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Un tradimento della Costituzione

Gian Carlo Caselli il . Istituzioni

csmDa troppo tempo le correnti del Csm si dedicano a scambi di posti e favori, scontri poco limpidi per la nomina dei capi delle Procure. Un disastro.

In epoca liberale e fascista i vertici della magistratura erano una protesi della classe politica. La Costituzione (art. 105) sancisce invece che le promozioni dei magistrati e quindi la nomina dei capi dei vari uffici giudiziari spettano al CSM. Così da assicurare l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario da ogni altro potere (art. 104).

Per il CSM, quindi, esercitare malamente il potere di nomina dei capi è come attentare alla credibilità e all’indipendenza stessa della magistratura. Un tradimento della Costituzione.

Da tempo, purtroppo, le correnti  del CSM (quale più quale meno) sono accusate – in alcuni casi senza troppo curarsi dei reali riscontri –  di aver accantonato il ruolo per cui erano nate, di confronto sui temi della giustizia, per dedicarsi a trattative anche opache, scambi di posti e favori, scontri poco limpidi per la nomina dei capi degli uffici giudiziari. Al riguardo, le cronache di questi giorni stanno delineando un nuovo, limaccioso capitolo.

Anche al netto dei risvolti penali (nel cui merito non entro) è del tutto evidente il micidiale pericolo che emerge da tali cronache. Un vero colpo di grazia alla fiducia dei cittadini verso la giustizia, già vacillante a fronte di un processo farraginoso ed incomprensibile (con costi e tempi insostenibili) e di martellanti campagne che presentano la giustizia come un campo di battaglia per vendette e scontri politici.

La raffigurazione del CSM come una specie di suk, infatti, rafforza il rischio di derive illiberali e disgreganti. Con la conseguenza che la giurisdizione fa sempre più fatica ad assolvere la sua funzione di garante dei diritti dei cittadini e delle regole di convivenza, nonché di equilibrio del sistema istituzionale. Un disastro.

Perciò, dovere assoluto del CSM è  potenziare e migliorare il  sistema di nomina degli uffici direttivi. Dandosi dove necessario nuove più stringenti regole, per poi applicarle rigorosamente con trasparenza. Per esempio rendendo in qualche modo pubbliche, con possibilità che Radio Radicale (lunga vita!) trasmetta anche le sedute della competente commissione, in modo da ridurre gli spazi di accordi clandestini.

Evitando il malvezzo di usare le regole come il chewingum, roba da tirare come più conviene.

Esperienza che ho personalmente subito (tanto per fornire un esempio concreto) nel 2004, quando – prima di essere scippato, con una incostituzionale “leggina” contra personam, del mio diritto di partecipare al concorso per la nomina del nuovo procuratore nazionale antimafia – dovetti constatare che nella relazione di Wladimiro De Nunzio, depositata a sostegno di Pietro Grasso, stava scritto che mi ero “affacciato alle funzioni requirenti solo dal 1993”.

Come non avessi mai indagato – cioè svolto funzioni requirenti – contro il terrorismo brigatista, del quale invece mi ero occupato a tempo pieno per una decina di anni (dal 1974 al 1984), contribuendo alla sua sconfitta. Di tutto questo non vi è traccia nella relazione, che oltretutto liquida con uno squallido “affacciarsi” la mia domanda di trasferimento da Torino a Palermo dopo le stragi di mafia del 1992.

Una brutta pagina per quel CSM, che accettò senza opposizione alcuna che il potere politico – con la “leggina” – di fatto lo espropriasse  del potere di nomina del capo di un ufficio giudiziario, calpestando il principio della separazione dei poteri.

En passant: tra i sostenitori della linea di De Nunzio c’era al CSM anche un magistrato ora in corsa per la procura di Roma. Ma è acqua passata…..

Huffington Post, il blog di Gian Carlo Caselli

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