Keep calm and Amunì
A 42 anni te lo puoi permettere un bilancio e guardarti indietro e pensare a quello che hai fatto. Medio termine si chiama.
E, stamattina, dopo aver visto la gente infierire con scritte e svastiche a Melegnano contro una famiglia che ha fatto dell’accoglienza la sua impostazione di vita, guardandomi indietro penso al mio amico “Amunì”.
In siciliano significa due cose: “dai vattene, togliti dai piedi” o “andiamo, insieme”.
Amunì, così lo chiamavo, mi mandava via con queste parole dalla sua bancarella dove chiedevo il prezzo di tutto. Allora, i migranti, erano solo in Sicilia. Qualunque fosse la nazionalità erano “i marocchini”.
E ricordo bene quando mio padre mi spiegò che nella sua bancarella, vendendo occhiali da sole farlocchi e orologi casio buoni a segnare l’ora due volte al giorno, lui aveva la dignità del lavoro. E fu allora che il venditore del Viale della Vittoria di Agrigento, diventò il mio amico “Amunì”.
“Amunì come va oggi?” “Piove, non passa nessuno”.
“Amunì oggi male, mi è toccato solo il cornetto, ne vuoi mezzo?”
“Amunì oggi cose nuove! Sei passato ai tappeti…”
E poi piano piano scopri che Amunì è fuggito dalla guerra, ha due lauree: una in filosofia ed una in architettura. E che l’ultima volta che è tornato al suo paese “Amunì” si è pisciato sotto, in aeroporto, per paura che il suo passaporto fosse segnalato al regime.
E a questo punto capisco che sono così e resisto da allora, resisto per e con Amunì.
Resisto di fronte alle scritte intimidatorie ad una famiglia che accoglie ed adotta un ragazzo per il semplice fatto che è un ragazzo al quale sono legati. Resisto davanti alle offese ai miei amici per il semplice colore della loro pelle. Vado avanti e resisto e lo faccio perchè probabilmente Amunì, nella sua dignità di “occhialaro” di occhiali fasulli mi ha insegnato la dignità.
Oggi non so che fine abbia fatto Amunì, ma lui per fortuna non è uno dei 117 annegati della settimana scorsa, non è neanche uno dei 170 della Diciotti, non è nemmeno uno di quelli che sono per strada perché hanno perso la protezione umanitaria.
Quanti sono?
Già perchè ormai andiamo avanti così, a numeri. Le stragi, le anime inghiottite dal mio mare meraviglioso, sono numeri. 313, 117, 20, 15 migranti…
Numeri. Solo numeri, nessun nome e nemmeno storie. Perchè l’unica storia interessante oggi è il numero, qualcuno che non molla ed Emergency che “rosica” perchè finalmente l’Italia agli italiani.
Ma chi sono questi italiani?
Gente senza cuore che gode della morte di altri esseri umani? Gente senza anima a cui non basta nemmeno l’ospitalità a casa mia? No. Preferisco pensare che siano altra cosa.
Che siano mia figlia, che si diverte nei campi con il mio cane ed un nuovo amico, un nuovo Amunì, con cui condividere la semplicità di una corsa con un cane e con lui condivide lo stupore del suo stupore di una cosa nuova, fuori dal “carcere” di un centro per migranti: aria aperta, luce, panorama e, gelidamente, libertà. Fuori dal “carcere”, lui chiede il giorno libero al lavoro per il sabato o per la domenica perchè almeno in quei giorni può vivere il suo momento bello, con la sua famiglia, in giro per i campi. A stupirsi della gelida pianura padana.
Preferisco pensare che gli italiani, quelli che vengono prima, siano quelli che si organizzano per trovare una casa a dei ragazzi in asilo politico dove prendere la residenza per poi, finalmente, avere il loro contratto.
Per me questi sono gli italiani che vengono prima. Perchè sono quelli che del loro essere italiano, hanno colto l’essenza vera. Essere italiani è essere rispettosi della Costituzione italiana, che dell’accoglienza e del supporto a chi sta peggio ne fa una delle pietre miliari.
Io resisto, da 42 anni! Come resistono gli italiani, gli europei, i cittadini del mondo. Gli esseri umani.
Resisto perchè il mio cane fa festa e scodinzola al nuovo amico venuto da lontano, lui che ha il cuore grande, lui, che a differenza di tanti, è umano. Lui che ha dentro il meglio delle caratteristiche di un essere umano. Lui che non fa differenza. Lui che non parla di IMU e di TASI e di Europa. Lui che comprende solo la differenza tra affetto e difetto. Tra cuore e dolore.
Lui capisce la differenza tra esseri umani ed “animali”. Lui si, è un italiano, i valori, lui, li ha capiti.
Resisto allora perchè lui, ad Amunì, avrebbe fatto festa perchè amico, non come chi fa la differenza per il colore della pelle e semina terrore o scrive sui muri che i negri sono da ammazzare e non ha nemmeno il coraggio di farsi vedere mentre lo fa.
Ad Amunì, uomo degno, lo avrebbero fatto affogare. Totò, il mio cane, gli avrebbe scodinzolato.
Io resisto, con Totò, con mia figlia, con mia moglie.
Noi resistiamo e, Amunì, andiamo avanti, INSIEME!
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