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Contromafiecorruzione, rotta balcanica e mafie straniere

Pierluigi Ermini il . Friuli Venezia Giulia

migranti cmcLa partecipazione all’edizione di Contromafiecorruzione, svoltasi a Trieste la scorsa settimana, è stata l’occasione per approfondire la conoscenza della Rotta Balcanica, una delle tre rotte principali utilizzate dai migranti per raggiungere l’Europa.

E’ stata anche l’occasione per capire come le mafie stiano sfruttando al meglio il business derivante dal fenomeno migratorio lungo questa rotta, un fenomeno che anziché essere governato dagli stati, viene sulla carta impedito, ma in pratica permesso e tollerato per un numero minore di profughi, favorendo la sua gestione principalmente alle mafie straniere. I flussi di persone provengono da paesi molto diversi tra di loro, dal Medio Oriente, dall’Asia e dall’Africa dando vita a un fenomeno molto complesso che diventa un’ottima opportunità di arricchimento per il crimine organizzato.

La Rotta Balcanica investe in parte anche il transito verso l’Italia attraverso i confini del Friuli Venezia Giulia. Il territorio del nord est italiano è un punto di approdo di questa rotta balcanica che inizia via mare dal Mar Egeo, dalla Turchia e dalla Grecia, e prosegue con l’attraversamento di vari confini per arrivare fino al cuore dell’Europa. 

La rotta balcanica esiste da molti anni, ma viene utilizzata in modo massiccio principalmente nel 2015. In precedenza c’era un atteggiamento di tolleranza verso i migranti da parte degli stati e delle forze dell’ordine che permetteva in modo sicuro l’attraversamento di tutti i confini che separavano i migranti dai paesi più ricchi dell’Europa.

Addirittura lungo questa rotta, si era anche rafforzata una crescita economica locale, sulla spinta della necessità di organizzare il soggiorno, l’accoglienza, i viaggi delle persone che attraversavano i vari confini alla ricerca di una speranza per il loro futuro.

Da questa rotta nel 2015, anche a seguito dell’aggravarsi della guerra in Siria, sono transitati circa 850.000 migranti, che fuggivano dai paesi in conflitto. Ciò ha dato vita a una reazione da parte dei paesi europei, dall’Ungheria, alla Polonia, fino all’Austria, che nei primi mesi del 2016 ha portato alla chiusura delle frontiere per impedirne il transito. Fino a quel momento lo sfruttamento delle organizzazioni criminali era minimo.

Ora i numeri di transito sono bassi e soprattutto è cambiato il modo dj porsi delle forze dall’ordine con l’uso della forza e un controllo più stretto. Si sono alzati muri e filo spinato, ci sono atteggiamenti di intolleranza verso uomini, donne e bambini in cammino verso la speranza.

Ma un numero ristretto di persone riesce comunque a passare e ad entrare in una rete di clandestinità che ha portato all’aumento esponenziale del numero dei servizi forniti dalle organizzazioni criminali a costi molto alti e con un alto rischio per la propria vita. Servizi che riguardano non solo l’organizzazione del transito lungo le varie frontiere, ma anche le diverse forme di d’accoglienza, soggiorno, di cui i migranti necessitano nell’attraversamento della rotta balcanica.

Si sono create delle vere e proprie reti transnazionali con un reclutamento in loco per l’organizzazione del viaggio a tappe tra i vari paesi.

La scelta di politiche migratorie di blocco come quella attuata lungo la rotta balcanica, ha portato all’affermazione di organizzazioni mafiose soprattutto straniere (principalmente quella rumena e nigeriana) che per garantire i passaggi dei confini e le varie forme di accoglienza, stanno portando avanti atti criminali riconducibili anche a fenomeni di tratta delle persone, e ad un atteggiamento di sfruttamento delle persone che si manifesta attraverso l’accattonaggio, la prostituzione, i matrimoni combinati, ed anche a casi di traffico di organi.

In Friuli Venezia Giulia nelle aree poste lungo la rotta balcanica, sono nate anche associazioni che si stanno occupando di questi temi, insieme ad amministrazioni comunali che si stanno muovendo per aiutare queste persone ad uscire da queste pratiche di sfruttamento anche attraverso l’organizzazione di specifici centri, punti di accoglienza, Sprar e Cas.

Quanto avvenuto lungo la rotta balcanica dopo gli accordi tra Europa e Turchia, con la chiusura delle frontiere, ha creato un fenomeno orrendo perché da un lato la rotta è di fatto oggi gestita dalle organizzazioni criminali e dall’altra migliaia di persone si sono ammassate lungo i confini, entrando in un vero e proprio limbo.

Più si sono alzati muri, più hanno prosperato i trafficanti.

La conseguenza è che oggi i costi sono altissimi e i migranti, pur di continuare i loro viaggi della speranza, decidono di indebitarsi e di rimanere legati a queste organizzazioni criminali anche dopo essere giunti al termine del loro viaggio, con uno sfruttamento che dunque prosegue nel tempo. Si chiede l’elemosina, ci si prostituisce, si lavora al nero per ripagare i trafficanti, che minacciano ritorsioni verso le famiglie dei migranti nei loro paesi di origine. Una spirale che in molti casi sembra senza via d’uscita. La prostituzione addirittura oggi sta diventando un mercato residuale perché la troppa offerta la rende meno appetibile, sovrastata dall’accattonaggio, dal matrimonio forzato e anche dallo spettro del traffico di organi.

Fenomeni questi di cui poco si parla, presi come siamo dall’idea che respingere il migrante, chiudere porti e frontiere sia l’unica soluzione a un problema più complesso e grande e che deve essere governato.

Così come pochissimo si parla, per esempio, delle migliaia di minori non accompagnati entrati in Italia e dei quali si è perso traccia, non sapendo se hanno lasciato il nostro paese per arrivare in altre nazioni europee, oppure sono qui da noi magari in mano alla criminalità organizzata.

Nonostante il fenomeno migratorio ci investa da alcune decine di anni, siamo ancora quasi al punto di partenza con una forma di accoglienza in Italia pensata solo a gestire l’aspetto emergenziale.

Invece occorre ripristinare vie legali controllate di accesso, gestire servizi che permettano a queste persone una possibile integrazione nei territori di arrivo, ad iniziare dalla conoscenza della lingua, uscendo dalla logica che i migranti, vengano presentate e pensate come i nostri nemici, impedendo o limitando al massimo processi di integrazione che favoriscono e alimentano invece solo la nostra personale insicurezza. 

Infatti rendere queste persone clandestine è la prima vera condizione di insicurezza che noi cittadini siamo costretti a subire.

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