Lotta alla droga, facciamo il punto
Nel mese di febbraio scorso le forze di polizia e le dogane hanno sequestrato su tutto il territorio nazionale 3.231,95kg di stupefacenti (dato, provvisorio, elaborato dalla DCSA il 13 marzo scorso) che, sommati ai 6.517,92kg di gennaio, toccano quasi le 10 tonnellate solo nei primi due mesi del 2019. Quantitativi intercettati che aiutano a comprendere le stime di quelli, notevoli, che vengono quotidianamente commercializzati dalle varie organizzazioni e gruppi criminali che si sono spartiti i territori e che vengono spacciati dalla bassa manovalanza, in prevalenza di stranieri.
E a proposito di questi ultimi va sottolineato che la media mensile dei denunciati si mantiene sopra le mille unità (1.112° gennaio, 1.096 a febbraio), con la particolarità che a Napoli e provincia non si concede spazio agli stranieri spacciatori. In effetti, i dati DCSA indicano che su 294 persone denunciate all’a.g. nel 2019 nel napoletano, soltanto 22 sono stati gli stranieri. Insomma, le piazze vicoli napoletani sono saldamente nelle mani di giovani e giovanissimi organizzati in bande e affiliati alla camorra.
Anche la “piazza” frusinate meriterebbe, sul punto, qualche approfondimento atteso che gli stranieri non sono molto tollerati come spacciatori (su 50 denunciati nei primi due mesi del 2019, solo 3 gli stranieri). “Piazze di spaccio” che, invece, in gran parte delle città italiane, sono controllate dagli stranieri se si pensa a Torino dove, nel solo mese di febbraio, su 80 denunciati ben 60 sono risultati stranieri, a Milano su 245 denunciati 168 gli stranieri, a Roma 159 stranieri su 357, a Genova 36 stranieri su 81, a Perugia 29 stranieri su 34 e a Firenze 20 stranieri su 26.
In tema di sequestri mensili di cocaina, la “piccola” provincia di Viterbo, con 45kg ha rilevato il quantitativo maggiore sul totale di nazionale di 150kg, seguita da Roma con 43kg, Milano con 13kg. Apprezzabili anche i sequestri a Varese con 9,731kg, a Latina con 4,845kg e a Trapani con 3,185kg. Soltanto 28,636 i chilogrammi di eroina sequestrati, per lo più a Roma (10,082kg), Milano (3,331kg), Venezia (3,547kg) e Torino (2,166kg), con le piazze dello spaccio di questa droga quasi interamente controllate dai nigeriani. Nel mese di febbraio, tra tutte le province, solo ad Aosta, Enna e Rieti non sono stati effettuati sequestri di stupefacenti mentre a Napoli è stato scoperto il maggior quantitativo di piante di cannabis (325) sul totale nazionale di 937.
In due mesi le forze di polizia hanno arrestato in flagranza di reato (traffico/spaccio) 3.761 persone (una media di 62 al giorno) mentre altre 1.538 sono state quelle denunciate all’a.g. in stato di libertà o di irreperibilità (una media giornaliera di 26). In sostanza, ogni giorno di questo scorcio di 2019, mediamente, 88 persone (il 40% circa di stranieri) sono state denunciate per delitti collegati alle droghe.
Un impegno notevole di uomini e mezzi delle forze di polizia per un fenomeno criminale che non si potrà mai risolvere con la repressione, pure necessaria (con leggi adeguate) se non verrà attivato un fronte compatto sul piano della prevenzione che, ad oggi, viene ancora fatta a parole e non con quella passione che si richiede.
Le modifiche legislative proposte contro lo spaccio
Il disegno di legge presentato, giorni fa, da due senatori della Lega per modificare alcune norme del codice di procedura penale e del testo unico sugli stupefacenti, merita attenzione perché l’obiettivo è quello, tante volte auspicato dai cittadini e dalle forze di polizia, di contrastare più efficacemente lo spaccio di stupefacenti. Attività, quest’ultima, che viene praticata in strada, da molti anni, da una manovalanza in gran parte di stranieri e che, di norma, ricade nella fattispecie di reato di lieve entità di cui all’art.73 comma 5 del dpr 309/90, come modificato dal decreto legge 146/2013.
In genere, infatti, gli spacciatori portano con sé modeste quantità di droghe da consegnare ai singoli acquirenti. Questa “ipotesi lieve” di condotta illecita viene, nel disegno di legge in questione, sanzionata aumentando i minimi e i massimi edittali fino a tre e a sei anni, prevedendo, con la modifica anche all’art.380 del cpp, l’arresto obbligatorio della polizia giudiziaria nella flagranza di reato. L’inasprimento sanzionatorio comporterebbe anche la possibilità di applicazione di adeguate misure cautelari coercitive (la custodia in carcere ex art.285 cpp) che attualmente sono applicabili a quei delitti “per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni” (art.287 cpp).
All’annuncio della presentazione del disegno di legge fatta dallo stesso Ministro dell’Interno, non sono mancate polemiche politiche, collegate anche al sovraffollamento delle carceri (argomento che sentiamo ripetere da decenni) che, così, si aggraverebbe. Da alcuni è stato ripreso l’antico discorso sulla legalizzazione delle droghe (pensando, ingenuamente, di risolvere un problema dalle tante sfaccettature e implicazioni di varia natura) e sulla “guerra persa” contro i trafficanti.
Non c’è dubbio, tuttavia, che il consumo degli stupefacenti sia diventato un serissimo problema per la salute umana, per i tanti giovani e giovanissimi che ne stanno facendo uso (talvolta essi stessi spacciatori), per la sicurezza pubblica a causa di una criminalità, organizzata e di strada, talvolta anche violenta, che con il traffico/spaccio realizza ingenti profitti parte dei quali vengono riciclati andando ad inquinare l’economia legale. Con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti come ci ricordano, ogni giorno, le tante operazioni antidroga delle forze di polizia, che hanno portato a considerevoli sequestri e confische di beni mobili e immobili provenienti dal riciclaggio dei profitti del narcotraffico.
C’è, poi, un altro aspetto, non secondario, da prendere in considerazione e sul quale, più volte, ho avuto occasione di scrivere. E cioè che lo spaccio nelle strade e nelle piazze italiane è gestito quasi interamente da stranieri, a volte “irregolari” sul territorio nazionale, altre volte, più spesso, con tanto di permesso di soggiorno rilasciato per motivi di protezione internazionale o in attesa di riconoscimento dello status di rifugiato. Una percentuale di stranieri, sul totale annuale delle persone denunciate all’a.g. che si è aggirata, negli ultimi anni, mediamente intorno al 40% , ma che, in alcune città, in particolare del nord Italia, ha raggiunto e superato anche il 60% ed oltre.
Non può non destare preoccupazione il fatto che nel 2017 – secondo dati consolidati nelle relazione annuale della DCSA – su 33.049 persone denunciate per traffico/spaccio ben 13.966 siano stati stranieri (300 minorenni) e di questi la componente maggioritaria sia stata quella marocchina (3.011) seguita da quella albanese (1.954), nigeriana (1.689), tunisina (1.341) e gambiana (1.259).
Nei confronti dei minispacciatori non può continuare ad esserci questa tolleranza e, quindi, una modifica legislativa che possa “neutralizzare” chi commette tali delitti è necessaria. Certo se anche nel campo della prevenzione (primaria e secondaria) si adottasse qualche forte, analoga iniziativa governativa, saremmo tutti più tranquilli.
Minori e spaccio
Negli ultimi cinque anni i minorenni denunciati dalle forze di polizia all’a.g. per spaccio di stupefacenti sono andati aumentando passando dai 1.066 del 2014 ai 1.334 del 2017 secondo dati contenuti nelle relazioni annuali della DCSA. I dati del 2018 ancora ufficiosi e non consolidati, in fase di elaborazione per la redazione del rapporto della DCSA (sarà pubblicato a metà anno), confermano il trend in aumento.
Sono aumentati anche i giovani infraquindicenni coinvolti nello spaccio passati dai 44 del 2014 ai 54 del 2017. Ancor più rilevante la forbice che si rileva dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni denunciati per spaccio, passati dai 2.976 del 2014 ai 3.852 del 2017 (sul totale di 35.190 persone denunciate), con un distribuzione sul territorio nazionale maggiore nel nord (1.670), seguita dal sud e isole (1.144) e dal centro (1.038). Nel 2018, i minori denunciati sono stati 1.149 (dato provvisorio) e 212 quelli nei primi due mesi del 2019.
Se, dunque, il consumo di droghe da parte dei giovani è diventato un serio problema come ci ricordano i rapporti annuali di importanti istituzioni nazionali come il Dipartimento delle Politiche Antidroga (DAP), europee come l’Osservatorio delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) e mondiali come il World Drug Report dell’UNODC, anche lo spaccio da parte dei giovani (e giovanissimi) ha assunto aspetti molto preoccupanti.
Uno degli ultimi episodi in ordine di tempo è di qualche giorno fa, a Torino, dove i poliziotti hanno denunciato un pusher di 15 anni, senegalese, recidivo, dopo che aveva ceduto alcune dosi di crack ad un uomo. Ma non è purtroppo, soltanto lo spaccio di stupefacenti che vede coinvolti sempre di più i giovani. Ci sono segnali ancor più allarmanti di devianza giovanile come si rileva dagli ultimissimi episodi di cronaca di Roma e di Ragusa. Nella capitale la polizia ha arrestato due romeni e due egiziani, tutti quindicenni, indagati per una quarantina di episodi di estorsioni, rapine, minacce e furti commessi nell’arco di cinque mesi ad Acilia e nella zona dell’Eur. In Sicilia, invece, un diciassettenne marocchino è stato arrestato dalla squadra mobile dopo aver collezionato diverse estorsioni, furti e rapine in danno di giovani e giovanissimi.
Molteplici le cause di questa violenza giovanile e tra queste, quasi certamente, il contesto familiare problematico, la mancanza di opportunità educative, una cultura della violenza diffusa nello stesso ambito familiare, la esclusione dal sistema educativo formale. Giovani, spesso, figli di migranti, giunti in Italia per ricongiungersi con i genitori che inseriti in un contesto sociale nuovo in cui si sentono emarginati e con evidenti difficoltà di inserimento, isolati culturalmente, non trovano altra possibilità di affermazione se non nella forza del gruppo etnico o nella pratica della violenza.
Torna, allora, ad essere fondamentale il tema che l’aumento della criminalità e della devianza giovanile va affrontato di pari passo con una politica ed una prassi di reale integrazione dei migranti e delle seconde generazioni. Il vero problema, alla fine, continua ad essere “quell’assenza di diritti fondamentali che genera insicurezza e sofferenza per gli immigrati, con conseguenze su noi stessi” come rimarcava Franco Bentivogli nel Dossier Caritas/Migrantes di nove anni fa.
Tema sul quale, da anni, la politica in generale continua a fare “le orecchie da mercante” salvo diventare superattiva e puntigliosa quando si parla di espulsioni e rimpatri di stranieri irregolari.
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