L’arduo compito dello “stato di pulizia”
Finalmente in Italia si parla di evasione fiscale, una piaga che mediamente fa mancare alle casse pubbliche 110 miliardi l’anno, peggiorando il debito pubblico e facendo mancare le risorse necessarie a progetti sociali e ambientali di importanza strategica.
E bene ha fatto Eugenio Mazzarella a porre l’accento sul fatto che il problema non si risolve con iniziative tanto impressionanti quanto inefficaci, ma con provvedimenti che sanno colpire alla base le cause dell’evasione. Bella l’espressione “stato di pulizia” a indicare che l’evasione è frutto di decadimento morale, civico, amministrativo, una triade che spinge a considerare lo stato un nemico da truffare, piuttosto che la comunità da curare.
Allora è chiaro che per vincere la battaglia dell’evasione fiscale bisogna agire contemporaneamente su più piani. Quello della spesa pubblica per eliminare le inefficienze e gli sprechi che minano il rapporto di fiducia fra stato e cittadini. Quello educativo per ricostruire il senso di rispetto e di coesione sociale senza il quale non esiste convivenza civile. Quello contributivo per rendere il prelievo al tempo stesso equo, semplice e certo, precondizioni per ottenere non solo l’adesione, ma la collaborazione dei cittadini. Molti governi, infatti, stanno sperimentando che l’evasione non si vince contro, ma con i cittadini.
Analizzando l’ultimo rapporto sull’economia non osservata, redatto dal Ministero dell’economia, si constata che tre voci formano, da sole, circa l’80% dell’evasione fiscale: evasione dell’Irpef (36,5%), evasione dell’Iva (33%), evasione dei contributi sociali (10%). Per ognuna di esse vanno individuate misure di contrasto specifiche.
L’evasione contributiva si riferisce al mancato pagamento all’Inps dei contributi sociali. Nel 2016 si è trattato di 11,2 miliardi di euro leggermente in salita rispetto al 2013 quando era a 10,3 miliardi. Complessivamente il corrispettivo salariale su cui nel 2016 non sono stati versati i contributi sociali ammonta a 29 miliardi di euro e rappresenta il 5,9% di tutti i salari lordi pagati nell’anno. Assunzioni in nero, verrebbe fatto di pensare. E in parte sicuramente si tratta di compensi a lavoratori totalmente sommersi. Ma il rapporto avverte che oltre al lavoro nero esiste anche il lavoro grigio, lavoro con un paravento di regolarità, che in parte, però, è pagato in forma irregolare. Complessivamente il rapporto ritiene che la proporzione dell’evasione si distribuisce quasi equamente tra sommerso totale e parziale. Ritiene anche che il lavoro parzialmente sommerso sia favorito dall’esistenza di una pletora di contratti atipici che permettono al datore di lavoro di scegliere quello meno oneroso al solo scopo di avere una copertura di legalità in caso di controlli.
Se ne deduce che per un’azione efficace contro l’evasione contributiva serve sia una rivisitazione delle forme di contratto atipiche oggi ammesse dalla legge, sia un rafforzamento delle forme ispettive. Nell’ultimo decennio il numero di aziende ispezionate è andato progressivamente calando passando da 342.363 nel 2007 a 144.163 nel 2018. Attualmente in tutta Italia il numero degli ispettori si aggira sulle seimila unità ed anche se sono previste 1800 nuove assunzioni, si tratta sempre di una dotazione inadeguata al compito da assolvere.
L’evasione dell’Iva si distingue in imposta non dichiarata e imposta dichiarata ma non versata. Nel 2017 la prima è stata pari a 27 miliardi, la seconda a 10 miliardi. Complessivamente si è trattato di un mancato gettito pari al 27,4% dell’imposta potenziale. Rispetto al 2012, nel 2017 l’IVA non incassata è cresciuta di quasi un miliardo. Per arginare la falla recentemente si è deciso di adottare la fatturazione elettronica mentre si sta pensando di imporre limiti all’uso del contante a favore dei pagamenti tracciabili con carte di credito. Nel 2017, sulla falsariga di quanto era già stato sperimentato in altri paesi europei, la legge di bilancio varò anche la lotteria degli scontrini. Ora questo governo sembra intenzionato a farla partire. In pratica ogni scontrino, in base al suo valore, darà diritto ad ottenere dei biglietti da estrarre in una lotteria dedicata. Il Portogallo è il paese europeo in cui la misura ha incontrato il maggiore successo. Introdotta nel 2014, la “fatura da sorte”, ha visto un’adesione crescente all’iniziativa, facendo triplicare in cinque anni, il numero degli scontrini emessi. Contemporaneamente è stata anche data la possibilità ai cittadini di poter dedurre dalle proprie imposte il 15% del valore dei servizi acquistati con fattura da veterinari, meccanici, saloni di bellezza, ristoranti. Anche il governo italiano sta progettando una misura analoga, ma solo per gli acquisti effettuati con moneta elettronica, che sembra volta più a incoraggiare l’uso dei pagamenti elettronici che a collaborare contro l’evasione fiscale. Per una lotta su grande scala contro l’evasione dell’Iva sarebbe utile estendere le detrazioni a tutte le collaborazioni professionali e con qualsiasi mezzo di pagamento.
E il tema delle detrazioni ci porta all’ultima grande voce evasa che è quella dell’Irpef. Il rapporto dice chiaramente che a evadere l’imposta sul reddito delle persone fisiche sono principalmente i lavoratori autonomi. Su un totale di Irpef evaso nel 2016 pari a quasi 40 miliardi di euro, l’85% era attribuibile ai lavoratori autonomi. Dunque serve la collaborazione dei cittadini per permettere all’erario di determinare i redditi di queste categorie e ottenere la loro parte di contribuzione. Ma un’altra misura che ormai molti invocano per fare emergere l’evasione è la così detta verifica di congruità, che significa appurare se c’è coerenza fra redditi dichiarati e tenore di vita. Se una persona che non presenta dichiarazione dei redditi perché si ritiene esente, poi possiede una casa di categoria alta, un’auto di lusso e un conto in banca sostanzioso, qualche problema forse c’è. Di qui l’idea di chiedere a tutti i nuclei familiari, di compilare periodicamente il proprio stato patrimoniale e reddituale, per permettere allo stato di conoscere la condizione in cui versa ogni famiglia italiana e poter quindi agire di conseguenza. Non solo il diritto di chiedere il versamento di un’imposta se il valore reddituale e patrimoniale è al di sopra di un certo livello, ma anche l’obbligo di versare un sussidio a chi risulta al di sotto di una certa soglia. Una sorta di reddito di cittadinanza automatico e incondizionato, magari associato allo svolgimento di lavori socialmente utili da effettuare al servizio di enti locali o associazioni di volontariato accreditate.
A ricordarci che il compito primario dello stato è garantire l’equità e la dignità di ogni cittadino, chiedendo a tutti di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva come prescrive l’articolo 53 della Costituzione.
* Centro Nuovo Modello di Sviluppo
Fonte: Avvenire, giovedì 31/10/2019
Trackback dal tuo sito.