L’Italia delle emergenze che non riesce a diventare un paese normale
Quanto sta avvenendo al sud con la crisi dell’ex acciaieria Ilva a Taranto e al nord con la devastazione di Venezia, rappresentano lo spaccato di un paese che non riesce mai ad uscire dal tema dell’emergenza.
Un’Italia che non riesce a fare scelte dalle quali si intraveda che la ricerca del bene comune è la linea maestra da seguire.
Taranto e Venezia racchiudono, attraverso storie differenti, cosa non funziona nell’azione politica, amministrativa e industriale.
In questi due drammi si intrecciano temi come la mancanza della tutela della salute, del lavoro, dell’ambiente, del patrimonio artistico.
Proviamo ad approfondire la storia di questa grande acciaieria sorta agli inizi degli anni ’60 a Taranto.
Ripercorriamo dal novembre del 1966 (data della più grande alluvione della città lagunare nella sua storia recente, quando si raggiunse la fatidica altezza di m.1,90 dell’acqua lungo le strade della città ) ad oggi quanto avvenuto a Venezia e le tappe che hanno portato alla costruzione incompiuta del Mose.
C’è da rimanere sgomenti nel constatare l’approssimazione, l’incapacità e i limiti (senza entrare nella sfera penale), con cui tanti personaggi del mondo amministrativo, politico e imprenditoriale hanno gestito la vita di queste due comunità.
Per l’Ilva, dopo il boom degli anni ’70 che ha portato a un allargamento spropositato della città intorno all’area industriale, il momento della svolta è stato il 1995, anno di acquisto dell’acciaieria da parte della famiglia Riva.
Sono gli anni del degrado ambientale, degli incidenti sul lavoro, dello sfruttamento degli operai che portarono lentamente, la più grande azienda europea del settore, a un lento declino, accompagnato da morti e malattie, perdita di posti di lavoro, usurpazione della vita della città e dell’ambiente circostante.
Dal 2012 (dopo che l’azienda è stata portata via dal controllo della famiglia Riva) ad oggi, anche dopo l’acquisizione di Arcelor Mittal, si è acuito il dramma della scelta tra occupazione e salute, senza che si sia stati in grado di garantire a quella città e ai suoi cittadini due dei principali diritti sanciti dalla nostra Costituzione.
Per Venezia e per il Mose si parla invece di spese sostenute fino ad oggi che superano i 5 miliardi di euro e di decenni per la sua costruzione (non è ancora terminata, siamo al 93% e sarà conclusa sembra solo nel 2021).
Intanto buona parte dei macchinari sono già corrosi dopo essere stati per anni in acqua, le spese di manutenzione rasentano i 100 milioni l’anno e ad oggi nessuna prova effettiva e nessun collaudo sembra sia stato effettuato.
Tutto ciò mentre ogni anno la città subisce, per diverse volte, l’arrivo dell’acqua della laguna che supera il metro di altezza con danni alle sue bellezze artistiche e alle sue attività economiche.
La visita di Giuseppe Conte nel giro di pochi giorni prima a Taranto e poi a Venezia, seppur apprezzabile da un punto di vista umano, è la rappresentazione di una politica che non ha saputo dare risposte, da nord al sud, al paese e che non riesce a trovare una soluzione.
Eppure ci sono esempi solo nella nostra Europa di paesi che in casi analoghi hanno trovato soluzioni anche a costi minori.
In Austria nella città di Linz esiste uno stabilimento siderurgico che produce acciaio senza compromettere la salute delle persone. È stato riconvertito e messo in condizione di dare lavoro e salvaguardare la salute di operai e cittadini.
Nei Paesi Bassi, negli anni in cui in Italia si iniziava a parlare del Mose, venivano realizzate 13 opere idrauliche lunghe 25 km. Da noi furono scartate per il forte impatto visivo. Erano formate da paratie mobili ad arco con meccanismi all’aperto, con tonnellate di acciaio a vista. Strutture che fino ad oggi hanno dato buoni risultati.
Aspettiamo ora di capire come il governo deciderà di affrontare, nello sconforto generale, quelle che sono a distanza di decenni ancora delle gravi emergenze, così come emergenza resta sempre Alitalia (costata miliardi di euro a noi contribuenti senza che si sia arrivati a una definizione) .
Nel frattempo continuiamo ad assistere alle continue accuse reciproche che i vari schieramenti politici si vanno facendo, puntando come sempre non alla ricerca del bene delle nostre comunità, ma al solo specifico interesse nella gestione del potere.
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