Operazione Geenna in Val d’Aosta
Geenna, la valle a sud-ovest di Gerusalemme e destinata a essere luogo di raccolta delle immondizie. È questa l’immagine da cui prende il nome l’omonima inchiesta (iniziata nel 2014) che il 23 gennaio scorso ha portato all’arresto di sedici persone – otto in Valle d’Aosta, quattro in Piemonte, due in Calabria e due già detenute – a opera dei Carabinieri e del Ros di Aosta su impulso della Direzione distrettuale antimafia di Torino. E che disvela quanto già alla fine degli anni Novanta, con l’indagine Lenzuolo, i Carabinieri di Aosta avevano documentato: nel capoluogo valdostano è attiva una locale di ‘ndrangheta che, secondo il sostituto procuratore Anna Maria Loreto del Tribunale di Torino, “vanta un rapporto significativo con esponenti del mondo politico, che devono in parte la loro elezione al contributo fornito dalla locale. In cambio i politici sono disponibili a dare all’organizzazione vantaggi derivanti dall’attività amministrativa”.
Gli arrestati, gli indagati e i capi di imputazione. I politici per i quali il Gip Silvia Salvadori ha accolto la richiesta di carcerazione avanzata dai pm Stefano Castellani e Valerio Longi sono: Marco Sorbara, consigliere regionale dell’Union Valdôtaine e all’epoca dei fatti assessore alle Politiche Sociali del Comune di Aosta; Monica Carcea, assessore alla Programmazione, Finanze e Patrimonio al Comune di Saint-Pierre; Nicola Prettico, consigliere comunale di Aosta e dipendente del Casinò di Saint-Vincent. Per i primi due l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre per Prettico è di associazione a delinquere di stampo mafioso. La stessa accusa che ha portato agli arresti di Antonio Raso, titolare della pizzeria “La Rotonda” di Aosta (indagato anche per tentato scambio elettorale politico-mafioso), i fratelli Marco Fabrizio e Roberto Alex Di Donato (al primo viene anche contestato il reato di tentata estorsione), Alessandro Giachino, Francesco Mammoliti e Bruno Nirta. Per quest’ultimo, arrestato in Calabria, l’accusa è anche di traffico illecito di droga e detenzione illegale di armi. In Calabria è finito agli arresti domiciliari Rocco Rodi. Inoltre, in Piemonte sono stati arrestati Francesco D’Agostino, Roberto Fabiani, Ludovico Lucarini e il noto avvocato Carlo Maria Romeo. Infine, risultano tra gli arrestati, ma già in regime di detenzione, Vincenzo Argirò e Bruno Trunfio, mentre Salvatore Filice risulta indagato per tentata estorsione ma non arrestato.
Analizzando il versante valdostano dell’inchiesta, secondo gli inquirenti sia Marco Sorbara sia Monica Carcea “concorrevano nell’associazione di tipo mafioso”, erano “autonomi dalla locale di Aosta” ma agivano “per tornaconto personale e con la consapevolezza di contribuire al rafforzamento del sodalizio”. Per le elezioni comunali del 2015, Sorbara ha ricevuto l’appoggio di Antonio Raso, che teneva “costantemente informato di quanto accadeva in Comune e dava corso e seguito ai suoi suggerimenti e indicazioni”.
Per la stessa tornata elettorale, la Carcea ha invece avuto l’appoggio di Marco Fabrizio Di Donato e, una volta eletta e ottenuto il dicastero alle Finanze per intercessione dell’allora presidente della Regione Augusto Rollandin (soprannominato “il testone”, il suo nome compare oltre trenta volte nel dispositivo, pur non risultando nel registro degli indagati) su richiesta di Di Donato, acquisiva “in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di concessioni, appalti ed attività economiche”.
Chi sono Antonio Raso e Marco Fabrizio Di Donato? Di professione rispettivamente titolare di una pizzeria molto nota ad Aosta – chiusa dal giorno degli arresti “per motivi di famiglia” – e artigiano edile, avevano il “ruolo di promozione, direzione e organizzazione” all’interno della locale, il cui ruolo apicale era riconducibile a Bruno Nirta, fratello di Giuseppe Nirta ucciso in Spagna nel giugno 2017 e coinvolto nell’indagine che pochi mesi prima aveva portato all’arresto di Pasquale Longarini (allora procuratore capo di Aosta) e dell’imprenditore Gerardo Cuomo. L’operazione Geenna ha dimostrato che Bruno Nirta si occupava “del reclutamento, del reperimento dei canali, anche internazionali, di approvvigionamento dello stupefacente, disponendone l’acquisto, custodendone le risorse finanziarie, autorizzando le altrui iniziative anche finalizzate al reperimento di armi, fornendo le risorse per l’assistenza agli associati detenuti”.
Raso “interveniva in favore di altri associati che si trovavano in difficoltà con soggetti estranei alla compagine associativa, controllava il comportamento dei giovani calabresi in Valle, decideva le strategie finalizzate a garantire l’appoggio elettorale ai candidati alle competizioni elettorali locali e regionali, controllava che i lavori venissero assegnati alle ditte da loro indicate e interveniva per ottenere tale risultato, interveniva per condizionare l’azione di alcuni amministratori locali del Comune di Saint Pierre”.
Marco Di Donato “interveniva in favore di altri associati che si trovavano in difficoltà con soggetti estranei alla compagine associativa, dirigeva e coordinava la realizzazione del programma delittuoso, condividendone i risultati con gli altri associati, coordinava l’attività degli altri associati e ne dirimeva i contrasti, manteneva i contatti con la Calabria mediante l’invio e la ricezione di apposite ambasciate, manteneva i contatti con gli altri esponenti di vertice delle locali della ‘ndrangheta piemontese, prendeva le decisioni in merito alle nuove affiliazioni, decideva le strategie finalizzate a garantire l’appoggio elettorale ai candidati alle competizioni elettorali locali e regionali e interveniva per condizionare l’azione di alcuni amministratori locali del Comune di Saint Pierre”. Cugino di Franco e Roberto Di Donato arrestati ad Aosta nel 2009 con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti (allora come oggi, dalle indagini emerge il collegamento tra la Valle d’Aosta e la Spagna) insieme con gli zii Giuseppe (omonimo dell’assassinato nel 2017) e Domenico, Marco Fabrizio Di Donato risulta appartenente alla ‘ndrangheta fin dal 1997, quando dichiarava di avere la dote di ‘camorrista’. Il suo nome compare anche nel procedimento Minotauro del 2011, che rivelò la sua presenza durante gli incontri del locale di Cuorgnè. Non solo. La sua caratura criminale viene riconosciuta anche, per esempio, da un pregiudicato di origine campana, Domenico D’Agostino, che si rivolge a lui chiedendo di far assumere il figlio presso uno studio di architettura al fine di fargli fare il praticantato come geometra. Un fatto che, secondo gli inquirenti, “dimostra che Di Donato Marco Fabrizio, in qualità di esponente di vertice della compagine associativa oggetto del presente procedimento, si ponga come una sorta di mediatore dei conflitti sociali e come un punto di riferimento per la soluzione delle questioni economiche che sorgono sul territorio, grazie alla fama criminale e alla forza di intimidazione su cui può fare affidamento”.
Dalle indagini emerge inoltre che il fratello di Marco Fabrizio, Roberto Alex Di Donato, aveva nell’associazione il ruolo di “partecipe”, mettendosi a disposizione “di chi svolgeva ruoli e compiti direttivi e organizzativi”, cioè suo fratello e Antonio Raso. A lui il compito di portare informazioni e ambasciate in Calabria necessarie per la vita del sodalizio; si è inoltre reso protagonista di un episodio di minacce ai danni del titolare di un’altra pizzeria di Aosta, “La Grotta Azzurra”, colpevole, secondo il gruppo criminale, di voler affidare i lavori di ristrutturazione del proprio locale ad artigiani non indicati dai Di Donato.
Dalle carte emerge che il ruolo di “partecipe” è stato riconosciuto anche a Nicola Prettico, Francesco Mammoliti e Alessandro Giachino, a vari livelli.
Prettico è il politico calabrese eletto in consiglio comunale ad Aosta nel 2015 anche con i voti del sodalizio. Mammoliti si metteva a disposizione dei Nirta preoccupandosi di fornire loro sostegno e appoggio logistico quando si recavano in Valle per occuparsi delle vicende del sodalizio, nonché controllava e gestiva il settore del commercio ambulante dei venditori calabresi. Giachino si metteva invece a disposizione di Marco Fabrizio Di Donato. Quest’ultimo, intercettato mentre parla al telefono con Prettico, parla della possibilità di “tagliare la coda” (cioè affiliare) a Giachino, capace secondo lui “di stare a tutti i tavoli”. Il consigliere comunale smorza però il suo entusiasmo con un lapidario: “No, non è pronto”. I magistrati non hanno dubbi: l’episodio “costituisce la conferma del fatto che in Valle d’Aosta esista una struttura delocalizzata della ‘ndrangheta, un vero e proprio locale, che segue le regole tipiche della ‘ndrangheta, rispetto al quale Di Donato Marco Fabrizio svolge il ruolo di capo e promotore”.
La genesi dell’indagine. Geenna prende avvio da un’informativa del 16 novembre 2014 del Ros di Aosta concernente le dinamiche criminali e gli assetti organizzativi che infiltrazioni di stampo mafioso stavano assumendo in Valle e attinge da tutte le inchieste degli anni passati. “Il materiale investigativo raccolto tra la fine degli anni 90 e l’inizio degli anni 2000, confluito nell’indagine Lenzuolo, riletto e valutato alla luce delle odierne conoscenze sulla struttura e sul funzionamento della ‘ndrangheta consente di affermare, come si è accennato sopra e come ancora si vedrà, che in Valle, in quel periodo, fosse già presente ed operativo un vero e proprio locale, la cui costituzione risale, verosimilmente, alla fine degli anni 70 (…). Successivamente si sono verificate ulteriori vicende processuali (come i tentativi di estorsione di Giuseppe Facchinieri nei confronti di Giuseppe Tropiano e Luigi Monteleone nell’ambito dell’inchiesta Tempus Venit, n.d.r.), mentre l’indagine denominata Hybris ha fotografato una situazione di tensione tra giovani esponenti di ‘ndrine calabresi”, oltre ai tentativi di estorsione nei confronti di Giuseppe e Girolamo Fazari.
Occorre dunque richiamare alla memoria una serie di indagini che si sono succedute nel corso degli anni in Valle d’Aosta e che hanno dimostrato, tra i vari aspetti, il passaggio del controllo del territorio valligiano dal mandamento tirrenico (San Giorgio Morgeto e Cittanova) a quello ionico (con le famiglie Nirta-Scalzone).
Con l’indagine Lenzuolo del 2001 la procura di Reggio Calabria chiedeva la misura cautelare per Santo Pansera e Santo Oliverio e altri 14 indagati per aver fatto parte di una struttura delocalizzata della ‘ndrangheta presente sul territorio valdostano e denominata locale di Aosta, ricostruita come “articolazione sul territorio valdostano della cosca Iamonte e Facchineri”. Proprio Pansera, intercettato, disse: “Nell’Union si possono candidare tre o quattro calabresi, ma forse è l’unica mossa da fare, e ormai quella è rimasta non c’è altro, non c’è altro, quattro o cinque che si candidano, ci prendiamo il partito dell’Union quello ha preso quasi più voti…”.
Tra le pagine di questa indagine compare un luogo che torna anche in Geenna: una cantina di via Porta Pretoria 56 (nel centro storico di Aosta) di proprietà, così come due appartamenti siti nello stesso luogo, della società Seminara Costruzioni Srl di Domenico Seminara, fratello di Rocco, indagato nell’indagine Lenzuolo. Qui sembra abbia sede la loggia massonica alla quale è iscritto Nicola Prettico con l’intento di “rafforzare la rete di relazioni”.
L’indagine Gerbera riguardava un’organizzazione dedita al traffico internazionale di cocaina, con base operativa in Valle, i cui attori principali erano Domenico Nirta e Giuseppe Nirta (classe 52), i loro nipoti Franco Aldo e Roberto Alex Di Donato oltre a Pietro Tirasso.
Al centro dell’indagine Tempus Venit del 2011, le estorsioni a danno degli imprenditori Giuseppe Tropiano e Luigi Monteleone, lette come una “manovra di Giuseppe Facchinieri per imporre la sua leadership sugli appalti controllati dalla ‘ndrangheta in Valle, a scapito dei fratelli Vincenzo, Michele, Salvatore Raso (ucciso il 17 novembre 2011 a San Giorgio Morgeto, n.d.r.) i quali, su richiesta di Tropiano, avviavano una trattativa con gli estorsori”.
Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nella politica valdostana. “Il controllo del territorio esercitato dalla compagine ‘ndranghetista insediatasi in Valle d’Aosta si è manifestato anche attraverso l’inserimento e la partecipazione alla politica locale mediante condotte finalizzate a procacciare voti per determinati candidati a varie elezioni amministrative”, scrivono gli inquirenti.
Analizzando i reati di accusa a carico dei vari arrestati, abbiamo già incontrato le figure di Monica Carcea e Marco Sorbara. Nel dettaglio, ecco il loro modus operandi così come emerge dalle carte.
La Carcea viene eletta con 152 voti su un totale di 1595 votanti e viene nominata assessore alla Programmazione, finanze e patrimonio con la lista Gruppo indipendenti alleata all’Uv (anche se Di Donato ha in serbo per lei l’ingresso nel partito storico della Valle d’Aosta). Per sdebitarsi, la Carcea si attiva al fine di far prorogare l’affidamento diretto del servizio di trasporto scolastico mediante taxi-bus, con scadenza 30 giugno 2016, alla ditta Passengers Transports di Addario S.&C, di proprietà appunto di Salvatore Addario, cugino di Antonio Raso. L’operazione riesce e si traduce in una proroga fino a dicembre 2016, per un importo totale di 16.203,00 euro. Il 28 dicembre dello stesso anno, il Comune decide di indire una gara d’appalto per affidare il servizio di taxi-bus per le frazioni alte di Saint-Pierre anche per i prossimi tre anni scolastici. Il segretario comunale Osvaldo Chabod fa presente che occorreranno i tempi tecnici di tre-quattro mesi prima di arrivare all’assegnazione dell’appalto, dunque il servizio viene ancora affidato alla ditta di Addario – senza gara di appalto – fino a giugno 2017 per un totale di 24.304,50 mila euro. “La vicenda – si legge nell’ordinanza – dimostra l’indubbia capacità della compagine associativa di attivarsi per condizionare l’assegnazione di appalti da parte di enti pubblici, elemento questo che rientra tra le finalità dell’associazione di tipo mafioso”.
Non solo. Il 28 febbraio 2016 presso l’abitazione di Marco Fabrizio Di Donato, viene registrata una conversazione tra lui e Gianfranco Lazzaro, cugino di Giuseppe (marito della Carcea). Il primo ha bisogno di parlare con l’allora presidente della Regione Augusto Rollandin, non lo conosce e si rivolge a Di Donato, che dimostra invece di conoscerlo bene. Nel corso della conversazione Di Donato riferisce di essere stato da lui con la Carcea e che in quel “frangente sarebbe emerso che il Presidente conosce la famiglia Lazzaro di Saint Pierre tanto da sapere che alle ultime elezioni comunali non tutti i membri hanno votato per la Carcea, ma qualcuno ha votato per Alessia Favre (candidata Union Valdotaine Progressiste e attuale consigliere comunale). La cosa importante che emerge dalla conversazione resta comunque il fatto che dopo le elezioni comunali c’è stato un incontro con il presidente Rollandin al quale hanno partecipato sicuramente Carcea e Di Donato, che ha sottolineato la buona riuscita dell’elezione della prima (“minchia come è passata”), riuscendo a ottenere un appoggio da Rollandin per ottenere un incarico rilevante da affidare alla donna, tanto che Rollandin avrebbe chiamato il sindaco davanti a loro”. E ancora: “Questo episodio è significato in quanto dimostra come Di Donato (soggetto pregiudicato per plurimi e gravi reati, all’epoca dei fatti pure in regime di detenzione domiciliare), nonostante la sua condizione personale, sia in grado di intrattenere rapporti con i massimi organi istituzionali della Regione”. Il sodalizio non solo è riuscito a far eleggere la Carcea ma, grazie all’appoggio di Rollandin, le hanno fatto assegnare un importante dicastero. Il programma criminoso non si arresta e, come scrivono gli inquirenti, “consiste nel continuare a fare infiltrare i sodali dell’organizzazione (come Prettico che è l’unico soggetto di origine calabrese a occupare un ruolo nel Conseil federal cioè nell’esecutivo dell’Union e ad avere voce in capitolo) e i soggetti contigui alla stessa ed eletti con i voti convogliati dagli associati nei massimi organi istituzionali e politici della Valle d’Aosta. Lo scopo di tale progetto dei membri del locale è chiaramente quello di prendere il potere e governare la Valle d’Aosta e, in ultima analisi, di favorire ditte e società legate o vicine all’organizzazione per ottenere lavori pubblici; in altre parole, controllare ampi settori della vita politica ed economica della Valle d’Aosta”.
Rimaniamo nell’aula consigliare comunale, ma spostandoci da Saint-Pierre ad Aosta. Qui il consigliere Nicola Prettico, come abbiamo visto, è stato eletto anche con i voti del sodalizio criminale. Non solo. Ad interessarsi alla sua elezione anche la chiesa, nello specifico Don Antonello, parroco di San Giorgio Morgeto. Questo il do ut des: lui avrebbe garantito dei voti e, in cambio, Prettico avrebbe devoluto alla parrocchia l’incasso di una serata svolta presso la discoteca “Prince” con sede a Quart nella cintura di Aosta, di cui lui era socio.
Antonio Raso avvicina invece Fulvio Centoz, nel 2015 sindaco Pd di Rhêmes-Notre-Dame, eletto sindaco del capoluogo valdostano proprio a maggio di quell’anno. Si rivolge espressamente a lui chiedendo: “Ma tu come te la senti?”, formulando così la propria proposta per un accordo finalizzato a un vero e proprio scambio elettorale. Centoz risponde senza accettare la proposta e prendendo tempo “Non lo so…adesso vediamo io non mi espongo”. Intervistato l’operazione “Geenna”, il sindaco ha dichiarato di non aver denunciato il fatto poiché non riteneva Raso appartenente alla ‘ndrangheta, viceversa si sarebbe subito rivolto alle autorità competenti.
Raso si è visto quindi sfumare la sua proposta, così come non è andato a buon fine l’incontro che aveva cercato di organizzare per il 31 gennaio 2015 (in concomitanza con la Fiera di Sant’Orso) tra il presidente della Regione Augusto Rollandin e il presidente della Regione Calabria Gerardo Mario Oliverio, a causa degli impegni istituzionali di quest’ultimo. Un evento che dimostra come il titolare della pizzeria volesse accrescere il proprio prestigio. Andò invece a buon fine la cena organizzata esattamente tre anni prima, alla quale parteciparono Marco Sorbara, l’allora assessore regionale Aurelio Marguerettaz, il sindaco di San Giorgio Morgeto Carlo Cleri, Giuseppe Tropiano (lo stesso coinvolto nell’indagine Tempus Venit) e Guido Grimod, in passato sindaco di Aosta. Durante la serata giungeva anche Rollandin, che però non si intratteneva con i commensali, preferendo parlare con Raso fuori dalla sua pizzeria.
Infine, Marco Sorbara. Appoggiato da Raso, ne diventa il tramite in consiglio comunale, come già si è scritto. A lui si rivolge quando non riesce a uscire da un impasse: deve rispondere del fatto che, in maniera del tutto discrezionale, ha portato a San Giorgio Morgeto dei mobili del Comune di Aosta. L’8 maggio 2016 Nicola Prettico telefona a Marco Fabrizio Di Donato che stanno facendo “stocco” Sorbara per questo episodio; commenta che prima avrebbe dovuto chiedere alle associazioni valdostane e aggiunge che non lo attaccherà in consiglio, aggiungendo che “questo è il modo di fare politica di Sorbara”.
Nel 2015 si era verificato però un altro episodio grave di cui il consigliere comunale, eletto consigliere regionale lo scorso anno, è stato protagonista. Nel corso delle intercettazioni dell’indagine “Tempus Venit”, l’allora assessore alle Politiche Sociali si intrattiene con toni amichevoli al telefono con Roberto Raffa, poi condannato nell’ambito di detto procedimento, promettendogli l’affidamento di “una serie di lavoretti”. Raffa, con un altro interlocutore, si riferisce a Sorbara ammettendo: “In Comune qualche gancio ce l’abbiamo”. Per questo episodio, l’opposizione comunale aostana di allora chiese la testa di Marco Sorbara, ma la mozione fu respinta con venti voti contrari e otto favorevoli.
Conclusioni: “Gli elementi di indagine e segnatamente il contenuto delle conversazioni telefoniche e ambientali (corroborate in parte dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia) danno atto dell’unione e del vincolo di solidarietà che lega i prevenuti, mossi in più occasioni dal loro senso di appartenenza e di famiglia (…). Ma anche il settore delle infiltrazioni nel mondo della politica da trasparire come i prevenuti riconoscano il loro essere ndrangheta e come tali siano percepito nell’opinione di soggetti terzi in relazione all’appoggio elettorale da essi fornito a Prettico Nicola.
Il gruppo è riuscito a radicarsi ed esercitare il controllo sul territorio, proprio senza la necessità di atti intimidatori o di violenza eclatanti, dedicandosi piuttosto a tessere una rete consolidata di relazioni con esponenti del mondo economico e politico, riuscendo a imporre con la pressione e l’intimidazione più o meno esercitata, le proprie scelte”.
*Giornalista di Narcomafie
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