“Il Parlamento riaccenda Radio Radicale”
«Ha formato la coscienza civile e accompagnato la passione politica di tanti cittadini. Porteremo con noi la sua umanità e la sua professionalità». Il direttore di Radio Radicale, Alessio Falconio, ha aperto con questo ricordo di Massimo Bordin la conferenza stampa convocata nella sede della Fnsi per chiedere di non spegnere la voce dell’emittente, a rischio chiusura a seguito della decisione del governo di non rinnovare la convenzione fra l’emittente e il ministero dello Sviluppo Economico.
«Ancora stamattina in parlamento è stata ricordata la figura di Bordin e ribadito l’appello al governo a non tagliare i fondi a Radio Radicale. Il 20 maggio scadrà la convenzione e il sottosegretario Crimi, parlando anche a nome del Mise ha detto che non verrà né prorogata né rinnovata. A Palazzo Madama non hanno voluto calendarizzare una mozione in favore di Radio Radicale», ha spiegato Falconio.
C’è però, ha proseguito, «un fronte in parlamento che si è schierato per la sopravvivenza dell’emittente. Anche la presidente del Senato ha auspicato che la radio sopravviva. Alcuni consigli regionali hanno approvato mozioni in favore di Radio Radicale. Il vicepresidente del Csm, Ermini, ha auspicato la sopravvivenza del nostro servizio pubblico. E persino tra i parlamentari del Movimento 5 Stelle e della Lega c’è chi ritiene condivisibile la nostra battaglia. Ora speriamo che tutte queste prese di posizione si trasformino in atti concreti».
Il direttore ha poi lanciato l’appello alla mobilitazione: domenica di Pasqua, una ‘maratona oratoria’ in piazza della Madonna di Loreto, dalle 11 alle 13, per salvare Radio Radicale.
«Radio Radicale appartiene alla storia democratica di questo Paese. Incarna i valori del pluralismo informativo. Ha dato voce a tutti anche a chi non ne condivide il pensiero. È una voce che non può essere spenta da un provvedimento dettato da ragioni ideologiche che vanno nella direzione opposta a quella dei diritti sanciti nella prima parte Costituzione», ha detto il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso.
«Per questo – ha proseguito – la Fnsi auspica che gli appelli che si stanno moltiplicando in queste ore si trasformino in atti parlamentari, atti concreti per salvare Radio Radicale. Sarebbe un segnale di inversione di tendenza che consentirebbe anche di affrontare in maniera più serena il confronto nell’ambito degli Stati generali dell’editoria. Perché non si può prima cancellare voci e posti di lavoro tagliando i fondi e poi aprire il confronto. Se l’impostazione è questa vuol dire che si immaginano gli Stati generali come qualcosa di già scritto e di cui dobbiamo prendere atto. Noi andremo lì con nostre proposte che sono esigenza di dar voce a minoranze, differenze e diversità. Perché questo significa democrazia. Questo significa pluralismo. Come ha più volte detto il presidente Mattarella».
Nel corso della conferenza stampa, le rappresentanti del Comitato di redazione hanno rilanciato la richiesta, già più volte ribadita, di un incontro con il premier Conte e il ministro Di Maio, per porre «la questione politica della sopravvivenza di Radio Radicale. Non abbiamo avuto alcuna risposta. Ci sembra grave. Senza novità saremo costretti alla chiusura. 53 dipendenti, collaboratori e lavoratori dell’indotto: più di 130 persone rischiano di perdere il lavoro. Saremmo lieti di incontrare il sottosegretario Crimi, ma anche lui non ci ha dato risposta, solo interventi sui social. Continueremo a insistere e a chiedere conto della volontà politica di chiudere questa emittente che da 43 anni garantisce ai cittadini un servizio pubblico. E questo ci teniamo a ribadirlo, anche perché sul conto di Radio Radicale sono state dette cose inesatte, in malafede e con l’intento di screditare l’emittente e il nostro lavoro».
«Al ministro del Lavoro – ha commentato Lorusso – non interessa la tenuta occupazionale nel settore dell’informazione. Ma noi serriamo le fila e portiamo avanti la lotta contro tagli e bavagli. Perché ogni taglio è un bavaglio alla libertà di espressione. L’Italia è oggi al 43° posto nella classifica di Reporter senza frontiere, se questa politica di tagli andasse in porto il prossimo anno l’Italia scivolerebbe ancora più in basso. Dare voce ai colleghi di Radio Radicale significa anche contrastare la visione ideologica di chi vuole togliere di mezzo i mediatori e i corpi intermedi. Siamo qui perché non ci rassegniamo al disegno di chi vorrebbe trasformare la democrazia in chiacchiere da rete».
Per il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, «è il momento di passare dalle emozioni alle mozioni. Dalle parole di solidarietà ai fatti. Diamo vita a una iniziativa che coinvolga forze politiche e istituzioni, diretta a gruppi parlamentari e autorità di garanzia. L’Agcom intervenga a tutela del pluralismo. Va investita di una valutazione del taglio delle voci in Italia, compreso il taglio dei fondo per l’editoria. Nel 2022 sparirà qualunque pluralità informativa in tante regioni. Se si cede sulla vicenda di Radio Radicale si apre una strada che porterà a chiusure a cascata».
Siano gli stessi parlamentari di maggioranza che si sono schierati con Radio Radicale, incalza Giulietti, «a scrivere un emendamento sul ripristino della convenzione e dei fondi. Chi si è commosso commemorando Bordin lo onori presentando un emendamento che salvi Radio Radicale. Se c’è la volontà politica si può agire in tempo».
Alla conferenza stampa, insieme con alcuni parlamentari, hanno partecipato anche Matteo Bartocci, giornalista del manifesto, che ha portato il saluto dei giornali in cooperativa e auspicato che «il parlamento faccia cambiare idea al governo», ricordando il caso del Canada, dove lo Stato è tornato a finanziare l’informazione. E il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo, che ha ribadito la solidarietà del sindacato regionale e la disponibilità ad affiancare i colleghi in tutte le iniziative che riterranno di mettere in campo.
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