Trent’anni dopo la caduta del Muro di Berlino, le nuove barriere immateriali
La nascita di leggi ingiuste è preludio e sostanza del totalitarismo. La caduta dei regimi conduce a dolorose transizioni verso un’eterna incompiuta democrazia. Dopo tutti questi anni, abbiamo una barriera fisica in meno, ma molte sovrastrutture mentali abbastanza alte da far temere una simile deriva.
A Berlino cala l’oscurità. È la notte tra il 5 ed il 6 febbraio 1989, quando Chris Gueffroy, insieme all’amico Christian Gaudian, decide di attraversare a nuoto il Britzer Verbindungskanal che, in piccola parte, divide l’Est dall’Ovest di Berlino. Chris aspettava il servizio di leva obbligatoria che per lui sarebbe scattato il maggio successivo, ma a questo destino proprio non voleva rassegnarsi. Più volte aveva fatto domanda per lasciare il paese, ed altrettante volte se l’era vista respingere. Così, aveva deciso di scappare, come tanti avevano provato a fare prima di lui.
Qualche giorno prima si era sparsa la voce che i “Mauerschützen”– tradotto: “i protettori del muro” – ovvero i soldati di frontiera, non stavano più sparando a chi tentava la fuga. Era giunto il momento di provare ad attraversare quel confine che divideva il mondo in due parti ed oltre il quale, molti giovani come lui, intravedevano una promessa di vita. E infatti Chris non sapeva cosa avrebbe trovato dall’altra parte. Rincorreva solo una promessa, invocava libertà, lo incitava una voce.
Solo una voce, nessuna garanzia. Una barriera d’acqua è pericolosa da superare, ma di certo meno imponente del cemento che opprimeva le vite di tanti, come loro, privati dell’arbitrio e dell’identità.
Era la notte tra il 5 ed il 6 febbraio 1989 quando Chris Gueffroy e Christian Gaudian persero la vita. I due giovani non raggiungeranno mai la parte Ovest, trucidati dai proiettili delle guardie al muro di Berlino.
Era legge sparare a vista chiunque tentasse di superare il confine Est. Chi lo sa se quei due ventenni, aspettando altri dieci mesi, avrebbero poi imbracciato un piccone o una vanga e sarebbero stati lì, assieme a tanti loro coetanei, a partecipare alla simbolica riunificazione della Germania e dell’Europa. Chi lo sa quale mondo avrebbero trovato dall’altra parte, se avrebbero potuto integrarsi con una società diversa rispetto a quella vissuta fino al loro ultimo giorno.
Chris Gueffroy è ricordato oggi come l’ultimo caduto sotto i colpi di arma da fuoco delle guardie al muro di Berlino. Una delle tante storie delle quali ricordiamo la conclusione, quando ci sarebbe piaciuto conoscere il prosieguo.
La morte di quei due giovani, come tante altre morti al muro di Berlino, dopo trent’anni sembrano tanto assurde quanto evitabili. Quelli furono gli ultimi colpi fatali esplosi dai Mauerschützen contro le vittime innocenti del muro perché proprio dopo la morte dei due, iniziarono a levarsi i primi cori di protesta contro una prassi, ma soprattutto contro una legge inumana. La comunità internazionale aprirà gli occhi su quelli che verranno definiti “crimini contro l’umanità”. Ancora una volta, solo poi.
Come può, una legge ingiusta ed inumana divenire tale?
Dopo la costruzione del muro, l’esodo dalla parte Est alla parte Ovest della Germania era stato contenuto, ma non arginato. Per far fronte a questa situazione, La DDR aveva impartito gli ordini verbali di “rintracciare, arrestare o neutralizzare chiunque violasse il confine”. Il passo successivo fu estendere questi ordini ad un regolamento della polizia tedesca del 1952, che “autorizzava l’uso di armi da fuoco contro chiunque rifiutasse di obbedire agli ordini delle guardie di frontiera”. In seguito la DDR codificò formalmente l’uso della forza contro “chiunque tentasse di superare il confine di stato”, attraverso la promulgazione della “Grenzgesetz” del 25 marzo 1982. I Mauerschützen avevano l’ordine di sparere – se necessario anche per uccidere – chiunque tentasse di oltrepassare il confine. Così recitava la “scriminante” al paragrafo 27 di quella legge. Per quegli omicidi non ci sarebbe stata punizione.
Le cieche smanie di totalitarismo e di controllo sull’altrui libertà, utilizzano come mezzo principale la codificazione di leggi che sopprimono i diritti e i principi fondamentali nell’indifferenza più o meno protratta di quanti nel frattempo assistono inerti ai più efferati massacri senza, per questo, sentirsi colpevoli.
Secondo i dati forniti dal “Centro di ricerca sulla storia contemporanea” finanziato dallo Stato tedesco, ci furono almeno 138 vittime, di cui 98 fuggitivi. Solo dopo la caduta del muro si inizia a riflettere sul “grado di tollerabilità” di leggi simili all’interno dell’ordinamento di un paese teoricamente libero e democratico.
Il 18 ottobre 1989 il leader tedesco dell’Est, Erich Honecker, fu costretto a dimettersi e dopo di lui, il 7 novembre, anche l’intero governo della Germania Est si dimise. Dato il fervente clima di riunificazione, il 9 novembre 1989 vi fu una mobilitazione popolare verso il muro che venne abbattuto il giorno stesso. Il 18 marzo 1990, furono tenute le prime elezioni libere della Repubblica Democratica Tedesca e qualche mese dopo, il 3 ottobre, vi fu la definitiva riunificazione della Germania.
Il “giorno della riunificazione” è da ricordarsi anche perché è quello in cui il codice vigente nella Repubblica Federale Tedesca venne esteso anche ai territori della DDR sulla base dell’accordo firmato dalle parti. Quelle leggi cessano di essere efficaci, le conseguenze alla loro sciagurata applicazione rimarranno per sempre sulla pelle e nel dolore di molti. Ma le transizioni dai regimi autorità alle democrazie restaurate, spesso nascono molteplici insidie che possono riassumersi nelle smanie di vendetta, quindi nell’imposizione della giustizia da parte dei vincitori. Perché la presupposizione di un conflitto non è mai la condizione migliore per instaurare un dialogo filo-democratico.
A trent’anni esatti di distanza, i campanelli d’allarme risuonano quotidiani: la legittimazione all’uso delle armi da fuoco; il disinteresse verso la violazione dei diritti umani; l’applicazione di leggi che violano i principi fondamentali della nostra Costituzione, finalizzate alla difesa più che dei confini, dei poteri e del consenso di alcuni; i respingimenti tramite l’uso della forza; un’unione europea e mondiale, solo apparente.
Questi sono solo alcuni dei tanti esempi dell’eterno ritorno di un doloroso passato che troppo spesso si accantona nel dimenticatoio della coscienza.
Crescono immateriali nelle menti, barriere difese da guardie armate fino al collo. Succede così che una sopravvissuta ai campi di sterminio, si veda assegnata una scorta nel tempo in cui il grado di civiltà di questo paese tocca forse i suoi minimi storici.
L’esistenza e la caduta dei totalitarismi, più o meno autoproclamati, racconta soltanto di macerie e debolezze di popoli vittime dei loro stessi errori. Racconta di transizioni dolorose per sradicare leggi poste con troppa noncuranza, ma difficili da eliminare, soprattutto negli effetti concreti.
La storia racconta dell’ascesa dei totalitarismi, come preludio alla dissoluzione di popoli e civiltà, e spesso non c’è muro abbastanza alto per evitare questa deriva.
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