Salvini e “la lotta alla droga” e allo “Stato spacciatore”
Riscrivere le norme sugli stupefacenti (almeno in alcuni punti del relativo testo unico del 1990), tutelare di più la salute dei giovani, esercitare più rigorosi controlli sui cannabis shop che dovrebbero vendere derivati della canapa senza gli effetti psicoattivi derivanti dal tetraidrocannabinolo, più controlli su internet dove il commercio delle droghe sintetiche è sempre più consistente: sono alcuni dei punti, condivisibili a mio parere, della “lotta alla droga” rilanciata, nei giorni scorsi, dal Ministro dell’Interno che ha anche dichiarato come “lo Stato spacciatore non è lo Stato di cui faccio il Ministro”.
Dichiarazione anche questa condivisibile, ma che ci induce a ricordare al Ministro dell’Interno come, in realtà, egli faccia parte di uno Stato il cui Pil viene alimentato, sin dal 2014, anche dei proventi (stimati) del traffico e spaccio di stupefacenti (oltre a quelli derivanti dalla prostituzione e dal contrabbando di sigarette). Senza contare che su alcol e tabacco e sul gioco d’azzardo lo Stato realizza bei profitti e dunque se non è e non vuole essere “spacciatore” è comunque già, in parte, almeno, o, per così dire, “biscazziere” e “prosseneta”.
Ma sappiamo tutti che non si possono contrastare le abitudini viziose al cento per cento, perciò lo Stato cerca di realizzare il male minore controllando (e lucrando anche) sui settori nevralgici per contenerli e neutralizzarne le più esplosive pericolosità sociali. Per questo è sbagliato da parte di Salvini dichiarare guerra ai negozi che vendono prodotti con cannabis, che naturalmente vanno controllati affinché rimangano entro i parametri di legge.
Per tornare alla inclusione dei proventi malavitosi nella valutazione del Pil, insomma, almeno sul piano statistico, una parte dell’economia mafiosa contribuisce alla ricchezza nazionale incrementandola, mediamente, di circa l’1% annuo (ossia di circa 20 miliardi di euro).
Tutto questo non ha minimamente turbato nessuno degli esponenti di Governo che nel 2014 accolsero di buon grado “la possibilità” offerta dall’UE agli istituti di statistica degli Stati membri di includere le suddette attività illegali nel reddito nazionale lordo (con un approccio delle istituzioni europee molto discutibile perché si facevano rientrare le suindicate attività illegali solo quando erano effettuate su base volontaria). Decisione che fu assunta per rispondere meglio al “criterio di esaustività” e con l’“obiettivo di accrescere la comparabilità internazionale delle stime” (cfr. la relazione conclusiva del febbraio 2018 della Commissione parlamentare Antimafia presieduta da Rosy Bindi).
Le mafie, dunque, sono, di fatto, da alcuni anni, una componente della ricchezza nazionale del nostro Paese (e di diversi Paesi UE) che ha ceduto alla suggestione di un ricalcolo del Pil (in perenne stato comatoso e sempre oggetto di speciale attenzione dei mercati finanziari), legalizzando statisticamente quei proventi criminali che forze di polizia e magistratura cercano di sottrarre alla criminalità.
Sarebbe un bel segnale, allora, se il Ministro dell’Interno e più in generale tutta la politica avviassero, quella “profonda riflessione” auspicata nella citata relazione dalla passata Commissione Antimafia e “ripulissero” il Pil dalla lordura di denaro del narcotraffico e delle altre attività criminali. Solo così capiremmo di poter vivere in un Paese senza l’inquinamento criminale legalizzato della sua economia.
La commercializzazione della cannabis e la direttiva del Ministro dell’Interno
Le polemiche degli ultimi giorni, nate dalla decisione del Ministro dell’Interno di esercitare controlli più rigorosi sugli esercizi commerciali che vendono la c.d. cannabis light, meritano qualche riflessione perché sono originate, in prevalenza, da una non adeguata conoscenza dell’argomento.
Va, intanto, ricordato che il tema di una maggiore prevenzione e repressione del traffico/spaccio di stupefacenti è stato sollecitamente affrontato dal ministro dell’interno Salvini che già con altre direttive, negli ultimi mesi del 2018, aveva sollecitato tutti i Prefetti ad azioni più incisive e coordinate di controllo nei pressi delle scuole (coinvolgendo anche le polizie locali) dove, già da tempo, operavano, sfacciatamente, molti spacciatori.
Attività di polizia che ha portato in questi primi tre mesi del 2019 al sequestro di oltre 15kg di stupefacenti nel contesto del progetto indicato come “Scuole sicure”. Va anche detto che, contrariamente al passato quando si diramavano direttive senza richiedere “specifici report” sulle attività svolte e i risultati conseguiti, le direttive “salviniane” si concludono, di norma, con l’invito (ordine) di comunicare, entro date stabilite, le risultanze e le iniziative intraprese così da poter valutare concretamente il servizio prodotto.
Così, anche l’ultima criticata direttiva (N.11013/110 (4), del 10 maggio scorso che ha come oggetto la “Commercializzazione della canapa e normativa sugli stupefacenti-Indirizzi operativi”, firmata d’ordine del Ministro dal capo di Gabinetto Piantedosi e inoltrata a tutti i Prefetti e per conoscenza al Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza. Direttiva che scaturisce dalle “preminenti ragioni della tutela della salute e dell’ordine pubblico messe in pericolo dalla circolazione di siffatte sostanze..” dove con quest’ultima locuzione ci si riferisce ai derivati e infiorescenze della cannabis vendute in alcune centinaia di negozi in tutta Italia.
La legge 2 dicembre 2016, n.242, in realtà, ammette la coltivazione della canapa nel nostro Paese ma per ottenere esclusivamente prodotti indicati nell’art.2, comma 2 e cioè alimenti e cosmetici, semilavorati come fibra, canapulo ecc, prodotti utili per la bioedilizia, coltivazioni destinate al florovivaismo ecc..
In sostanza, contrariamente a quanto detto in questi giorni sul punto e a quanto impropriamente pubblicizzato, la legge suddetta non consente la vendita di derivati e infiorescenze della canapa negli esercizi commerciali (né on line) “in quanto potenzialmente destinate al consumo personale, in quantità significative da un punto di vista psicotropo e stupefacente, attraverso il fumo o analoga modalità di assunzione”.
Opportune, quindi, a mio parere, alcune singole iniziative prese nelle settimane passate in alcune zone del Paese (Macerata, in particolare) dalle forze di polizia per vietare la libera vendita di tali prodotti.
Doverosa, dopo le pluriennali disattenzioni sul tema, la direttiva del Ministro dell’Interno con cui si sollecita “un’appropriata analisi del fenomeno” sottoponendo la questione all’attenzione dei Comitati Provinciali per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ( in composizione allargata ai rappresentanti della magistratura locale).
Sulla scorta di tale analisi si potrà, quindi, “declinare un programma straordinario di prevenzione di eventuali comportamenti vietati da parte degli operatori commerciali, specialmente se diretti verso le categorie più vulnerabili degli adolescenti”.
Le droghe, i fenomeni delinquenziali collegati, sono un problema serissimo per la salute pubblica la sicurezza.
Continuare a sottovalutare quell’insidioso processo di narcotizzazione che va avanti da troppo tempo sarebbe il più grave e imperdonabile errore.
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