Bcc Terra d’Otranto, si torna al voto
Si torna al voto per la governance della Banca di Credito Cooperativo Terra d’Otranto, in Salento.
Prassi che passerebbe quasi inosservata, se non si trattasse di un istituto minore colpito qualche anno fa, dalle benne di una vicenda giudiziaria pesante e ancora in piedi, nata dal rinnovo del cda nel 2014, poi commissariato qualche mese dopo con decreto del ministro Padoan su dettagliata informativa di Bankitalia, e tornato al voto a fine gennaio 2016.
La prima parte dell’inchiesta di cui sopra ha prodotto sei rinvii a giudizio eccellenti (tra cui quello di Giancarlo Mazzotta, sindaco del comune di Carmiano, dove ha sede una delle filiali più importanti, per estorsione aggravata da metodo mafioso), il troncone riciclaggio è ancora in piedi e si attendono gli esiti.
Tornando alla base sociale, negli ultimi tre anni Bcc ha visto la presidenza di Flavio Ciurlia, che ci riprova, con una lista nuova rispetto alla precedente.
Le liste in realtà sono due. Come accadde nel 2016, l’indicazione di Palazzo Koch di raggiungere un accordo tra le diverse componenti, nell’indirizzo di una maggiore unitarietà della base sociale, è stato disatteso.
Un passo indietro, tecnico, è d’obbligo.
Bcc Terra d’Otranto ha filiali a Lecce e provincia. La ex cassa rurale nacque da accordo e lungimiranza di due famiglie: Villani Miglietta da Carmiano (Le) e Potì da Melendugno (Le). Ogni decisione di rilievo ha sempre tenuto conto del peso delle due componenti, carmianese e melendugnese. A gennaio 2016, dopo l’esplosione dell’inchiesta, l’amministrazione straordinaria e il commissariamento, si votò.
I tecnici di via Nazionale evidenziarono, nero su bianco, forti conflitti interni all’istituto diviso tra due schieramenti riconducibili, da un lato, al territorio di Carmiano dove ha sede la filiale storica dell’istituto, comune di cui era ed è ancora sindaco Giancarlo Mazzotta (fratello dell’ex presidente eletto in quel 2014) e, dall’altro, a quello di Melendugno, sorretto dalla compagine vicina al decano Italo Potì.
Da qui, la richiesta di una lista unica. Disattesa. Le liste furono due, dopo incontri, trattative, tentativi di unitarietà. Attorno a Flavio Ciurlia, poi eletto, trovarono sintesi Mazzotta e Potì, da sempre su fronti opposti. Nell’altra lista, in testa Giulio Ferrieri Caputi, espressione di parte della base sociale carmianese da sempre contrapposta a Mazzotta, seconda con soli 57 voti di scarto.
Tre anni fa su 1800 soci circa, andarono al voto solo in 700. Il caos post inchiesta fu decisivo.
Veniamo ai giorni nostri: data per le prossime elezioni, 28 aprile.
Una lista si propone di rottura netta col passato e di cambiamento. Candidato presidente Umberto Mele, commercialista di Lecce, vicepresidente vicario in cda, subentrato a luglio 2016, in regime di cooptazione all’allora numero due dimissionaria.
Non è stata disattesa la voce della mancata presenza dell’attuale presidente nella lista Mele e di un rinnovamento totale della compagine di Carmiano. Ciurlia però ci riprova, con una lista tutta sua.
E anche per la tornata 2019 l’ipotesi lista unica sfuma del tutto.
Ma veniamo alle composizioni delle due squadre.
La lista Mele vede sette nomi in cda, compreso il candidato presidente, con tre consiglieri dell’area Carmiano e tre dell’area Melendugno. Nei tre nomi del collegio sindacale, rappresentati Lecce, Carmiano e Melendugno.
Per i più campanilisti, ciò che salta all’occhio è il cambio, per così dire, delle proporzioni: non più presidenza e maggioranza di consiglieri in cda a Carmiano. Novità anche per il collegio sindacale che un tempo aveva due elementi di Carmiano e uno di Melendugno.
Dai sei candidati in cda inoltre, “escono” i tre carmianesi eletti nel 2016, mentre restano i tre espressione dell’aera melendugnese uscenti. L’idea dunque di tagliare fuori la vecchia componente da Carmiano si è tradotta in fatti.
Anche nella lista Ciurlia nomi quasi del tutto nuovi. Anche qui giovani e meno giovani, professionisti ed elementi di rilievo espressione della compagine carmianese, come da tradizione. Rappresentate però non solo le anime sociali di Carmiano e Melendugno, presenti anche soci di altri comuni, Lecce compresa.
Tra i nomi in lista Marco Sellani, nipote di Vincenzo Brancato, gup ricusato dal pm proprio nel processo Bcc, e Sandro De Bartolomeis, commercialista e fratello di Sergio, magistrato a Lecce.
Le operazioni di voto seguiranno la presentazione dell’ultimo bilancio, attorno al quale cresce l’attesa della curiosità. Occorre verificare se e quanto l’inchiesta in corso abbia ancora avuto peso sulle entrate di Bcc, salvo il contraltare da eventuale vendita di titoli.
Quell’inchiesta, del resto, continua a incidere a 360°, anche sulla comunità.
Il piccolo istituto di credito deve comunque guardare avanti, alla ripresa, salvare lo spirito che ne animò la nascita, i profili occupazionali e le aspettative dei soci.
Siamo davanti forse all’unico caso di presenza di due diversi crediti cooperativi in un capoluogo di provincia: a Lecce infatti, Terra d’Otranto era l’unica Bcc fino a poco più di un anno fa, adesso invece ha aperto la sua filiale anche Bcc Leverano (prima in classifica su territorio nazionale): fondamentale quindi lavorare per preservare identità e rimanere in piedi.
L’occhio delle forze dell’ordine inoltre è sempre vigile, anche perché l’inchiesta sulle elezioni del 2014 ha portato un effetto domino culminato nell’insediamento di una commissione di accesso in Comune di Carmiano, per verificare la sussistenza di presupposti per lo scioglimento per mafia dell’Ente. Tra la documentazione al vaglio dei commissari, anche l’informativa del Ros che collega Bcc e Comune in quegli anni.
Sotto la lente dell’autorità, pertanto, anche i nomi che compongono le liste per il rinnovo del cda della banca, al fine di verificare possibili e presunte vicinanze e/o collegamenti con personaggi opachi.
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