Raccontare
Trovo l’espressione “non si può raccontare” che ricorre a coronamento delle situazioni disperanti, quanto mai significativa e illuminante.
Quasi a indicare che sia il racconto, ovvero l’uso della parola, a misurare la fatica, la difficoltà, il pericolo. Una situazione di morte non trova le parole per raccontarsi perché il dolore esonda oltre l’argine dei racconti. Ci vorrebbe un vocabolario nuovo che non è stato ancora inventato.
Questa espressione del “non ci sono parole” o del “non si può raccontare” di per sé indicherebbe la superiorità dei fatti rispetto alle parole ma nello steso tempo sottolinea quanto sia fondamentale il racconto.
Cosa che fa dire al protagonista del romanzo Novecento di Alessandro Baricco: “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”.
Quando invece la storia non c’è, la disperazione aumenta e deborda in frustrazione e solitudine. Diventa una malattia.
Ho visto casi disperati che hanno prolungato la propria vita dalla condanna a morte decretata da un cancro incurabile, grazie al fatto di riuscire a trovare sempre le parole per dirla e, nello stesso tempo, giovani migranti che scivolavano su una parete senza appigli perché non trovavano una parola adeguata per dire cosa fosse successo loro in Libia. Come le persone scampate al camino dei campi di concentramento.
Per questo, finché si può, bisogna sempre trovare la forza del racconto.
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