Vigili-poliziotti in attesa di più poliziotti e carabinieri
Sul tema della sicurezza pubblica, prioritario, in un paese normale, una corretta informazione è fondamentale se non si vogliono creare ulteriori illusioni nei cittadini.
Come quella di pensare che l’accordo firmato a Genova, il 6 aprile, dal Ministro dell’Interno con la Regione con cui vengono stanziati più fondi per i Comuni liguri, rappresenti “una rivoluzione nei ruoli della polizia municipale, coinvolta a pieno titolo nelle attività delle forze dell’ordine per il contrasto di reati di criminalità diffusa come droga, furti, bullismo e immigrazione clandestina” (cfr. Il Giornale del 7 aprile, pag 7, “Il patto che trasforma i vigili in veri poliziotti”).
Su questo aspetto del coinvolgimento delle polizie municipali nel sistema della sicurezza pubblica, in realtà, si sta facendo un po’ di confusione e non da oggi se si ripensa al periodo del ministro dell’interno Maroni, in cui molti sindaci del nord aspiravano a diventare “sceriffi” delle loro città emettendo ordinanze, a volte ridicole, spesso illegittime e per questo bocciate in sede di ricorsi giurisdizionali.
Sulla sicurezza pubblica non possono bastare protocolli, accordi, patti perché la materia è disciplinata dalle leggi e dalla Costituzione. Se è vero, tuttavia, che la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza spetta allo Stato che sulla materia ha anche competenza legislativa esclusiva, ad esclusione della polizia amministrativa locale, come sancisce l’art.117 della Costituzione, è anche vero nel successivo art.118, terzo comma, viene stabilito che una legge statale possa disciplinare “forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’art.117” che riguardano, rispettivamente, l’immigrazione, l’ordine pubblico e la sicurezza.
Disciplina avuta con il decreto legge 20 febbraio 2017 n.14 recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, (noto anche come decreto Minniti, Ministro dell’Interno del tempo) convertito nella legge 48/2017. Si tratta di quel tentativo di realizzare un “sistema unitario e integrato di sicurezza” al quale partecipano lo Stato, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, ma ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e responsabilità.
Dunque, l’accordo firmato dal ministro dell’interno Salvini a Genova trova il suo fondamento nel decreto Minniti ed è finalizzato allo scambio informativo, per gli aspetti di interesse nell’ambito delle rispettive attribuzioni istituzionali, tra la polizia municipale e le forze di polizia statali, l’aggiornamento professionale integrato per gli operatori della polizia locale in tema di immigrazione, gestione delle sale operative, controllo del territorio e tecniche nei servizi di polizia su strada.
Tutto finalizzato a tutelare quel bene della sicurezza urbana, concetto già elaborato da Maroni nel 2008 e ampliato nel decreto legge suindicato, che rimane l’obiettivo principale delle norme, ma che è difficile perseguire con gli strumenti previsti come ha dimostrato l’esperienza di un anno dall’entrata in vigore di quelle norme (sanzioni amministrative pecuniarie che non vengono nella quasi totalità pagate per ordini di allontanamento di chi lede il decoro urbano, di chi esercita la prostituzione in modo ostentato, di chi fa uso di sostanze stupefacenti, di chi fa il posteggiatore abusivo).
In un Paese come il nostro divenuto una vera “cuccagna” per chi voglia delinquere (“il più appetibile per i criminali”, come valutava, poco più di un anno fa, la Commissione parlamentare Antimafia nella sua relazione conclusiva), servono norme severe da applicare in tempi brevi, senza praticare troppo sconti come capita anche per chi è stato condannato per gravi delitti.
Soprattutto, non mi stancherò di ripeterlo, prima ancora di pensare a “trasformare” i vigili (con il massimo rispetto per le loro funzioni) in poliziotti, sarebbe meglio pensare a “creare” più poliziotti e carabinieri ricorrendo a quegli arruolamenti straordinari. Per ora solo reclamizzati.
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