Taglio dei parlamentari: alcuni difetti di logica
Domenica 29 marzo con il referendum costituzionale gli elettori saranno chiamati a decidere se tagliare il numero dei parlamentari.
Con la vittoria dei Sì, i deputati verrebbero ridotti da 630 a 400 e i senatori elettivi da 315 a 200.
I sostenitori della proposta di riduzione adducono alcune motivazioni che difettano di logica.
Infatti, si dice che in questo modo si ridurranno i costi della politica. Ma se si volesse davvero ridurre i costi, la strada più semplice e coerente sarebbe stata quella di diminuire gli emolumenti ai parlamentari. Sarebbe bastata una legge ordinaria, senza modificare la Costituzione.
Si dice che così facendo si otterrà un risparmio quantificato in 57 milioni di euro annui. Ma se questo fosse lo scopo, ci si dovrebbe chiedere perché si è deciso di risparmiare soltanto 57 milioni, considerato l’ammontare del debito pubblico italiano.
Si dice che con la riduzione dei posti, si restituiranno un po’ di soldi agli elettori. Ma i rappresentati dei cittadini dovrebbero gestire i soldi pubblici in modo responsabile e non restituire i soldi delle tasse. D’altro canto, se l’obiettivo fosse quello di restituire i soldi, perché limitarsi a questi. Non sarebbe più lineare proporre una riduzione le imposte?
Si dice che l’attuale numero dei parlamentari è eccessivo. Ma perché 400 deputati e 200 senatori dovrebbero andare bene? Perché ad esempio non scegliere 360 deputati e 180 senatori?
Si dice che con meno parlamentari le Camere funzioneranno meglio. Ma allora bisognerebbe prima stabilire qual è il numero ottimale dal punto di vista dell’efficienza di un’assemblea parlamentare e di conseguenza fissare il numero dei componenti. Ne dovrebbe conseguire che il numero dei deputati dovrebbe essere pari a quello dei senatori. Ma non è così nella proposta di referendum.
Si dice che se i parlamentari saranno di meno, diventeranno più autorevoli. Se fosse vero, significherebbe anzitutto che i senatori sono e saranno più autorevoli dei deputati. Ma la Costituzione non prevede questa differenza. Inoltre, se la riduzione del numero dei parlamentari aumentasse automaticamente l’autorevolezza, perché ci si dovrebbe fermare a 400 deputati?
Infine, si dice che i seggi dei parlamentari saranno di meno, aumenterà la qualità della politica. Ma questa affermazione non ha alcun fondamento logico. Potrebbe essere valida se gli eletti fossero il risultato di un percorso ad esami, di un concorso con prove. Invece, i candidati al Parlamento non devono dimostrare alcuna preparazione. Di conseguenza si potrebbe addirittura sostenere il contrario: più elevato è il numero dei seggi, più è probabile che tra gli eletti ci sia qualcuno davvero competente.
Evidentemente si potrebbero indicare alcuni motivi per dire che ridurre i parlamentari sia una scelta negativa, poiché di fatto si riduce la rappresentanza e quindi si aumenta la distanza tra eletto ed elettori.
Si potrebbe sottolineare che, essendo i senatori eletti su base regionale, la diminuzione dei seggi disponibili in ciascun collegio regionale implicitamente alzerà il quorum per essere eletti, escludendo di fatto alcune minoranze (che la Costituzione dovrebbe tutelare) dalla rappresentanza.
Si potrebbe evidenziare che soprattutto al Senato con la riduzione dei seggi alcune forze politiche dovranno inserire il medesimo eletto in diverse commissioni parlamentari, con l’evidente rischio di ingolfamento dei lavori e con senatori che dovrebbero essere competenti in svariate materie.
E si potrebbe continuare a lungo nell’indicare i difetti della scelta di riduzione dei parlamentari.
Ma in fondo resta aperta la domanda: quale sarebbe a rigore di logica il pregio di questo taglio?
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