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L’unitarietà del sistema sicurezza in Italia

Piero Innocenti il . SIcurezza

carabinieri-polizia-municipale-2Si accentua la confusione sul tema della sicurezza pubblica e sulla sua gestione con le ipotesi più stravaganti.

Tra le ultime, quella prospettata a Roma, di recente, da alcuni consiglieri comunali del M5S che vorrebbero “un capo di polizia con mansioni di sicurezza cittadina gestito direttamente dal Sindaco” richiamando il modello di New York (cfr. il Corriere della Sera –Cronaca di Roma, pag.2, dell’11 settembre scorso).

Insomma, poteri speciali per una città, la Capitale, in perenne crisi su diversi temi tra cui quello dei trasporti, del decoro, della raccolta dei rifiuti, della sicurezza urbana.

Su quest’ultimo punto, poi, la confusione si rileva anche nell’articolo di giornale sopra indicato laddove si parla di “caschi bianchi che ora si limitano al controllo del territorio e potrebbero svolgere funzioni di pubblica sicurezza” (che, in realtà, già svolgono, quando hanno la qualifica di agenti di ps riconosciuta dal Prefetto, su richiesta del Sindaco, operando alle dirette dipendenze dell’autorità di pubblica sicurezza) e, in tal modo, “la Municipale rappresenterebbe il suo ruolo di prossimità con funzioni più operative” (funzioni, peraltro, già attribuite con il decreto legge Minniti n.13/2017).

Ora, a me pare che se tutti gli appartenenti alla Polizia Municipale romana, opportunamente coordinati e controllati, svolgessero i compiti istituzionali propri, pure impegnativi, con quella dedizione e solerzia che tutti si auspicano, la città metropolitana (dove è pure istituito il Comitato Metropolitano copresieduto dal Prefetto e dal Sindaco per le tematiche sulla sicurezza urbana,) vivrebbe in una situazione di minore disordine di quella che sta vivendo da qualche anno.

Dico questo con il doveroso rispetto di quanti prestano servizio con onore nella Polizia di Roma Capitale ma anche con la consapevolezza di come, senza stravolgere nulla e senza rivendicare ruoli di altre autorità e delle altre forze di polizia, la situazione della sicurezza pubblica potrebbe migliorare sensibilmente anche nella Capitale.

Basterebbe, insomma, che ognuno si impegnasse di più nel servizio di competenza che, per la Polizia Municipale è, in via prioritaria, il vasto ambito della polizia amministrativa locale (che rappresenta la versione più ampliata rispetto al contenuto della polizia locale urbana e rurale) e del controllo del territorio urbano che si realizza con servizi mobili e fissi che tutti vorremmo vedere intensificati e ben visibili sulle strade e nelle piazze romane.

Tutto questo nel contesto di un modello unitario della sicurezza che già vede coinvolte, da anni, le Regioni e gli Enti locali con i Comitati provinciali per l’ordine e la sicurezza pubblica e le Conferenze permanenti istituite a livello regionale e provinciale presso gli Uffici Territoriali del Governo.

Non c’è bisogno, insomma, di creare “sottosistemi” della sicurezza nel nostro Paese invocando “riconoscimenti” delle polizie locali tra le forze di polizia nazionali con la “pretesa” (non isolata) avanzata in tal senso, nei giorni scorsi, dal comandante della polizia municipale di Venezia (cfr. art. di Rubina Bon,La Nuova Venezia del 17 settembre) né, tantomeno, di sollecitare “accordi di vicinato” nelle città per il “controllo del territorio” con cittadini che “pattugliano” nottetempo le strade segnalando persone e veicoli “sospetti” ai “referenti” dei comitati sorti qua e là in diverse città.

L’ordine e la sicurezza pubblica sono interessi di carattere generale (diversi da quelli propri della polizia locale) e la loro tutela, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, spetta allo Stato perché, come ricordava anni fa il prefetto di Roma Carlo Mosca “l’unitarietà del sistema sicurezza è il pilastro della stessa unità nazionale”.

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