Un’iniziativa importante, anche per provare a riproiettarsi nel futuro dopo la stagnazione greve e vischiosa del “coronavirus”.
Il vigente quadro normativo è obsoleto e debole. Fermo a quando il problema era l’oste che metteva un po’ di acqua nel vino, a fronte di una criminalità ormai transnazionale. La bilancia costi/benefici che misura l’efficacia deterrente delle norme è vertiginosamente a vantaggio del secondo piatto, con un paradossale effetto criminogeno. Di qui la necessità di una seria riforma, per ristabilire nel mercato alimentare un sufficiente livello di ordine.
Il d.d.l. recepisce in larga parte il progetto predisposto dalla Commissione (presieduta dal sottoscritto e dal Prof. Stefano Masini) che era stata incaricata di disegnare un rinnovato diritto penale, capace di interpretare le sfide della globalizzazione senza trascurare il valore aggiunto delle realtà territoriali. Il fine ultimo della riforma è tutelare la salute delle persone prima ancora del verificarsi di un danno. E’ infatti prevista l’applicazione di sanzioni in via preventiva in presenza di comportamenti che siano fonte di rischio per i consumatori. A tal fine, sono state individuate nuove figure di reato: il disastro sanitario; la mancata attivazione per evitare che continuino a circolare prodotti concretamente pericolosi; la pubblicità ingannevole, falsa o incompleta, che metta in pericolo la salute delle persone.
Quanto alle frodi alimentari, il fuoco della riforma è posto – oltre che sulla punizione dei comportamenti illeciti – sulle caratteristiche di qualità del prodotto, essenziali per le scelte di acquisto, in modo da sanzionare la frode con riferimento al destinatario ultimo del prodotto stesso. Così valorizzando – oltre la provenienza – anche l’identità del cibo: componente decisiva ed insostituibile della cultura (dei territori, delle comunità locali, dei piccoli produttori) che definisce il “patrimonio agroalimentare” italiano.
Innescando nel contempo un meccanismo che possa superare le difficoltà derivanti dalle disposizioni europee che non vedono di buon occhio una normativa specifica sul “Made in”, grossolanamente interpretata come limitazione della libera circolazione delle merci. Mentre è evidente che il “Made in Italy”, immenso patrimonio della nostra economia, va salvaguardato in ogni modo anche nel quadro delle direttive europee.
Nuovo è anche il reato di “agropirateria”, che si ha quando le frodi sono commesse da soggetti che, pur non facendo parte di associazioni criminali, agiscono con sistematico allestimento di mezzi o attività organizzate.
Sono poi rafforzati ed estesi i casi di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, affiancandovi la previsione di modelli organizzativi come strumento di prevenzione della commissione di reati alimentari.
In ambito processuale, si segnala l’ampliamento dell’ ammissibilità delle intercettazioni telefoniche e dei casi in cui è consentito il ricorso a prelievi e campionamenti senza preavviso.
Concludendo a mo’ di slogan, la riforma vuol creare un diritto penale della “vita quotidiana”, capace di accompagnare il consumatore dal campo allo scaffale alla tavola, rafforzandone la fiducia con una etichetta “narrante”: che riveli con precisione tutto ciò – origine, filiera e contenuto – che si deve sapere per non comprare un cibo diverso da quello che si vuol far credere.
La strada perché il progetto divenga legge dello stato (oltre ad essere ancora lunga) è ovviamente aperta al più ampio confronto parlamentare.
La speranza è che non prevalga chi preferisce le resistenze corporative ad un’onesta e trasparente collaborazione per il bene comune. La posta in gioco è alta: salute e sicurezza alimentare dei cittadini, insieme alla correttezza di funzionamento del settore, senza penalizzazioni per gli operatori onesti (che sono la stragrande maggioranza).
* Ex procuratore della Repubblica di Palermo
Fonte: Corriere della Sera, 07/03/2020
Trackback dal tuo sito.