Sulla sicurezza pubblica e le ordinanze prefettizie
Le ordinanza prefettizie che potranno essere emanate nelle città dopo le “sollecitazioni” rivolte dal Ministro dell’Interno che ha diramato il 17 aprile scorso la direttiva 11001/118/7 (indirizzata a tutti i Prefetti e per conoscenza al Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza), serviranno a ben poco contro le illegalità per assicurare maggiore sicurezza.
Intanto, sbagliato, a mio avviso, aver utilizzato l’espressione “indirizzi operativi” nell’oggetto della direttiva in quanto il Ministro dell’Interno traccia linee di indirizzo politico fissando gli obiettivi mentre gli aspetti operativi li cura il Capo della Polizia.
Tornando, comunque, alle ordinanze va chiarito subito che si tratta di provvedimenti contingibili e urgenti previsti dall’articolo 2 del TULPS ( un regio decreto del 1931) per fronteggiare, appunto, situazioni di emergenza per “la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica” e, quindi, adottabili dall’autorità prefettizia solo nei casi di urgenza e grave necessità.
L’eventuale inosservanza è sanzionata ex art.17, terzo comma del TULPS, con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro (le stesse sanzioni previste per l’eventuale denuncia di cui all’art.650 del c.p. “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”).
Insomma, efficacia dissuasiva vicina allo zero, come lo sono stati, sino ad oggi, i provvedimenti molto reclamizzati, degli “ordini di allontanamento” e dei “divieti di accesso” (cosiddetti daspo urbani) che sono stati introdotti dal decreto legge 20 febbraio 2017 n.14 (noto anche come decreto Minniti) il cui ambito di applicazione è stato ampliato dal decreto legge 4 ottobre 2018 n.113 (c.d. decreto Salvini) che ha pure introdotto nel codice penale il reato di esercizio molesto dell’accattonaggio e la nuova disciplina dell’esercizio abusivo dell’attività di parcheggiatore o guardiamacchine (a Torino sarebbero stati sanzionati oltre ottocento parcheggiatori abusivi, nessuno dei quali ha pagato la relativa sanzione).
Entrambi i decreti riconoscono un ruolo di sempre maggior rilievo ai Sindaci sui temi della sicurezza urbana, rafforzano lo scambio informativo tra le Forze di Polizia e la Polizia locale, migliorano la collaborazione operativa, fermo restando il ruolo centrale del Prefetto nell’attuazione delle politiche di governo della sicurezza pubblica.
Il decreto Salvini, con l’obiettivo di assicurare migliori condizioni di vivibilità ai cittadini residenti nei luoghi di maggiore aggregazione, ha ampliato anche il potere di ordinanza attribuito al Sindaco quale rappresentante della comunità locale ai sensi dell’art.50 del d.leg.vo 18 agosto 2000, n.267.
Così, per esempio, i Sindaci, con proprie ordinanze possono limitare l’orario di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche in tutte le aree interessate da fenomeni di aggregazione notturna, nonché di limitare l’orario di vendita degli esercizi del settore alimentare o misto e delle attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato.
L’inosservanza dei provvedimenti sindacali può comportare anche la sospensione dell’attività commerciale. Insomma, i Sindaci che spesso si lamentano, a ragione, delle condizioni di degrado e di vivibilità nelle città dovrebbero fare maggiore ricorso a tali strumenti e non dovrebbero, poi, lagnarsi se il Ministro dell’Interno sollecita i Prefetti ad esercitare, ricorrendone le condizioni, poteri che una “vecchia” legge attribuisce loro.
La sicurezza pubblica tra polemiche, direttive e chiusure di porti
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