Aula 21, “Come parole al vento”
Quest’anno l’aula 21 è dedicata a tutti quei giornalisti che non solo non hanno mai scritto quello che non pensavano, ma hanno saputo scrivere anche quello che, secondo lo spirito di sopravvivenza, il “conatus” spinoziano, non avrebbero dovuto e potuto scrivere. Hanno scelto consapevolmente la via del rischio, del “non si torna indietro”: hanno scelto, secondo me, di vivere come uomini onesti; non di sopravvivere come “uomini abbozzo”.
Non si tratta di superuomini, come spesso vengono descritti quando c’è da ricordarli. Sono uomini: noi tutti siamo ormai talmente abituati a vivere nell’indifferenza, nell’inautenticità, che quando ci troviamo di fronte a certe personalità, la nostra mente straniata ragiona paragonandoli ad eroi.
Sono convinta del fatto che loro stessi non amerebbero essere definiti eroi. Hanno “semplicemente” fatto quello che era giusto: hanno scelto la via della giustizia e dell’onestà. Ma sono stati ripagati con l’omicidio e l’omertà. Perché?
Perché il mondo di oggi spesso sembra lavori al contrario: li ignora o addirittura li condanna mentre sono ancora in vita, li celebra come “eroi” quando sono nella tomba.
Se poi si parla di vittime delle mafie, come in questo caso, non c’è da stupirsi se i loro nomi restano per molto tempo nel limbo dell’indifferenza e della dimenticanza (forzata)…
“Come parole al vento” è un messaggio, un messaggio che noi lasciamo nelle mani del visitatore, perché possa interpretarlo.
Le chiavi di lettura possono essere molteplici; ma quelle che più mi colpiscono sono due: le storie delle persone che sono racchiuse in quella stanza, sono storie di volontà, sacrificio, consapevolezza e di denuncia, che tuttavia, con il loro brusco interrompersi hanno come lasciato un vuoto. Un vuoto che si concretizza nella sconfitta, nella frustrazione: nel pensiero di aver sprecato tante “parole al vento”.
C’è però un’altra interpretazione che preferisco decisamente di più. Perché riguarda la speranza: come il vento trasporta le sementi lontano, disperdendole e diffondendole in nuovi terreni, così le parole possono depositarsi, grazie all’informazione stessa, nelle coscienze delle persone.
Ci sarà chi le lascia scivolare via, ci sarà chi perderà presto interesse per loro, ma ci sarà anche chi, con i mezzi a sua disposizione, deciderà di non lasciare che quelle parole vadano perse per sempre. Sono questi gli uomini e le donne “testimoni”, capaci di prendersi la responsabilità delle proprie azioni e condividerle con il mondo.
Un’aula per raccontare nove storie. Un’aula per far fiorire nel visitatore il germe della riflessione e della testimonianza…perché quel germe diventi piantina bisogna prendersene cura, farsene carico con responsabilità.
Torniamo ancora una volta al tema della testimonianza. Una testimonianza convinta, e consapevole. Perché di testimonianze campate in aria, siamo stanchi: di quelle dette senza riflettere, di quelle dette semplicemente per mettersi in luce, è piena l’aria.
La testimonianza portata senza riscontro, è ancora peggio del disinteresse; dà una speranza, subito dopo frustrata.
Spesso il giornalismo è un vettore di disinformazione, o di un genere di informazione dettato semplicemente dalla ricerca dello scoop o del dettaglio “macabro”, mi verrebbe da dire; ce l’ha raccontato molto bene Paola Regeni, quando alcuni di noi sono andati a trovarla. Non posso nasconderlo, sebbene ritenga il giornalismo una delle attività lavorative più affascinanti.
È per questo che considero l’aula 21 un punto di “ri-partenza” (e di riferimento) per un giornalismo vero e autentico.
Sempre in relazione ai temi sottesi al progetto dell’ aula 21 sarà fonte di ulteriori, interessanti riflessioni l’incontro serale “Uomini di parole”, con la testimonianza di Sandro Ruotolo. Ma questa è un’altra storia, per cui ci sarebbero da scrivere ancora pagine e pagine. Tuttavia io credo che “vivere” queste storie sia un’esperienza decisamente più incisiva del sentirle raccontare.
“Non ho potuto sempre dire tutto quello che volevo, ma non ho mai scritto quello che non pensavo”
Indro Montanelli
“Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere”.
Gaetano Salvemini
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