Promemoria per il prossimo Ministro dell’Interno
La cosa più sorprendente, dal mio punto di vista, è che nelle trattative politiche in corso per cercare di formare un nuovo Governo non ci sia stato un solo accenno al tema della sicurezza pubblica che appare sempre più precaria in molte zone del Paese (a parte la richiesta di abolizione dei due decreti sicurezza Salvini, convertiti in leggi, riguardanti, in particolare, l’immigrazione e i reati in occasione di manifestazioni pubbliche).
Una situazione che si può rilevare dalla lettura (o semplice sfoglio) dei quotidiani locali che riportano i molti episodi gravi in tema di reati predatori e di violenza in generale.
Uno scenario ancor più drammatico se si approfondisce la questione leggendo le ultime relazioni istituzionali della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA), del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza (DIS), che danno conto di come le mafie italiane e straniere si siano spartite l’intero territorio nazionale e di come la partita del contrasto al narcotraffico resti decisiva.
Ci saremmo aspettati, quindi, almeno un richiamo nella bozza di accordo politico in elaborazione a questi temi che costituiscono una vera priorità come segnalano, spesso inascoltati, i “tecnici” (alti esponenti delle forze di polizia, analisti della DIA, esperti del narcotraffico) insieme ad alcuni giornalisti e magistrati impegnati sui fronti dell’antimafia.
Ci saremmo aspettati che in Parlamento, al Governo, letti e studiati (ma forse è illusorio) i rapporti redatti sul tema si tenesse una riunione straordinaria per adottare adeguati provvedimenti normativi e amministrativi, per rimodulare magari l’azione di contrasto ai fenomeni della criminalità organizzata, mafiosa e comune. Inclusa quella di matrice straniera che, stando alla situazione odierna, è stata quella per lungo tempo sottovalutata.
A partire da quella nigeriana, la “mafia nera” che è diventata una vera priorità.
Senza trascurare le altre alle quali pure la DIA ha riservato attenzione, come a quella albanese “tra le più pericolose anche in ragione della spiccata vocazione ad intessere proficue relazioni internazionali”, a quella cinese presente, in particolare, in Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte e impegnata nel “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (..), nella prostituzione, nel traffico di droga (in particolare shaboo) e nella contraffazione di marchi”.
Ma non bastassero già solo queste, nel nostro Paese (tra quelli democratici quello più appetibile per i criminali, come ricordava la Commissione Parlamentare antimafia nella relazione conclusiva del febbraio 2018), c’è posto anche per quella romena che continua “a prediligere i traffici di sostanze stupefacenti lo sfruttamento della prostituzione, il caporalato, nonché i reati contro il patrimonio”, per quella proveniente dai Paesi ex URSS e dagli altri dell’Europa dell’Est che si è ritagliata uno spazio nei reati contro il patrimonio (i georgiani), nei furti in abitazione e di rame (i bulgari), per quella sudamericana specializzata nei traffici di stupefacenti, nello spaccio, in scippi e piccole rapine (gang dei latinos).
Infine, gruppi della criminalità del nord-centro Africa (su tutti i nigeriani seguiti dai marocchini, dai gambiani, maliani e senegalesi).
Un panorama delinquenziale che continua a rilevare scorribande giornaliere di ladri e rapinatori nelle case, nelle ville, di violenze in strada e di altri gravi fatti che dovrebbero richiedere, soprattutto sul piano di iniziative politiche, risposte adeguate ad una situazione della sicurezza pubblica destinata, altrimenti, a peggiorare sempre di più.
Italia più sicura?
Il Ministro dell’Interno del Governo ormai dimissionario, non sembra avere le idee molto chiare (particolare grave per chi è Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza) sulla reale situazione della sicurezza nel nostro Paese.
E’ quanto si può intuire anche dalla sua ultima dichiarazione nell’intervento in Senato, il 20 agosto, subito dopo che il Presidente del Consiglio aveva annunciato le sue dimissioni, sostenendo di “aver portato a casa un’Italia più sicura”.
Francamente, per quanto ci si sforzi, non si riesce proprio a scorgere questa visione “marziana” di maggiore sicurezza che vede il Ministro.
Lo stesso Ministro che solo pochi giorni prima, a ferragosto, aveva presentato un “dossier Viminale” sui risultati conseguiti nel periodo luglio 2018/luglio 2019 con dati parziali e carenti (alcuni anche imprecisi) sulla delittuosità (un ambito che sta registrando proprio in questi ultimi due mesi una escalation significativa nei furti e rapine nelle abitazioni in diverse città come si può rilevare dalla rassegna stampa locale sul sito della Polizia di Stato).
Lo stesso Ministro che, a luglio scorso, probabilmente senza leggerla, aveva presentato in Parlamento (come prevede la legge), la relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) indicando una situazione a dir poco allarmante sulle mafie nel nostro Paese dove pure la criminalità straniera si è andata ritagliando spazi autonomi e tendenzialmente avulsi da contrapposizioni con la criminalità organizzata di casa nostra.
Su tutte la criminalità nigeriana sulla quale, sin dal 2006 avevamo scritto della sua pericolosità e pervasività (cfr.“Mafia gialla e mafia nera” ed. Berti, Piacenza).
Sono le indagini di polizia e le inchieste giudiziarie che hanno fatto emergere vere e proprie organizzazioni a connotazioni mafiose (cults) che si sono venute strutturando in Italia e che è stato possibile individuare collegando tra loro molteplici fatti criminali avvenuti in realtà territoriali anche molto distanti ma anche, più recentemente, grazie alle informazioni rese da collaboratori di giustizia nigeriani.
Parliamo della Supreme Eiye Confraternity, dei Black Axe, dei Maphite, dei Vikings (solo per citare le più agguerrite) tutte strutture organizzative sorte in Nigeria, molti anni fa, con intenti caritatevoli e poi divenute vere organizzazioni criminali.
L’aspetto più drammatico, a mio avviso, è stata la loro diffusione sul territorio nazionale dove cellule della Supreme Eiye Confraternity si sono radicate a Torino, Brescia, Verona, Padova, Roma, Napoli e Castel Volturno (Caserta) ma anche in Sardegna, a Perugia e a Treviso.
Una situazione analizzata dalla DIA che diventa ancor più preoccupante per i Black Axe “presente in tutte le regioni, con una importante cellula operativa in Piemonte e in Sicilia, principalmente a Palermo”. Presenze significative anche a Napoli e, soprattutto, in Emilia Romagna.
Una “mafia nigeriana” caratterizzata da riti di affiliazioni, da codici di comportamento ancestrali e da un uso indiscriminato della violenza tanto da aver “addirittura impressionato gli stessi mafiosi italiani”.
Una “nuova mafia”, dunque, “tribale e spietata, difficile da decifrare nelle dinamiche interne, che dal Nord Italia si è progressivamente diffusa su tutto il territorio nazionale, fino in Sicilia, dove ha trovato un proprio spazio, anche con il sostanziale placet di Cosa Nostra”.
Una mafia che punta a fare affari soprattutto con il traffico/spaccio di stupefacenti importandoli anche con l’impiego di corrieri reclutati tra giovani nigeriani.
Sono i dati elaborati dalla DCSA relativi al 2018 e contenuti nella relazione annuale presentata a luglio scorso che evidenziano un incremento apprezzabile – 624, un più 54,84% rispetto al 2017 – di nigeriani denunciati all’autorità giudiziaria per delitti collegati allo spaccio di eroina e un più 18,91% (1.157) denunciati per spaccio di hashish e marijuana. Un coinvolgimento in queste attività criminali che si conferma anche nel 2019 dove, alla data del 15 agosto, sono già complessivamente oltre 1.500 i trafficanti/ spacciatori nigeriani, molti anche giovani, arrestati dalle forze di polizia.
Un bollettino di guerra
Archiviati quindi, speriamo definitivamente, i quotidiani slogan salviniani, su tutti il più recente “dopo un anno lascio un Italia più sicura”, proviamo a riepilogare, sinteticamente, in ordine cronologico, alcuni dei fatti delinquenziali che hanno contraddistinto questo mese di agosto che volge al termine.
L’auspicio (una pia illusione?) è che il nuovo inquilino del Viminale riesca ad avere l’attenzione speciale che merita l’apparato dell’amministrazione della pubblica sicurezza in particolare della Polizia di Stato che deve poter contare, al più presto, di nuove risorse umane e strumentali.
Se, poi, dovesse essere l’attuale Capo della Polizia ad essere designato come Ministro dell’Interno, francamente staremmo tutti più tranquilli.
Il mese, dunque, era iniziato con un tentativo di farsi giustizia da soli messo in campo a Torino dove alcuni cittadini, esasperati, hanno rincorso uno spacciatore impugnando bastoni e sparando con una pistola scacciacani.
Nella stessa serata dell’8 agosto, a Milano, ignoti lanciavano tre bottiglie incendiarie in una concessionaria di auto da poco aperta bruciandone tre.
A Reggio Emilia, una ragazza di origini cinesi, barista in un locale, viene assassinata dietro il bancone.
A Firenze, una donna di sessantacinque anni viene rapinata mentre va in Chiesa e finisce all’ospedale.
All’ufficio postale di Saltocchio (Lucca), un bandito armato compie una rapina e si allontana con il bottino di 1.400 euro.
A Frosinone, dopo l’ennesima incursione in una nota pasticceria (la dodicesima in cinque anni), il titolare medita di abbandonare la città.
A Bologna un’anziana di 79 anni viene scaraventata a terra (frattura dell’omero) e scippata da un uomo, poi arrestato da agenti della polizia di stato.
Ancora una rapina in provincia di Lucca, a Lunata, con un uomo armato che porta via l’incasso di un esercizio commerciale.
A Perugia, due quindicenni vengono assoldati con 50 euro per picchiare e rapinare due donne.
A Firenze, scorribande di ladri in alcune vie con colpi in due case dove vengono sottratti gioielli e oggetti vari per diverse migliaia di euro.
A Brescia, al parco della Badia, una trentina di pachistani si affrontano con spranghe e coltelli e con il bilancio di tre feriti.
A Pisa, un coppia di anziani viene aggredita e rapinata da un uomo incappucciato.
A Jesolo (Venezia) tre banditi assaltano una villa picchiando e rapinando un noto albergatore.
A Torino e a Firenze, una raffica di furti nella abitazioni vuote con casseforti svuotate.
A Scampia (Napoli), rapinatori in fuga vengono intercettati dalle Volanti e aggrediscono i poliziotti.
A Viareggio, due commessi vengono aggrediti con un punteruolo da una donna intenta a rubare.
A Fiorano (Modena), razziata la villa di un imprenditore.
A Borgo Trevi, una banda di ladri svuota la casa di un imprenditore.
Appartamento ripulito dai ladri, bottino di 70mila euro, anche a Rimini nella giornata di ferragosto.
Ancora Firenze nel mirino dei topi di appartamento con “visite” in quattro abitazioni in viale Cadorna.
A Brindisi, invece, i ladri si calano dai tetti di altre abitazioni.
A Teramo, mentre i proprietari sono in ferie, viene forzata la cassaforte in una villa di un medico e svaligiato un attico.
Una nuova ondata di furti nelle case si rileva a Rieti mentre a Vasto (Chieti), due giovani rapinano il supermercato Todis.
A Trento finisce male il tentativo di un furto in una villa isolata con tre giovani che vengono arrestati dalla polizia dopo essersi barricati in una camera da letto.
Sempre a Trento una donna di 94 anni viene aggredita in casa mentre dorme e rapinata.
A Ceccano una “invasione” di ladri nelle case con il Sindaco disperato e i cittadini che si organizzano in ronde notturne.
Ad Avellino, una maxi rissa con spranghe e coltelli e due feriti ricoverati in ospedale.
I ladri all’assalto di Bari e ristoranti a Bolzano e dintorni mentre nella capitale, in mezz’ora, un bandito seriale compie sei rapine nella zona di Ostiense e Testaccio.
Ci fermiamo qui, per non rattristare di più quei pochi che hanno avuto la pazienza di leggere alcune notizie di questa Italia decisamente più insicura aspettando una svolta per una politica sulla sicurezza più seria di quella svolta fino ad oggi.
La sicurezza pubblica e il Ministro dell’Interno “tuttofare”
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