Indignazione e speranza
Ci sono immagini che fanno indignare.
Come quella di un padre con una figlia di 2 anni, morti annegati nel Rio Grande mentre cercavano di attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti. Per evitare che la figlia fosse portata via dalle acque del fiume, il padre l’aveva infilata sotto la sua maglietta.
Così sono morti insieme dentro il fiume che fa da confine, inghiottiti dallo stesso destino, a causa di un’ideologia che distingue tra statunitensi e altri americani, con la connivenza di un’organizzazione umana che non sa riconoscere l’appartenenza alla medesima specie animale di tutti i suoi membri.
Ci sono numeri che dovrebbero far indignare. Perché sono statistiche che rappresentano persone concrete. Di cui non abbiamo la foto, perché la loro vita è sconosciuta al mondo.
Sono circa 24.000 le persone che muoiono ogni giorno per fame o per cause ad essa correlate. Circa 1.000 persone ogni ora. Non fanno più notizia. Non indignano più nessuno. Non suscitano commozione perché non possiamo vedere le loro immagini. Poiché non possiamo guardare 1.000 foto ogni ora del giorno e della notte.
Ci sono fatti che indignano. Tutti gli scienziati ci dicono che ci stiamo infilando nel vicolo cieco dell’innalzamento della temperatura del pianeta Terra e che i tempi per fare inversione di marcia stanno scadendo. Stiamo creando cambiamenti climatici irreversibili, che subiranno soprattutto le prossime generazioni, quelle che, anziché tenerle sotto la maglietta, le mandiamo allo sbaraglio, coperte dal nostro indegno silenzio.
Ci sono parole che potrebbero far indignare. Ma di solito non accade. Perché il significato delle parole conta poco. Perché una frase si può dire al mattino e ritrattare al pomeriggio, senza scandalo e – appunto – senza indignazione. Perché se i fatti contano poco e poco indignano, a maggior ragione le parole sembrano inutili per un’umanità senza consapevolezza e senza dignità.
Pier Paolo Pasolini dedicò una poesia ad Alekos Panagulis, nella quale scrisse: “Siamo impotenti, è vero. Ma le parole valgono pure qualcosa. (…) Ci hanno deluso tutti: chi ha torto e chi ha ragione. Tuttavia siamo con chi ha ragione: ma senza illuderci”.
E Panagulis, dopo la morte di Pasolini, replicò: “Peccato che tu sia partito mentre la verità si combatte (….) e molti vestono paraocchi di nuovo. Tu non dovevi andar via”.
Alex Langer in un biglietto d’addio, lasciò scritto: “continuate in ciò che era giusto”.
Eraclito il sapiente, in una frase antica millenni, ancora ci ammonisce: “senza la speranza è impossibile trovare l’insperato”.
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