Criminalità: ma Roma è davvero più insicura?
Nella quinta tappa sulla criminalità nel nostro Paese realizzata dal Sole24Ore sulla “qualità della vita” nel 2018 e pubblicata a metà ottobre scorso, Roma occupa il sesto posto nella graduatoria nazionale sulle denunce ogni centomila abitanti con il rapporto di 5.201,1 e un decremento del 2,6% rispetto al 2017.
In cima alla non invidiabile classifica troviamo Milano con il rapporto di 7.017,3 (e anche in questo caso un calo del 2,6%), seguita da Rimini, Firenze, Bologna e Torino. Lo studio del Sole24Ore si basa su dati statistici che vengono elaborati dal Servizio Analisi Criminale, un’articolazione interforze, in seno al Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e che includono oltre a quelli forniti dalle tre forze di polizia anche i dati della Polizia Penitenziaria, della DIA, delle Polizie locali e Provinciali, della Guardia Costiera.
Nell’“Italia dei reati” presi in esame nello studio, la Capitale occupa la quinta posizione nazionale relativamente ai furti in generale con un rapporto pari a 3.097,6 denunce ogni 100mila abitanti (un meno 5,1% rispetto al 2017), la settima posizione sia in tema di furti con destrezza con 529,6 (un meno 7,5%) che nei furti con strappo con 39,22 (un meno 10,2%) e la sesta posizione nelle rapine (termine che include quelle in banca, negli uffici postali, sulla pubblica via, negli esercizi commerciali) con 74,90 (un più 3,2%). Relativamente a quest’ultimo dato va anche detto che, a livello nazionale, si è registrato un calo del 7%. In tema di stupefacenti Roma è in cima alla classifica con 117,6% (un più 10,9% rispetto al 2017 e ad un 2% a livello nazionale) che evidenzia un incremento delle attività di repressione dei delitti collegati al narcotraffico in un mercato illecito sempre più in espansione.
In realtà, relativamente agli stupefacenti, anche gran parte delle città che seguono Roma nella graduatoria si rilevano incrementi, a volte minimi (il caso di Genova con un più 0,9%), altre volte più consistenti (come a Macerata con un più 25,5%, a Prato con un più 22,7%, a Livorno con più 41,2%, ad Imperia con più 33,1%) attribuibili alle iniziative (e alle sensibilità individuali) che vengono adottate dalle autorità periferiche di pubblica sicurezza e dai comandanti locali di carabinieri e guardia di finanza.
È, dunque, a questo ambito della criminalità che a Roma e nelle altre città, vanno riservate le maggiori attenzioni sul piano della prevenzione (e qui c’è ancora moltissimo da fare) e su quello del contrasto. In questa direzione sembrano orientate le risposte istituzionali adottate nella riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica (CPOSP) del 15 novembre alla quale ha partecipato lo stesso ministro dell’interno Lamorgese ed il Capo della Polizia Gabrielli. Di fronte ad iniziative finalizzate ad un maggior controllo del territorio in “venti piazze dello spaccio” recuperando risorse umane da altre zone perché “la coperta è corta” (come ha sottolineato la Lamorgese), la sindaca Raggi avrebbe laconicamente affermato “ma senza militarizzazioni” (la conferma che non ci sono ancora le idee molto chiare sula situazione reale della sicurezza nella Capitale).
L’auspicio è che non si tratti del solito ritornello ripetuto dalle autorità di “migliorare la percezione della sicurezza” semplicemente con una maggiore visibilità sul campo dei servizi di pattugliamento (lampeggianti accesi) e con ulteriori sistemi di videosorveglianza che non impediscono, di certo, la commissione dei delitti. Si vedrà, fra tre mesi (questo il periodo fissato in sede di CPOSP), quali risultati in concreto saranno stati conseguiti per restituire un po’ di tranquillità ai cittadini romani in attesa di vedere l’assegnazione definitiva di altri 500 agenti di polizia entro la fine del 2020.
L’andamento del narcotraffico a Roma e nel Lazio nel 2019
Non è una novità che la Regione Lazio rappresenti una piazza commerciale e finanziaria di eccezionale rilevanza a livello nazionale nonché un mercato particolarmente redditizio per il transito e lo spaccio degli stupefacenti. Da alcuni decenni, poi, la Capitale costituisce un luogo di incontro privilegiato tra esponenti della criminalità organizzata italiana e straniera dediti alla commercializzazione delle droghe.
E’ a Roma che fanno “affari” con gli stupefacenti le organizzazioni mafiose tradizionali, gruppi criminali di diversa composizione, sodalizi stranieri, persone insospettabili. è, dunque, nella Capitale, ma anche nel frusinate e nella provincia di Latina dove si segnalano da tempo presenze della criminalità organizzata, che occorre assicurare adeguate risorse umane specializzate, in particolare, alla Polizia di Stato e all’Arma dei Carabinieri, per cercare di porre un argine ad un fenomeno criminale divenuto sostanzialmente incontrollabile. Ma non saranno certo i “rinforzi” per Roma (nel 2020) assicurati dal Ministro dell’Interno Lamorgese nella recente riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, a dare quella svolta necessaria nella repressione. Serviranno questi “controlli a tappeto“ a rendere visibile la presenza dello Stato ma senza un’adeguata modifica alla legislazione sugli stupefacenti che consenta veramente di neutralizzare gli spacciatori su strada, il lavoro svolto dagli operatori di polizia continuerà ad essere vanificato nonostante i continui interventi fatti.
E’ sufficiente, d’altronde, esaminare i dati contenuti nelle relazioni annuali della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, per avere un’idea di come procede l’azione di contrasto nella Capitale e, più in generale, nella Regione Lazio.
Così ci si rende conto che solo nel 2018 in ambito regionale le forze di sicurezza hanno svolto 4.317 operazioni antidroga – il più alto numero degli ultimi venti anni – registrando un più 6,17% rispetto al 2017. Un balzo notevole se si pensa alle 2.801 operazioni del 2009 o alle 2.940 del 2015. Quest’anno, poi, alla data del 31 ottobre, sono già state effettuate 2.985 operazioni antidroga (dato non stabilizzato) di cui ben 2.587 a Roma, 141 a Viterbo, 135 a Latina, 90 a Frosinone e 32 a Rieti. Discreti anche i quantitativi di stupefacenti complessivamente sequestrati in regione già in questi primi dieci mesi del 2019: 2.817kg, valore , tuttavia, lontano da quello del 2018 (9.784kg) e da quelli del 2009 (3.979kg) e 2015 (3.764kg) che abbiamo preso come riferimento.
Soltanto a Roma sono stati intercettati 2.441kg di droghe tradizionali (circa 126 kg a Frosinone, 89kg a Rieti, 85 a Viterbo, 76kg a Latina) e sempre nella Capitale, ad ottobre, si è registrato il quantitativo maggiore, a livello nazionale, di sequestro di compresse di amfetamine (31.400,record assoluto).
Nel Lazio, nel 2019, sono state denunciate all’autorità giudiziaria per reati sugli stupefacenti 4.016 persone (3.414 nella sola Capitale) di cui 1.440 stranieri (1.297 a Roma) ed è difficile che si superino i valori dell’anno passato quando in ambito regionale si annotarono 5.952 persone denunciate di cui 2.343 stranieri che è stato, peraltro, il valore più alto del decennio. Relativamente alle cinque principali nazionalità, non può sorprendere il fatto che i nigeriani, che già nel 2018 avevano raggiunto la testa della classifica degli stranieri denunciati, anche in questi primi dieci mesi del 2019 siano riusciti a consolidare questa posizione che solo dieci anni fa era stata prerogativa degli spagnoli e, più di recente, nel 2015, dei gambiani.
C’è, dunque, molto da lavorare sulla repressione ma ancor di più sulla prevenzione, soprattutto nelle scuole, e a poco serviranno gli “interventi straordinari di maggior impatto” (temporanei) sollecitati dallo stesso Ministro dell’Interno un paio di settimane fa con una circolare indirizzata a tutti i Prefetti.
Narcotraffico: c’è “lavoro” per tutti nell’azienda criminale nazionale
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