Il controllo delle migrazioni non si risolve con misure di polizia o sbarramenti navali
Si sta nuovamente parlando in queste ore, a livello di UE, di ripristinare nel Mediterraneo, nelle acque internazionali, il dispositivo europeo aeronavale di Eunavformed attivato alcuni anni fa con un buon dispiegamento (particolarmente costoso) di navi ed aerei per contrastare il traffico di esseri umani proveniente in particolare dalla Libia.
L’operazione, a guida italiana, a settembre del 2019, era stata fortemente ridimensionata con l’accordo dei partner europei limitando l’impiego ad alcuni mezzi aerei in servizio di pattugliamento e allo scambio di informazioni.
Ora, con la ben nota situazione di guerra in atto in Libia, è prevedibile un incremento di partenze di barconi e non si può neanche escludere, secondo ripetuti segnali della nostra intelligence, la presenza, tra i migranti, di cani sciolti del terrorismo.
E’ bene, tuttavia, non farsi troppe illusioni sulla possibilità reale di bloccare o arginare con sistemi di polizia e sbarramenti di vario genere i flussi migratori provenienti dalle coste africane. Provare a mettere un “tappo navale” innanzi alle coste libiche indurrebbe i contrabbandieri di persone a dirigersi verso le altre rotte marine (è già successo) che partono dalla Turchia, dall’Egitto, dalla Tunisia, dal Marocco.
E se si pensasse di fare altrettanto anche davanti alle coste di quei paesi aumenterebbero i trasferimenti a bordo di autocarri che si imbarcano nei porti greci e nei container delle navi. Aumenterebbero, così, anche le morti per asfissia nei cassoni degli autocarri frigo o perché maciullati dalle ruote di un Tir al cui chassis qualche straniero era rimasto aggrappato per giornate intere.
“Le misure di polizia non arrestano bensì deviano dai nostri ad altri porti le masse migratorie (…) gli ostacoli artificiali non trattengono le correnti ma le fanno rigurgitare, aumentandone e rendendone più impetuoso l’impeto”. Così annotava, nel lontano 1888, il beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Piacenza dal 1876 al 1905, facendo alcune osservazioni al disegno di legge sull’immigrazione italiana che in quei tempi fu particolarmente forte e drammatica con centinaia di nostri connazionali morti durante le traversate in mare.
E di morti ce ne sono state davvero troppe se si pensa che dal 2001, anno in cui il Ministero dell’Interno iniziò a raccogliere i dati, ad oggi, si sono registrate oltre dodicimila persone morte/disperse in mare.
E’ la conseguenza di una politica nazionale ed europea di controllo dei flussi migratori irregolari attuata con leggi repressive, con respingimenti e con sbarramenti che non ha fatto altro che determinare lo spostamento verso itinerari alternativi (anche verso l’Algeria e la Tunisia) facendo lievitare i profitti dei trafficanti di persone.
E’ quello che nel linguaggio tecnico viene indicato come “desplacement effect” (effetto spostamento forzoso) dei flussi di migranti.
Continuo a pensare che se il nostro Governo istituisse un vero Ministero dell’Immigrazione (non uno “senza portafoglio” come fu quello della Kyenge, nel 2013, con il governo Letta), concentrandovi, per iniziare, alcune delle attuali direzioni centrali dell’Interno e degli Esteri, con politici competenti e seri e tecnici di alto profilo, si potrebbe voltare pagina dopo il brutto periodo di una politica nazionale sull’immigrazione miope e disumana (respingimenti in mare e porti chiusi) basata sulla repressione degli irregolari, sui rimpatri, sulla detenzione nei Cpr, sulla clandestinità sanzionata penalmente, su accordi inconsistenti scritti “sulla sabbia” con diversi paesi africani, nel tentativo illusorio di arrestare il grande movimento di gente che è in atto.
Migrazioni e navi Ong: il problema non si risolve con approccio poliziesco
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