La letargia della classe politica sugli stupefacenti
Il letargo della classe politica sul fenomeno criminale del narcotraffico e, più in generale, sull’abuso di stupefacenti nel nostro Paese, si interrompe, di tanto in tanto, con improvvisi e rumorosi risvegli, in genere di breve durata.
L’ultimo, in ordine di tempo, è di Giorgia Meloni, leader di FDI, seguita subito da qualche altro politico isolato di FI, che ha tuonato pochi giorni fa contro la “tre giorni” in programma a Milano della International Cannabis Expo, sollecitando il Ministro dell’Interno e il Sindaco Sala a “fermare la manifestazione (..) ignobile propaganda per la liberalizzazione della droga”.
In realtà l’obiettivo dichiarato dagli organizzatori pare sia quello di far conoscere al grande pubblico le proprietà terapeutiche, alimentari e cosmetiche della canapa e, quindi, nessuno “spinello” da reclamizzare.
Saremmo tutti più contenti se l’attenzione della politica sugli stupefacenti, sulla violenza che accompagna il traffico e lo spaccio, sui profondi inquinamenti sull’economia legale che sta producendo il narcotraffico, fosse non dico la “priorità”, ma almeno una delle priorità governative per fronteggiare un mercato illecito che, di fatto, è (quasi) liberalizzato. Almeno quello relativo alla marijuana ma anche all’hashish che sono i due stupefacenti maggiormente in circolazione e, di conseguenza, quelli che di più vengono sequestrati annualmente dalle nostre forze di polizia.
Accennavamo a questa perdurante poca attenzione dei Governi sul tema nonostante gli allarmi lanciati, da molti anni, da autorevoli organismi come le varie Commissioni parlamentari Antimafia ( ul punto si rileggano quella del 2014, relatrice l’on Garavini e l’ultima, del febbraio 2018 a conclusione della Legislatura), della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA), del Dipartimento per le Politiche Antidroga (DPA), della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA).
Nessun politico, poi, sa dare una risposta convincente quando gli si fa notare che da una parte i cittadini vorrebbero più prevenzione e repressione, dall’altra questa “richiesta” collide con le aspettative governative e dei mercati di veder crescere il Pil nazionale (sempre “comatoso”) anche con il contributo (l’1%, ossia diversi miliardi di euro ogni anno) proveniente dal commercio degli stupefacenti, oltre che dalla prostituzione dal contrabbando di sigarette.
Non mancano, naturalmente, “timide” iniziative politiche “per il potenziamento delle attività di prevenzione e contrasto della diffusione delle sostanze stupefacenti”. In questa direzione l’accordo di collaborazione (durata triennale) tra il DPA e la DCSA firmato a novembre 2018 ed esecutivo da poco, tenendo presente che il DPA è “la struttura nazionale si supporto per la promozione e il coordinamento dell’azione di Governo in materia di politiche antidroga”.
Un altro accordo era stato raggiunto tra Il DPA e la Polizia di Stato nell’aprile 2016, finalizzato alla tutela della salute pubblica attraverso il contrasto dell’incidentalità stradale causata dall’uso di stupefacenti.
Insomma, sicuramente apprezzabili iniziative del DPA anche se ci aspetteremmo una politica antidroga generale con più fatti e meno parole su entrambi i fronti della prevenzione (nelle scuole soprattutto) e della repressione con investimenti e risorse umane adeguate al fenomeno criminale che riguarda il nostro Paese e che appare ancor più drammatico a leggere i rapporti comunitari (European Drug Report 2018, dell’EMCDDA) e mondiali (World Drug Report 2018, dell’UNODC) sulle droghe.
La speranza è che questo lungo sonno della politica termini presto e si analizzi bene cosa sta accadendo nelle nostre città dove scorrazzano, arrogantemente, spacciatori e trasportatori di droghe ma anche molti insospettabili.
Poche risorse per la prevenzione nelle scuole
In tema di prevenzione e contrasto della diffusione delle sostanze stupefacenti, abbiamo sempre pensato che, aldilà dell’impegno isolato che, rispettivamente, si è rilevato negli anni passati in alcune scuole italiane e in quello, sicuramente costante, delle forze di polizia coordinate dalla DCSA (Direzione Centrale per i Servizi Antidroga), ci dovesse essere un aggiornamento della legislazione specifica e di quella penal-processuale per non vanificare i risultati conseguiti.
Soprattutto fosse necessaria una strategia politica nazionale antidroga ben congegnata, che ancora non si rileva mentre si procede con accordi di collaborazione interistituzionale tra il DPA (Dipartimento per le Politiche Antidroga) ed altre istituzioni.
Il più recente è quello con la DCSA firmato il 14 novembre 2018 dopo quello del dicembre 2016 raggiunto con la Polizia di Stato e i Comandi Generali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Tra gli obiettivi dell’Accordo del 2018 quello di conseguire “attraverso attività congiunte e interventi integrati (..) maggiori livelli di efficienza ed efficacia della spesa pubblica (..) attraverso un rafforzamento della tutela della salute pubblica, della sicurezza e dell’ordine pubblico”.
Bisogna, tuttavia, leggere con attenzione le “premesse e gli allegati” dell’Accordo per comprendere bene se, per la sua attuazione quei due milioni e duecentomila euro che il DPA mette a disposizione della DCSA (secondo modalità e tempi stabiliti nell’art.7), sia denaro speso bene per realizzare “quell’azione sinergica e congiunta che rafforzi le politiche di prevenzione e potenzi il dispositivo di contrasto della diffusione delle sostanze stupefacenti”.
Si tratta di un ambito questo dell’antidroga al quale i vari Governi che si sono succeduti negli ultimi 25 anni hanno rivolto poca attenzione con le gravi conseguenze che si possono rilevare quotidianamente dai fatti di cronaca e di violenza collegati al narcotraffico. Dunque, ben vengano reciproche collaborazioni tra importanti organismi politici (DPA) e tecnici (DCSA) nei settori dello “scambio informativo”, nella “prevenzione dell’uso delle droghe nella popolazione giovanile”, nelle “attività di formazione, informazione, ricerca e analisi normativa”.
Relativamente allo “scambio informativo” appare importante la partecipazione della DCSA al Sistema Nazionale di Allerta Precoce e alla canalizzazione di alcune “proiezioni operative” utilizzando la rete degli Esperti della Sicurezza che operano in diversi paesi extraeuropei. L’esigenza di migliorare la prevenzione delle droghe tra i giovani sembra trovare spazio con la “presentazione di moduli formativi in favore dei docenti, dei genitori e degli studenti nelle scuole secondarie di primo e secondo grado”, nell’ambito di progetti già avviati dal DPA.
Interessanti anche le iniziative finalizzate alla realizzazione di eventi e convegni, con l’impiego temporaneo di personale formato del DPA e della DCSA rispettando il Progetto denominato Icarus, annesso all’accordo in questione, che specifica nel dettaglio gli obiettivi, le modalità operative, le tabelle finanziarie relative ai costi da sostenere per ciascuna delle attività fissandone anche il crono programma.
Spetterà al capo del DPA e al Direttore Centrale della DCSA curare “il coordinamento e la tenuta dei rapporti” dell’Accordo (la cui durata è triennale) che, nell’ambito della prevenzione a favore della popolazione giovanile, si pone come obiettivo quello di sviluppare un piano formativo per almeno 10mila docenti su tutto il territorio nazionale, distribuendo materiale informativo ad almeno 1.500 studenti per ciascun anno scolastico e riservando giornate di prevenzione e informazione sui temi degli stupefacenti da 5 a 8 scuole per ciascun anno scolastico.
Ancora poca attenzione, mi pare, per una prevenzione nelle scuole che è prioritaria riservando a questo settore appena 153.442 euro sul totale dei 2,2 milioni di euro sopraindicati in prevalenza (1.434.233 euro) utilizzati per il “supporto informativo”.
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