La sicurezza parte dalle case e dalle strade
La tutela della sicurezza pubblica non deve riguardare soltanto la frontiera marittima (per il controllo dell’immigrazione clandestina) ma anche e soprattutto quella terrestre, interna, nelle città, nei paesi, nelle strade, nelle case.
Un problema questo della sicurezza collettiva divenuto, con il passar degli anni e con le disattenzioni e sottovalutazioni di chi si è alternato al Governo, sempre più preoccupante e drammatico tanto da indurre i cittadini a costituire gruppi di vicinato, di sentinelle per il controllo del territorio (funzione di prevenzione che compete, come detto più volte, allo Stato).
E tutto questo è avvenuto lasciando la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri con gli organici di trent’anni fa che si sono assottigliati progressivamente anche per i pensionamenti, e con funzioni e compiti che, nel frattempo, sono aumentati. Certo le due forze di polizia a competenza generale fanno di tutto per fronteggiare una criminalità sempre più spavalda e arrogante anche per leggi penali inadeguate e per un sistema carcerario gravemente insufficiente (a fine gennaio sono circa 60mila i detenuti a fronte di una capacità ricettiva massima delle carceri di circa 50mila posti).
E, lo diciamo molto chiaramente, provvedimenti cautelari dell’a.g. diversi dalla custodia in carcere (arresti domiciliari, obbligo di dimora, di firma ecc..) o dell’autorità di p.s. (fogli di via, avvisi orali, ordine di allontanamento ecc..) sono misure che servono a poco.
Nel frattempo, negli ultimi giorni di gennaio, il Paese è stato interessato da scorribande di ladri che hanno saccheggiato centinaia di abitazioni, spesso anche con violenza alle persone.
A cominciare da Perugia con “i ladri scatenati, umbri sotto assedio – nella regione un furto ogni mezz’ora” (La Nazione, Umbria, 30 gennaio); a Firenze dove “sulle colline di Careggi non si dorme più per i troppi furti” (Corriere Fiorentino, 29 gennaio); a Sanremo che vive “l’incubo delle bande dei saccheggi” (La Stampa, Imperia, 29 gennaio); a Siena dove il Procutarore della Repubblica parla di “aumento notevole dei furti nelle case” (La Nazione, Siena, 27 gennaio); a Grosseto con “i furti nelle abitazioni in crescita” (La Nazione, 27 gennaio); ad Arezzo “incubo furti-boom dei furti in casa” (La Nazione. 27 gennaio).
E ancora, a Ravenna dove all’inaugurazione dell’anno giudiziario si è fatto rilevare “un forte aumento delle denunce contro ignoti per case svaligiate” (Il Resto del Carlino, 27 gennaio); a Reggio Emilia con l’aumento, in un anno, del 1.219% di furti nelle case (Il Resto del Carlino, 27 gennaio). Ma non è finita.
A Modena “boom di furti in casa” con un più 569% rispetto all’anno prima (Gazzetta di Modena, 27 gennaio); in Trentino Alto Adige “allarme furti in regione” (Corriere del Trentino, 27 gennaio); a Milano con “i furti in appartamento aumentati di 5 volte” (Il Giornale, 27 gennaio); a Terni dove “solo in un anno quasi mille furti in casa”(Il Messaggero, cronaca Umbria, 23 gennaio); a Città di Castello con “ladri e vandali” che scorrazzano.
Non sono mancati, poi, episodi ancora più sconcertanti, per l’età delle vittime, come a Firenze dove una novantenne è stata scippata della borsa e trascinata a terra (23 gennaio), a Lucca dove una signora di ottantasei anni è stata derubata in Chiesa mentre attendeva di confessarsi, a Roma dove una giovane ragazza si è rinchiusa nell’armadio con i ladri in casa.
Con un finale del mese che ha visto un attempato signore di 84 anni, con una sfilza di precedenti in materia, borseggiare una coetanea nel mercato di Chieri (Torino).
Continuando di questo passo, con leggi inadeguate e con probabilità di impunità sempre più alte, il nostro Paese continuerà ad essere “tra i paesi democratici quello più appetibile per i criminali” (in questo senso la Relazione conclusiva della Commissione parlamentare Antimafia del febbraio 2018).
Fino a quando?
Furti in appartamento: i georgiani sono maestri
Sul piano della sicurezza, che è l’elemento basilare di una comunità, siamo il Paese dove c’è spazio per tutti quelli che vogliano delinquere tant’è che siamo meta privilegiata di gruppi itineranti di albanesi, romeni, ucraini, georgiani, che vengono a saccheggiare le nostre abitazioni per rientrare, poi, nei loro Paesi a piazzare la refurtiva.
Viviamo in un Paese il cui Pil, in base alle regole europee del 2014, include il valore economico di alcune attività delinquenziali (il narcotraffico, la prostituzione, il contrabbando di sigarette, basate su transazioni consensuali) con il “..paradossale effetto di dover considerare, ad esempio, un sequestro di droga effettuato dalle forze di polizia, di fatto, come se fosse un atto contro l’economia nazionale” (cfr. la relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia del febbraio 2018).
E così viviamo la straordinaria situazione di un Paese in cui i cittadini sono costretti a “barricarsi” in auto o a girare armati per scampare alle azioni di una banda di ladri che in una serata effettua ben dodici colpi in abitazioni (Ancona, 15 febbraio) o a fare “ronde” contro i furti nelle case (Terni e Mestre, 15 febbraio).
In quest’ultima città, poi, diversi indizi portano ad una “batteria” di georgiani, considerati veri “maestri” dei furti nelle case. Sulla presenza di gruppi di matrice georgiana e sulla loro “alta specializzazione nei furti in appartamento”, già da alcuni anni la stessa DIA aveva avuto modo di richiamare l’attenzione.
Anche l’ultima relazione relativa al primo semestre del 2018 e presentata al Parlamento dal Ministro dell’Interno alcuni giorni fa, nel contesto della “criminalità proveniente dai Paesi ex Urss”, una pagina intera è riservata ai georgiani (nelle passate relazioni solo una o due righe) per sottolineare “la spiccata specializzazione (..) nei furti in appartamento”, attività che – ed è questo il punto sconcertante – è privilegiata solo nel nostro territorio mentre altrove, in altri Paesi, si dedicano al riciclaggio, al traffico di stupefacenti, all’uso di documenti falsi.
Insomma, da noi i ladri georgiani vengono volentieri a svaligiare le case evidentemente per la facilità con cui si possono compiere tali attività e per l’elevato grado di impunità che si rileva.
I georgiani fanno parte di quelle organizzazioni di carattere etnico strutturati in clan come le altre etnie che gravitano nella regione del Caucaso, tra cui gli azeri, i daghestani, i ceceni, gli ingusci e gli osseti. Ognuno con le su specializzazioni criminali (gli azeri dominano il mercato dell’ortofrutta con modalità simili alla camorra, i daghestani gestiscono il racket del piccolo commercio, gli osseti si evidenziano nelle rapine).
Dall’analisi delle attività di polizia giudiziaria svoltesi nel corso del 2018 emerge, è sempre la DIA ad evidenziarlo, “una capacità di movimento dei criminali georgiani in grado di trovare diretti punti di riferimento nelle aree da colpire, non solo per il supporto logistico, ma anche per collaborazioni volte all’individuazione degli obiettivi”.
Qualche volta, però, queste collaborazioni non sono particolarmente positive come è capitato, ad agosto scorso, nella scelta dell’appartamento milanese da svaligiare dei genitori del Ministro dell’Interno. I cinque georgiani, inutile dirlo, sono stati tutti arrestati pochi giorni dopo grazie alla serrata indagine della polizia di stato. Anche in questa occasione per entrare in casa (attività, in genere, preceduta da accurati sopralluoghi) era stata utilizzata la tecnica del lockpicking che consiste nell’aprire le serrature delle porte, anche blindate, senza effrazioni e forzature, utilizzando grimaldelli o semplici copie di chiavi alterate.
I clan operativi in Italia sono risultati, in genere, di provenienza dalla capitale Tiblisi e dalle due città di Kutaisi e Rustavi. Eventuali controversie tra soggetti appartenenti a cellule diverse vengono risolti con l’intervento di connazionali maggiormente carismatici presenti in Italia o all’estero.
Sarà bene tenere alta l’attenzione su questi gruppi criminali considerati, talvolta, anche “una diramazione della c.d. mafia georgiana”.
A quando una direttiva “case sicure”?
Nei mesi finali del 2018, il Ministro dell’Interno, con due direttive inviate a tutti i Prefetti, ha sollecitato la loro funzione coordina mentale delle forze di polizia territoriali (incluse quelle locali) prevista dalla legge 121/1981, per realizzare due obiettivi importanti in tema di sicurezza dei cittadini: “scuole e piazze sicure”, libere, cioè, dagli spacciatori.
In effetti, lo spaccio di sostanze stupefacenti è diventata una vera piaga sociale e, anche se resto convinto di come sia più urgente una diffusa e reale prevenzione primaria del fenomeno, va detto che si è registrato in questi due mesi del 2019, un sensibile aumento delle operazioni antidroga, diverse effettuate in prossimità delle scuole, con il conseguente aumento di persone denunciate all’ag. per spaccio e di altre, molti giovani, segnalate quali consumatori alla Prefettura competente per territorio.
Un segnale di attenzione che, tuttavia, dura poco perché gli spacciatori tornano presto liberi nelle piazze o, se in regime di detenzione domiciliare, continuano nella loro attività delinquenziale.
Quando si rivedranno le leggi per renderle più efficaci e si costruiranno carceri per ospitare chi delinque, senza rinvii o blande misure cautelari, il problema diventerà meno assillante.
Più assillante, in tema di sicurezza, è quello relativo alle intrusioni di ladri nelle abitazioni, in molti casi si tratta di veri saccheggi, per non parlare delle violenze nei confronti dei proprietari.
E il caso, l’ultimo in ordine di tempo, della rapina in una villa a Castenaso (Bologna) dove una coppia di coniugi rientrati dopo una cena è stata legata e malmenata da tre malviventi incappucciati che cercavano la cassaforte. Non si tratta, purtroppo, di episodi isolati come evidenzia la cronaca dei quotidiani locali.
Sarebbe allora opportuno che, nelle zone maggiormente interessate a tali fatti (che ancora ci si ostina a indicare di “microcriminalità”) si lanciasse una campagna “case sicure” concentrando uomini e mezzi adeguati, sia pure per un periodo limitato, per un controllo “militarizzato” del territorio e per conseguire risultati che restituiscano un po’ di tranquillità alla gente.
Penso, ad esempio, a Potenza dove recentemente vi sarebbe stato un “vero assedio” di ladri nelle case al punto che molti cittadini hanno avuto paura di uscire di casa per non lasciarla incustodita. Per non parlare di Ancona dove, in una serata, si sono registrati ben dodici assalti nelle abitazioni da parte di quella che è stata indicata come la “banda del trapano”. Penso a Rubiera (Reggio Emilia) e a Certosa (Pavia) dove,sempre in questi ultimi giorni si sono avute numerose “visite” di ladri nelle abitazioni.
La risposta dello Stato non può essere quella della video sorveglianza, o i suggerimenti dati di aumentare le misure di sicurezza passiva delle abitazioni (grate alle finestre, porte blindate, teleallarmi), né, tantomeno, quella di fare ronde, comitati di vicinato. La sicurezza fai da te non impedisce ai ladri, divenuti sempre più spregiudicati, di entrare nelle case.
Spetta ai poliziotti e carabinieri impedire che ciò avvenga per tornare ad avere case più sicure.
La Sicurezza pubblica e il “declassamento” di molte Questure
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