Vent’anni dopo Palermo, serve una nuova conferenza internazionale contro le mafie
Vent’anni fa l’ONU a Palermo dichiarava guerra a mafia e corruzione con una conferenza mondiale impegnativa. Oggi cosa resta di quello sforzo?
Chi vuole salvare la democrazia e la credibilità della politica tenga a mente che “anti-mafia” vuol dire libertà: libertà dalla paura (perchè non è vero che le mafie sparano di meno e corrompono di più. Sparano come prima, per regolare i conti interni e fanno tanta paura); vuol dire lavoro libero e dignitoso vs caporalato e tratta di esseri umani; vuol dire imprese libere dalla concorrenza sleale di chi fa i soldi con la droga e poi apre ristoranti e autosaloni; vuol dire politica libera dai voti offerti a pacchetti da chi poi soffoca l’interesse pubblico; vuol dire lavori pubblici fatti come si deve e non come conviene a chi deve farci la cresta; vuol dire informazione libera dalla intimidazioni temerarie di chi ha i soldi per permettersi anche un killer; vuol dire ambiente salvo dai veleni di chi sa soltanto fottersene; vuol dire meno gioco d’azzardo legale e più scuole sicure.
L’Italia purtroppo e per fortuna ha una missione: condividere con il Mondo l’immenso patrimonio di saperi ed esperienza accumulato in decenni di sacrificio ed impegno, perchè anche questo è un modo per essere “costruttori di pace”.
Cosa hanno in comune Miroslav Marcek, l’assassino di Jan Kuciak e Martina Kusnirova, Amedeo Matacena, Ciccio Pakistan, Nicola Assisi, Rocco Morabito?
Le relazioni internazionali del crimine mafioso. Soldi, politica, violenza si muovono veloci e a livello planetario, lo Stato-nazione riesce a fare sempre meno.
Serve l’Italia migliore al governo del Paese, serve che l’Unione Europea diventi un Repubblica federale, serve una nuova Conferenza Onu a Palermo 20 anni dopo (perchè anche l’Onu va salvata dalla furia nazionalista, che fa il gioco delle mafie).
* Presidente di Benvenuti in Italia e Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII legislatura
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