Deportazioni
E chi se ne frega se nel frattempo avevi stretto amicizie e avevi creato le condizioni migliori per l’integrazione?
E cosa vuoi che ci importi se Caltanissetta non è Bologna?
Un posto vale l’altro. Erano 170 (o 183?) gli ospiti della struttura di via Mattei a Bologna, tutte persone in carne e ossa e cuore e sentimenti, tutti migranti.
Dalla sera alla mattina si è deciso di deportarli a Caltanisetta perché quell’edificio ha bisogno d’essere ristrutturato o forse perché non sono garantite le condizioni igienico-sanitarie.
Le ipotesi e le versioni sono varie.
Quel che è certo è che nella valutazione che ha determinato la deportazione non rientra l’attenzione alle persone, alle loro storie, ai loro traumi, alla loro vita. Tutto già vissuto anche altrove e, per quel che mi riguarda, persino già sperimentato anche in prima persona.
Poi la Caritas, il vescovo Zuppi e singole famiglie cominciano ad offrire la propria disponibilità ad accogliere con buona pace di tutti. Dei migranti sicuramente.
Ma soprattutto del ministro che dimostrerà che riesce a risparmiare. Infatti se gli africani non accettano la proposta del ministero, se ne vanno per proprio conto in un’altra struttura che provvede a sue spese, oppure per strada ad alimentare i pregiudizi, la malavita e il sentimento del rifiuto, il ministero non paga.
Pagano i cittadini. In tutti i sensi. A cominciare dai 35 operatori di quella struttura che da oggi sono senza lavoro.
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