Addio a Silvio Novembre, “esempio per nuove generazioni”
Certe storie si legano a doppio filo, nella vita e nella morte, tanto che diventa impossibile raccontarne una senza l’altra. E’ stato così per Giorgio Ambrosoli e Silvio Novembre.
Il primo, l’avvocato liquidatore della Banca privata italiana del bancarottiere Michele Sindona e per questo ucciso a Milano da Cosa nostra l’11 luglio 1979; il secondo, maresciallo della guardia di finanza e suo fidato collaboratore, mancato sabato 28 settembre all’età di 85 anni e di cui questa mattina si sono celebrati i funerali a Milano.
Nella chiesa del Preziosissimo Sangue di Corso 22 marzo, molti i cittadini riuniti, mescolati ad amici del maresciallo, giornalisti di punta della cronaca milanese ed esponenti istituzionali: il procuratore capo di Milano Francesco Greco, i pubblici ministeri che indagarono sul caso Ambrosoli Gherardo Colombo e Giuliano Turone, Armando Spataro già procuratore capo a Torino e con una lunga carriera al tribunale di Milano, il sociologo e presidente della comitato antimafia di regione Lombardia Nando dalla Chiesa, la magistrata a capo del comitato antimafia di esperti del comune di Milano Carmen Manfredda, mentre per il comune di Milano – che nel 2014 gli conferì l’Ambrogino d’oro – l’assessora Roberta Guaineri.
Al fianco della famiglia Novembre, presente la famiglia Ambrosoli, Annalori la moglie dell’avvocato, i figli Umberto e Francesca ma anche l’attore Andrea Gherpelli che intrepretò Novembre nella fiction Rai ‘Qualunque cosa succeda’, proprio dedicata all’avvocato che Corrado Stajano ribattezzò “eroe borghese”. E poi cadetti e alti gradi della guardia di finanza, schierati sull’attenti al passaggio della bara di quel maresciallo che fino all’ultimo, nonostante i tentativi di trasferirlo per allontanarlo da Ambrosoli, rimase fedele all’avvocato, mentre fu la sua citta’, Milano, a tradirlo. Ai funerali di Ambrosoli – ormai è storia – non si presentò nessuno, né istituzioni né cittadini.
“Silvio era una persona speciale. Umile, puro di cuore, operatore di pace, assetato di quella giustizia che in vita ha servito ma che lo ha anche perseguitato – ha esordito il parroco dopo avere dato lettura delle otto beatitudini di Cristo – dobbiamo ricordarlo come un angelo”.
La preghiera del finanziere è stata letta da un cadetto subito prima di lasciare la parola al generale di corpo d’armata Giuseppe Zafarana, che ha sottolineato quanto la figura e la vita di Novembre siano state e saranno ancora “d’esempio per le nuove generazioni. E’ stato un eroe, servitore dello stato e dei cittadini, l’incarnazione dei nostri valori. Ci ha insegnato etica del dovere, rigore morale, spirito di sacrificio, senso di responsabilità e l’amore per ciò che è giusto e vero. In quella pagina oscura, inquietante e nefasta che fu la liquidazione della banca di Sindona, né sicure né convenienti né popolari furono le scelte che prese con Ambrosoli. Furono giuste. Ai giovani quindi voglio dire: onorate con serietà la sua memoria, senza se e senza ma” ha concluso.
Infine, il ricordo di Umberto Ambrosoli. “Silvio Novembre ha dimostrato di essere un uomo determinato e giusto. E’ vero, è stato un servitore dello stato ma con le sue azioni è andato ben oltre il giuramento. Novembre e mio padre si sono rafforzati vicendevolmente nel lavoro, moltiplicando gli effetti dei loro sforzi – ha proseguito – Suo era l’orgoglio di rappresentare lo stato, da qui la sua scelta di lasciare la guardia di finanza dopo la morte di Ambrosoli: lui sapeva che le istituzioni che amava erano fatte di persone e che le persone possono sbagliare. Questo non gli impedì di mettere a disposizione le sue competenze nel lavoro di liquidazione del banco ambrosiano. Negli anni ho incontrato professionisti che lavorarono con lui e che di questo gli sono grati perché era un maestro illuminante. Aveva una intelligenza raffinata. Infine- ha concluso Umberto Ambrosoli- dobbiamo ricordare la sua passione civile: ha fondato ‘Società civile’ e portato la sua testimonianza in moltissime scuole, così come all’accademia della finanza. E’ stato un esempio per le nuove generazioni. Fino alla fine ha voluto tramandare le sue conoscenze perché si sentiva uomo dello stato e amava questo paese”.
Fuori la chiesa è un insegnante, con poche parole, a riassumere il senso intero di una vita, anzi due: “era un riferimento morale per molti”.
Trackback dal tuo sito.