Le droghe e la ricerca dello sballo
La ricerca del piacere, del benessere ha accompagnato, da sempre, la storia dell’uomo, che, nel consumo di droghe, ha trovato anche effetti euforizzanti per affrontare una quotidianità spesso non entusiasmante.
L’uso voluttuario delle sostanze psicoattive risale al Paleolitico con l’Homo sapiens che ricercava le “erbe” che gli consentissero di ottenere uno stato di rilassamento e di benessere, tenuto conto delle condizioni ambientali particolarmente ostili in cui viveva. Le molteplici esigenze religiose, terapeutiche, ricreative delle antiche comunità venivano, poi, soddisfatte dagli stregoni (sciamani) grazie alla loro conoscenza delle piante. In questo modo, peraltro, lo sciamano, prescrivendo ai membri di quelle comunità, sostanze che, ingerite o inalate, producevano particolari stati inebrianti, euforici, forniva una prova concreta del suo potere ma anche delle proprietà magiche di quelle piante.
A partire dalla cannabis che, nell’antica India, veniva presentata dai sacerdoti come una pianta divina, proveniente dalla trasformazione di un pelo di Visnù e, quindi, fonte di vita e felicità. “Pianta della gioia”, invece, il termine con cui ci si riferiva al papavero da oppio (la cosiddetta pianta di Demetra) inciso su alcune tavole sumeriche risalenti addirittura a 4mila anni avanti Cristo. Cannabis e papavero sono elencati nel codice di Hammurabi per finalità mediche, come decotti, fumigazioni, supposte, ovuli.
La storia delle droghe, poi, si è andata demonizzando almeno da un secolo a questa parte, con il commercio illecito gestito dalla criminalità, con la violenza che lo contraddistingue e con un consumo di droghe, tradizionali e sintetiche, sempre più accentuato, in ogni angolo del pianeta con tutti i gravi problemi di salute pubblica. E anche laddove non arrivassero queste droghe, ci sono decine, centinaia di altre sostanze psicoattive utilizzate, a costi zero, in molte comunità.
Un uso inebriante e sciamanico, per esempio, si rileva con l’Amanita muscaria, un fungo allucinogeno ( nota anche come cappero allucinogeno) ancora diffuso in alcune comunità della Siberia. Nel bacino dell’Orinoco e in Colombia, alcuni gruppi di indios usano i semi della Anadenanthera peregrina, pianta appartenente alla famiglia delle Leguminosae, per ricavarne un potente allucinogeno (cohoba) che viene inalato. E’ originaria della Colombia anche la Datura auera, una pianta della famiglia delle Solanaceae avente proprietà allucinogene (pare venisse utilizzata per stordire schiavi e mogli dei capi morti che dovevano essere sepolti vivi con il defunto!). In gran parte del foresta amazzonica viene usata l’Ayahuasca, un’infusione psicotropa prodotta da una liana del genere Banisteriopsis, il cui tronco contiene alcuni alcaloidi ( harmina e armalina) e da una seconda pianta (Psycotria viridis) che, bollite insieme per molte ore, producono un liquido amaro che viene consumato per gli effetti psicoattivi procurati (in genere di breve durata). In Africa occidentale, dalla corteccia del fusto della pianta Corynanthe yohimbe, si estrae la yohimbina, un alcaloide con proprietà afrodisiache e leggermente allucinogene. In California, Arizona e Messico viene consumata la datura stramonium ( una pianta velenosa detta anche erba del diavolo o delle streghe) i cui semi o la radice vengono ridotti in poltiglia e ingeriti con qualche bevanda.
Appartengono sempre alla famiglia delle Solanaceae la Datura metel, nota anche come Noce Metella: la si trova in Calabria, Sicilia e Sardegna ed ha effetti allucinogeni, gli stessi della Datura inoxia, pianta messicana usata per le proprietà narcotiche sprigionate dal suo alcaloide, l’iscioamina che veniva assunto dagli stregoni atzechi per diagnosticare più facilmente le malattie.
Un mondo, alla fine, che continua ad essere straordinariamente “stupefacente” perché l’uomo vuole star bene e pensa, sbagliando, di raggiungere questo stato drogandosi, cosa che continuerebbe a fare con le erbe, anche se scomparissero, per assurdo, cocaina, eroina e tutte le droghe sintetiche in circolazione.
Lo “sballo” con le droghe vegetali
I botanici stimano che sul nostro pianeta che vi siano almeno cinquemila piante allucinogene anche se solo un numero ridotto, circa centocinquanta specie, vengono utilizzate per le loro sostanze psicoattive e solo quattro sono commerciate a livello mondiale (canapa, coca, oppio, tabacco). Quelli che non intendono rinunciare ad uno stato alterato della coscienza ma che non vogliono raggiungerlo con le droghe tradizionali o sintetiche, cercano quelle vegetali, naturali, ritenendo così di non avere effetti dannosi collaterali. In realtà le cose non stanno proprio così e “naturale” non è detto che sia “sano”.
Qualche notizia su queste droghe può aiutarci a comprendere meglio di cosa parliamo a cominciare da alcune piante, come la Cola acuminata, una sempreverde che si trova nelle foreste tropicali dell’Africa occidentale, le cui noci fresche vengono masticate dalle popolazioni locali per ottenere un effetto energetico ed eccitante. Con gli estratti di questa sostanza viene aromatizzata anche la famosa bevanda della coca cola. Nelle foglie e nei germogli della Catha edulis, un arbusto che cresce nelle zone montuose dell’Africa occidentale e dell’Arabia, sono presenti i due alcaloidi di catina e catinone. Il khat viene particolarmente consumato dalle popolazioni indigene etiopi, somale e yemenite. In particolare, in quest’ultimo paese, si calcola che le foglie dell’arbusto siano consumate, quotidianamente, da circa nove milioni di yemeniti (sul totale di circa 24milioni di abitanti) e rappresenti la maggiore voce della economia, dopo il petrolio.
In Italia, nel solo mese di gennaio scorso, le forze di polizia hanno sequestrato poco meno di 4kg di khat destinato al consumo delle suindicate comunità ormai stanziali nel nostro paese. Quantità di khat che raggiungono valori anche piuttosto consistenti (diverse centinaia di chilogrammi) alla fine di ogni anno come testimoniato dalle statistiche degli ultimi anni redatte dalla DCSA. Tra le varie specie di Datura (stramonium, aurea,inoxia) va segnalata la metel, pianta sudamericana che si trova anche dalle nostre parti (in Calabria, Sicilia e Sardegna), chiamata anche Noce metella, con effetti allucinogeni e la Datura cerutocaula (detta anche toma loco, l’erba che rende pazzi) per le sue proprietà narcotiche prodotte dal suo alcaloide, l’iscioamina.
Le tribù che vivono in Amazzonia e nelle zone dell’Orinoco consumano l’Epenà, una polvere allucinogena ricavata dalla corteccia di alcune specie di Virola. Semi e corteccia vengono seccati al fuoco, tritati con le mani e impastati con la cenere. Il “prodotto” viene conservato nelle foglie e, successivamente, ridotto in polvere finissima che viene aspirata utilizzando una sottile canna di bambù. L’uso rituale di Epenà è particolarmente diffuso ed ha effetti allucinogeni immediati. Gli stessi effetti che produce il Psilocybe cubensis, un fungo allucinogeno (contiene psilocibina e psilocina) che cresce sullo sterco di numerosi quadrupedi ed ha spiccate proprietà allucinogene, le stesse del Psilocybe semilanceata che però non cresce sul letame, è diffuso in Europa e contiene i due alcaloidi suddetti. In Italia cresce copiosamente lungo tutto l’arco alpino e dell’appennino tosco emiliano a quote tra i mille e i duemila metri. Negli anni Sessanta fu il fungo più utilizzato dagli Hippy.
Gli indios del Brasile fumano le foglie secche e i boccioli dei fiori della Zormia latifolia, una pianta della famiglia Fabaceae che si trova in Sud America, ha proprietà allucinogene ed è conosciuta anche come maconha brava. Sempre in questa parte del mondo si trova la Psycotria ipecacuana, pianta dalle cui radici e corteccia si ottengono bevande allucinogene a base di triptamina ed emetina.
La ricerca dello”sballo” con queste droghe e rituali antichissimi continuano ad accompagnare, da millenni, l’uomo con le sue inquietudini e paure.
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