La visione illusoria sulla sicurezza pubblica nel Paese
“Io non posso garantire delitti zero. Però, dopo un anno il Paese è un po’ più sicuro”. E’ l’affermazione conclusiva della intervista rilasciata dal Ministro dell’Interno al Corriere della Sera il 25 maggio scorso, vigilia delle elezioni europee che hanno visto il risultato storico della Lega (partito di cui il Ministro è Segretario), arrivata oltre il 34%.
Obiettivo raggiunto grazie, soprattutto, ai due grandi temi di una maggiore sicurezza pubblica da garantire e della immigrazione clandestina da bloccare, che sono stati oggetto di una speciale e continua attenzione da parte del Ministro, durante tutto lo svolgimento della lunga campagna elettorale.
Due fronti ai quali altri partiti hanno dedicato poca attenzione e, quando lo hanno fatto, poca convinzione, pensando (e sbagliando) che fossero temi solo dei conservatori e della destra in genere.
In realtà, come ho avuto di scrivere in altre occasioni, la sensibilità dei cittadini sulla sicurezza nelle città e sulla presenza di molti (troppi) stranieri che delinquono, è cresciuta enormemente e si avverte sempre più l’esigenza diffusa di vedere sulle strade una maggiore presenza, rassicurante, di poliziotti e carabinieri.
Non sono d’accordo sul “Paese più sicuro” rispetto ad un anno fa che rileva il Ministro dell’Interno, che pure ha dichiarato pubblicamente il decremento sulla delittuosità denunciata nei primi tre mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo del 2018.
Una cosa è la criminalità denunciata, altro è quella reale di cui la prima rappresenta soltanto una frazione. Senza contare che molti cittadini non vanno più a denunciare per vari motivi.
Peraltro, nelle stesse ore in cui il Ministro accennava alla asserita maggior sicurezza nel Paese, in molte zone si verificavano molteplici fatti di violenza fornendo un’immagine ben diversa.
Così, sinteticamente,a Tavazzano (Milano), un egiziano veniva gambizzato con alcuni colpi di arma da fuoco sparati da un uomo in scooter.
A L’Aquila, la banca Tercas, all’interno di un centro commerciale, veniva assaltata con un furgone-ariete da un commando di malviventi che riuscivano a “sradicare” la cassa continua (il quinto furto in questo 2019).
A Rimini, un noto professionista di 65 anni, in pieno giorno, veniva affrontato e rapinato del suo Rolex da due giovani uno dei quali gli puntava la pistola in viso e a Frosinone si registrava un assalto, fallito, da parte di almeno cinque banditi, ad una gioielleria con tanto di autovetture bruciate (modalità della criminalità messicana) per ostacolare l’azione delle forze di polizia.
A Napoli, intanto, nella Piazza Dante, sei giovani scorrazzavano a bordo di tre moto intimidendo i passanti con le pistole in bella mostra.
A Potenza momenti di terrore vissuti da una ottantenne, legata e picchiata dai ladri che aveva sorpreso a rubare in casa (nella stessa città e nello stesso giorno un sindacato di polizia denuncia la grave carenza dell’organico della locale Questura).
A Catania viene rapinato brutalmente un tabaccaio da un malvivente arrestato nelle ore seguenti dalla polizia, mentre a Taranto un giovane di 25 anni si presenta al pronto soccorso dopo una pistolettata alla gamba.
Sono soltanto alcuni dei fatti di cronaca ripresi dalla stampa locale e che danno una visione della sicurezza nel Paese che non sembra corrispondere a quella fornita dal Ministro dell’Interno, mentre continuano le legittime lagnanze esternate da tempo dai sindacati di polizia e collegate a carenze degli organici di diverse Questure, con un’età media dei poliziotti ampiamente superiore ai cinquanta anni.
Delittuosità denunciata e delittuosità reale
Alcuni giorni fa, nella fase ormai terminale della campagna elettorale europea, il Ministro dell’Interno ha fornito alla stampa i dati statistici sull’andamento della delittuosità in Italia relativi al primo trimestre del 2019, accompagnando la presentazione con evidente entusiasmo per “i reati in calo rispetto allo stesso periodo del 2018”.
Ha, quindi, indicato alcune tipologie di delitti, quelli con il segno meno, denunciati dai cittadini alle forze di polizia, sottolineando con ciò il “fatturato” positivo della gestione aziendale sulla sicurezza pubblica dovuto, secondo il Ministro, anche ai provvedimenti emanati (il riferimento va al c.d. decreto sicurezza del dicembre 2018) e alle direttive impartite alle autorità di pubblica sicurezza.
Non credo che il decreto in questione, poi convertito in legge, abbia inciso minimamente sull’andamento della delittuosità nel nostro Paese (la stessa considerazione vale per il decreto Minniti del febbraio 2017) perché non è certamente con i daspo, gli ordini di allontanamento, l’abolizione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari, i protocolli d’intesa, i comitati metropolitani, i patti urbani, una accentuata telesorveglianza, la lotta ai posteggiatori abusivi e all’accattonaggio, gli accordi di vicinato per i cittadini sentinelle di quartiere, che si risolvono i problemi relativi alla prevenzione e alla repressione dei delitti.
Queste due funzioni possono essere più incisive, se veramente lo si vuole, assicurando adeguate risorse umane e finanziarie (un ritornello che ripeto spesso) alle tre forze di polizia statali che vanno messe in condizione di esercitare un maggior controllo del territorio (quello di cui la gente sente più bisogno).
La criminalità legale, quella, cioè, denunciata dai cittadini e, comunque, di cui la polizia giudiziaria viene a conoscenza, è diversa da quella reale, in realtà ne costituisce soltanto una parte. C’è quella cifra oscura dei reati di cui non abbiamo traccia, perché, appunto, nessuno denuncia e nessuno rileva.
Se, poi, si vuole capire qualcosa di più sulla delittuosità in Italia bisogna guardare al suo andamento non a tre mesi e neanche a tre anni, ma ad un arco temporale molto più lungo.
E allora ci accorgiamo che i delitti denunciati nell’ultimo decennio (2008-2017), secondo dati elaborati annualmente dal Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale di Polizia Criminale (Dipartimento della Pubblica Sicurezza- Ministero dell’Interno) sono andati decrescendo negli ultimi sei anni, passando dai 2.818.834 del 2012, ai 2.687.249 del 2015, ai 2.487.389 del 2016 e 2.232.552 del 2017.
Nel 2018, il dato ufficioso si attesterebbe intorno ai 2,3milioni dei delitti denunciati: ma si può già parlare di inversione di tendenza? Sarebbe incauto o quantomeno prematuro.
Questo decremento, in atto da alcuni anni ormai, potrebbe significare qualcosa di positivo se non fosse che, se si da credito, e personalmente lo credo, alle analisi fatte anche da esperti della sicurezza, dipende dal fatto che molti cittadini, in molte zone del paese, per motivi diversi, non vanno a denunciare i reati di cui sono stati vittime.
Sarei, quindi, molto prudente a “cantar vittoria” affermando che “calano i reati”, mentre meritano più attenzione risposte articolate, come quelle che tendono ad etnicizzare la devianza, basandosi sul fatto che sono alte le percentuali degli stranieri che delinquono nel nostro Paese spacciando stupefacenti, sfruttando la prostituzione e rubando nelle case.
E’ ovvio che questo dipende dalle condizioni sociali in cui si trovano a vivere e dalle gravi carenze che persistono della cosiddetta integrazione.
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