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AAA Cercasi sicurezza pubblica

Piero Innocenti il . SIcurezza

videosorveglianza-750x400Nel 1994 andai a vivere con la mia famiglia a Bogotà (Colombia), iniziando così la “missione”, quadriennale, come funzionario di polizia, esperto antidroga della DCSA, accreditato presso l’ambasciata italiana.

Ero già stato, nei due anni prima, nella capitale colombiana, per altri servizi di breve durata ma quando, da “residente”, ebbi la possibilità di girare più a lungo per le strade bogotane, quelle di Cali e di Medellin, ebbi più chiara la situazione di insicurezza che si viveva da quelle parti. Non solo pattuglioni e frequenti posti di blocco dell’esercito e della polizia nazionale, ma robuste grate in ferro e porte blindate in molte case della capitale e, soprattutto per i benestanti, vigilanti (celadores), armati di fucile che stazionavano all’esterno, talvolta all’interno, delle case.

Io stesso, all’inizio, mi assicurai questo tipo di servizio. Rapine e furti nelle abitazioni, in effetti, nella zona “ricca” di Bogotà erano frequenti, come ebbi modo di constatare personalmente (tre furti e una rapina in casa nel periodo di permanenza), ma se si veniva “pizzicati” dalla polizia si restava in carcere.

In Italia ho avuto meno esperienze dirette, come vittima, di questo tipo ma la situazione generale di insicurezza, dovuta alla frequenza di reati predatori che si può rilevare in molte città, è davvero sconcertante.

Come lo sono, a mio avviso, i “consigli antiladri” che continuano ad esser dati da autorità locali, esponenti istituzionali, qualche volta da presunti esperti del settore, di blindare le case, di impiantare teleallarmi, di intensificare la videosorveglianza (come se con questo si potesse prevenire la commissione di tali delitti), di “fare comunità” (concetto da approfondire), di fare “accordi di vicinato” e costituire gruppi di vedette per annotare e segnalare persone e veicoli sospetti alle forze di polizia e a quelle locali.

Si fa un gran parlare di tutto e, talvolta, con un tono apodittico che lascia perplessi, come pure taluni politici che sostengono di ritenere necessario ampliare la sfera di applicabilità della legittima difesa in casa per “risolvere alla radice il fenomeno”.

Una sorta di licenza di sparare a chiunque sia trovato nella propria abitazione o pertinenza, mentre sentiamo poche voci sulla necessità, questa sì reale, di aumentare con stanziamenti adeguati e velocemente, il personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri. Sono queste le due istituzioni ancora salde che possono, con leggi adeguate, restituire tranquillità alla gente.

Ai cittadini che continuano a vivere nell’ansia e nella paura quando, in un anno, subiscono cinquemila furti in abitazioni (Firenze, 2018); quando vengono rapinati in casa e minacciati con un punteruolo (San Casciano, febbraio 2019); quando subiscono quindici scorribande nelle loro case in pochi giorni (frazioni di Imperia, febbraio 2019).

Insomma, vorremmo che la stessa determinazione e puntigliosità con cui è stata affrontata la situazione delle migrazioni via mare (anche con alcune misure non condivisibili) la si avesse piuttosto verso una criminalità predatoria che continua ad imperversare in diverse zone del nostro Paese.

Inutile che ci vengano a raccontare che le statistiche sulla delittuosità evidenziano un calo dei delitti negli ultimi tre anni, perché, in realtà, come ho avuto modo di scrivere più volte, molti cittadini non vanno più a denunciare nella convinzione (non condivisibile, ma comprensibile) che serva a ben poco.

Bisognerebbe, poi, pensare meno alle misure alternative e a provvedimenti svuota carceri,  facendo in modo che i ladri restino più a lungo in carcere – come avviene in molti altri Paesi dell’UE ed extraeuropei – e non solo per qualche giorno o qualche ora, magari nelle camere di sicurezza, per essere rimessi in libertà subito dopo la “convalida dell’arresto” da parte del giudice per le indagini preliminari.

La sicurezza parte dalle case e dalle strade

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