Gioco d’azzardo: se la politica si arrende
Mentre si assiste al triste balletto della politica in questa tragica e angosciante estate italiana, dove movimenti e partiti (nessuno escluso) continuano a dare il peggio di loro stessi, in attesa di capire se un nuovo governo ci sarà, c’è un dato che inarrestabile continua la sua corsa, una corsa che nessuna forza politica è mai riuscito a fermare: il gioco d’azzardo.
E’ stato pubblicato in questi giorni dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli il Libro Blu per il 2018, una pubblicazione annuale che riporta i dati principali sul mercato del gioco d’azzardo legale in Italia.
Si tratta di dati impressionanti che ci dicono che il volume di denaro giocato dagli italiani nel 2018 è aumentato del 5%, attestandosi sul valore di 106,8 miliardi di euro. In questo mastodontico giro di soldi (corrispondenti a quasi 3 grandi manovre economiche del nostro paese), circa 19 sono i miliardi di euro effettivamente persi da chi ha giocato.
In questo vortice di soldi circa 10 sono i miliardi andati all’erario (che ne rispende a sua volta più di 5 per la cura delle persone soggette a ludopatia).
Impressionante anche la crescita del gioco online aumentato del 47% in due anni, per una cifra di quasi 31,5 miliardi di euro, (corrispondente al 29,4% del giocato complessivo in Italia).
I danni che questo fenomeno produce nella nostra società sono sotto gli occhi di tutti (aumento di persone che si ammalano, che cadono in disgrazia economica, organizzazioni mafiose che sfruttano il gioco d’azzardo come ottimo sistema di riciclaggio di denaro sporco, aumento dell’usura, danno all’economia reale di un paese, perdita di qualità della vita, etc….), eppure nessuno sembra in grado di arrestarlo.
Addirittura, neanche l’approvazione di una legge che vieta la pubblicità sul gioco lecito in ogni sua forma, come ha fatto l’ultimo governo (in carica fino a pochi giorni fa), sembra resistere, alle varie interpretazioni di giuristi, o di enti come l’Agenzia per le Garanzie delle Comunicazioni (AgCom), le cui linee guida aggirano il senso stesso di una legge approvata per tutelare le persone, le famiglie e le conseguenze sociali che derivano da questo fenomeno.
Secondo l’AgCom “non sono da considerarsi pubblicità le informazioni limitate alle sole caratteristiche dei vari prodotti e servizi di gioco offerto, categoria nella quale rientrano le quote, il jackpot, le probabilità di vincita, le puntate minime e gli eventuali bonus offerti”. Stesso discorso per “le informazioni rilasciate su richiesta del cliente in ordine al funzionamento del servizio di gioco, e la mera esposizione delle vincite realizzate presso un punto vendita”.
Insomma una situazione veramente insostenibile quella del gioco d’azzardo, con uno stato inerte che cozza contro gli interessi della rete del monopolio gestita da poche società che si spartiscono un ingente somma di denaro, con gravi conseguenze per la realtà sociale del nostro paese.
Non esiste una forza politica che sia in grado di resistere alla “forza” dei concessionari del gioco.
Quello che negli anni ’90, il cosiddetto gioco lecito, era stato ampliato per combattere e sopprimere il cosiddetto gioco illegale, si sta tramutando a sua volta in una sistema incontrollabile che rischia di mettere sul lastrico milioni di persone, e a sua volta alimenta anche il gioco non lecito, che ormai si è spostato quasi per intero sulla rete internet, con la Polizia Postale che ogni anno interviene per chiudere migliaia di siti illegali, riuscendo però ad arginare solo in minima parte un fenomeno gestito soprattutto dalla criminalità organizzata anche di stampo mafioso.
Non c’è che dire, proprio un bel risultato quello ottenuto negli ultimi 20 anni dai vari governi che, di qualsiasi colore e pensiero, si sono succeduti alla guida del paese.
E ora l’asticella si sta abbassando, perché i dati esponenziali che emergono dal gioco online, ci fanno capire che le persone che nei prossimi anni saranno più a rischio, sono proprio i giovani e i giovanissimi, che attraverso cellulari e tablet avranno facile accesso ai vari siti legati al gioco.
Nell’attesa di un governo che sappia porre rimedio a quello che si presenta oggi come un vero dramma sociale, di partiti e movimenti che smettano di venire a patti con chi di fatto gestisce il gioco nel nostro paese, nasce la necessità di operare come società civile nel campo della prevenzione nelle scuole, proprio accanto a coloro che possono diventare, entro breve tempo, i nuovi “malati del gioco”, ovvero i nostri ragazzi.
Per questo è necessario coinvolgere da subito gli istituti scolastici, i loro dirigenti e i loro insegnanti, insieme ai Serd, agli enti locali, alle forze di polizia, alla magistratura e al mondo associativo per quella che si annuncia come una battaglia di civiltà.
Una battaglia alla quale anche il mondo dello sport non può tirarsi indietro, soprattutto ai livelli più alti, uscendo dalla sfera di contraddizione che vede da una parte le società voler difendere i valori veri dello sport (e quindi il confronto, la competizione e il talento) e dall’altro però rimanere legati al mondo delle scommesse, dove si incentivano anche le puntate sui risultati delle singole partite (un modo di giocare che crea solitudine, e fa credere che la fortuna è a portata di mano). Una contraddizione che prima o poi esploderà e che rende queste stesse società non credibili soprattutto agli occhi delle giovani generazioni.
All’interno di quella che si manifesta come una vera e propria incapacità politica a gestire il problema, chi veramente sta cercando di trovare delle soluzioni, anche “forzando” in qualche modo un sistema normativo che di fatto ne limita l’azione, sono i sindaci e le istituzioni locali, che si trovano in prima linea a vivere il dramma di tante famiglie e gli scompensi sociali che il gioco d’azzardo provoca nei singoli territori.
E’ con loro e stando al loro fianco che si deve operare in tema di prevenzione e lotta al gioco d’azzardo formando un’opinione pubblica che si renda conto delle conseguenze che ogni territorio subisce, capendo che il problema non è solo di chi gioca e di chi vive a fianco di queste persone, ma dell’intero contesto sociale delle nostre singole comunità.
Come sempre occorre il passaggio dall’io al noi, assumendo un senso di responsabilità che la politica, quella dei piani alti, ancora non è in grado di fare propria.
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