“Prendeteveli a casa vostra”. “Fatto!”,
E io quello che mi dicevate voi ho fatto.
E perché adesso sono da additare male? Non lo capisco proprio. Buonista, radical chic, tendenzialmente brutta persona… Ma io ho fatto esattamente quello che dicevate voi.
Parlavo di immigrazione circa 20 anni or sono, ed il tema, già allora, era “aiutiamoli a casa loro”. Mi pareva un po’ surreale come tema. Ero in Sicilia e l’Immigrazione, gli sbarchi, i gommoni, erano un problema solo nostro, dei siciliani. Rivedo le cronache di allora e mi rendo conto che ogni tanto finivamo, noi, siciliani, “la Sicilia”, nei tg estivi, per via degli immigrati. Se vedo le cronache di allora, mi rendo conto che non era un problema collettivo, del mio Paese, ma solo nostro, dei siciliani. Ma già allora c’era chi diceva “aiutiamoli a cassa loro”.
E così ho fatto io. Siciliano, radical chic probabilmente, ma un sogno avevo: dare una mano. Laureato da poco andai a fare i colloqui per entrare nel mondo della cooperazione. Sembrava facile inizialmente. “Nessuno che li vuole aiutare?” “Ci penso io!”.
“Nessuno che vuol fare questo lavoro?”. “Ci penso io!”.
E invece era più difficile del previsto perché servivano competenze. “ma io sono geologo, cerco e trovo l’acqua…!”. Non bastava.
Poi finalmente la svolta: un campo di lavoro in Tunisia, la Tunisia di Ben Alì, e via a costruire dispensari, a spaccare mattoni, ad imparare che il thè è una svolta e ti da tanta energia (che diavolo ci mettono nel thè?!?!?!), e il dispensario piano piano, viene su. E non mi bastava.
“Aiutiamoli, si, ma a casa loro…” Era il mantra.
E allora da nuovo, impiegato, trovo la svolta, le missioni in Tanzania.
E studia, e cerca, e ragiona, e lavora da casa… Le notti, e i giorni.
Già, perché niente è così semplice da lontano, niente è così semplice in Africa. Google maps è uno spettacolo, ma dal cielo niente è come sembra. Eppure… Compra la macchina per cercare l’acqua (geoelettrica), prendi l’aereo e scopri che anche farsi la barba è una scommessa. E via, in Tanzania, a diventare “magi bomba” (il mago dell’acqua). Incredibile! Se ficchi i paletti nel terreno – geoelettrica – per cercare l’acqua in Africa, sei il mago dell’acqua! Molto meglio che in Italia dove essere geologo equivale ad essere alcoolizzato (che un po’ è vero ma non è solo questo la geologia…).
E magi bomba trova l’acqua. Aiutiamoli a casa loro…
E io li aiuto a casa loro, conosco la gente, conosco le persone, vivo con loro, vivo l’ambiente. E le difficoltà, ed i predatori (in Africa anche le formiche sono predatori – nel loro piccolo si incazzano… – e ti possono fare fuori).
E vola in Tanzania, e vola in Mozambico, e vola in Kenia… Magi bomba trova l’acqua…
E di pozzi ne hanno fatti. E di farm ne hanno costruite grazie ai miei progetti. Una anche biologica – Zennethy borg (nelle cartine non si trovava allora, oggi c’è).
E vola su e giù per tre continenti… Perché “aiutarli a casa loro” è l’unico vero modo per rispondere a chi dell’accoglienza non sa che farne.
Aiutateli a casa loro è come dire “non ne voglio sapere niente” ma in maniera più elegante. E però l’eleganza non paga, almeno per me, e quindi aiutateli a casa loro diventa un mantra.
Poi metti su famiglia, ti stanchi anche un po’, i tempi cambiano e non puoi più passare il tempo ad “aiutarli a casa loro”… Il lavoro nuovo non te lo permette, le esigenze familiari nemmeno.
E allora tutto cambia. Ma cambiano anche i tempi. L’”invasione” ha inizio.
Iniziano ad arrivare i gommoni, e uno, e due, e tre, e trecento morti a Lampedusa. E tremila morti l’anno, nel Mediterraneo, nel mio Mediterraneo! I romani lo chiamavano “mare nostrum”, ma solo un siciliano sa quanto è “nostrum” quel mare. Ed ogni morto, in quel mare, ogni vita, ogni goccia di sangue, ne senti il sapore quando ti tuffi, in estate, nel mare nostrum…
Si, a noi “terroni” ci hanno fatto così, legati al sentimento verso le cose: la terra, il mare, il grano, il vulcano (a’ muntagna)… E quel sentimento fa parte di te, e quando ti tuffi nel mare ne senti lo strazio. Quando bagni i piedi, che magari sei tornato a Pasqua ed il bagno non lo puoi fare, intingi i piedi e lo senti, lo strazio, fin dentro le vene. Siamo strani noi terroni che andiamo via per tornare…
Forse è questo che ci fa essere solidali: il nostro andare via, dolente, per tornare e ripartire, dolente.
E però non basta aiutarli a casa loro. Non basta più perché oggi 3, domani 10, dopodomani 100, arrivi al 3 ottobre 2013. 368 morti. Trecentosessantotto. Quanto è lungo scriverlo!
Trecentosessantotto morti, ammazzati. Donne, uomini, bambini. Affogati!
Che “morte di merda” direbbe Sferaebasta. Che morte atroce dico io.
Annegati. Trecentosessantotto persone che annegano insieme, nello stesso momento. Guardandosi negli occhi durante l’ultimo respiro. Guardandosi negli occhi mentre vanno al fondo. Guardandosi negli occhi mentre capiscono che la speranza non esiste più. Guardandosi, tra loro, negli occhi mentre Dio, il Dio che pregano, li saluta.
E noi? E noi, facile, a casa. A guardarli, a guardarli morire. A guardarli morti al TG1 ad ora di cena. Che quasi hanno rotto “che mi fanno andare la cena sottosopra dopo una giornata a faticare!”
E la risposta? Semplice: accoglienza.
ACCOGLIENZA???? INTEGRAZIONE???
Chi pensa o sussurra, o dice questa parola è buonista.
Che termine del cavolo, buonista. Da bambino esistevano i buoni ed i cattivi ma non i buonisti ed i cattivisti.
Come se esser buoni fosse una colpa.
BUONISTA!
Ti dispiace dei trecentosessantotto morti del 3 ottobre? BUONISTA! Ti dispiace delle migliaia di morti ogni anno che insanguinano il Mediterraneo? BUONISTA! Ti dispiace di Alan, il bimbo siriano, le cui spalle conosco a memoria? BUONISTA! Perché non ce n’è per tutti! Perché già facciamo fatica noi. Perché sono risorse boldriniane. Perché…?
Semplice, perché “sono negri”.
E allora? Allora prenditeli a casa tua.
Caspita, è questa la svolta! PREDITELIACASATUA!
Quindi se me li prendo a casa mia, come quando era “aiutiamoli ma a casa loro”, vale?
E allora bastava dirlo.
Parli con tua figlia, e vedi se è d’accordo. Ci passi le serate, piuttosto che parlare di Sfera e basta (che mi sta clamorosamente sulle scatole ma domina la cena non di rado…). E vedi che ne pensa, tua figlia. E ti stupisce, tua figlia, che non ha visto i trecentosessantotto morti annegati. Ti stupisce perché pensa sia giusto. A 15 anni, la tua figlia social, ti dimostra che non tutto è “risorse boldriniane” ma esiste un cuore ed esistono delle idee.
Ma come si fa? E allora chiedi, e ti informi. Come se fosse un gruppo di carbonari. Chiedi ma solo ad alcuni. Chiedi ma con discrezione. Ma chiedi, perché tua figlia ha dato l’ok e tu ci credi che dimostrare è meglio che raccontare.
Poi arriva un pranzo, con un amico e scopri che si può fare. Ne parli a casa e senti che tutti non vedono l’ora, compresa la figlia social. E piano piano scopri che si può fare.
Basta un thè ed una fetta di torta e semplicemente hai un nuovo amico. Che viene a cena, che mangia la torta con te. Che ha idee. Che è scappato dalla sua casa per le sue idee. Che spera, un giorno di tornarci e fare una casetta in un’isoletta di fronte alla capitale. Che sa che quell’isoletta è la sua patria, la sua terra e che non ci può tornare perché se no lo arrestano e lo torturano e lo massacrano solo perché ci tiene al suo paese.
E “prendeteli a casa vostra”. E te li prendi a casa tua. E ci ceni insieme e scopri che mangiano poco. “e prendeteveli a casa vostra” e te li prendi e scopri che lavorano 12 ore al giorno, anzi la notte, e gli pare paradiso. E non si lamentano per le 12 ore né per le nottate. No. Perché è lavoro e meno male che c’è. E “prendeteveli a casa vostra” e tu te li prendi e scopri che a cena, a capodanno, non mangiano perché non sono abituati a due pasti. “E prendeteveli a casa vostra” e scopri che, musulmani, studiano la bibbia perché “solo se si conosce il pensiero degli altri si può capire come la pensano e dare il meglio insieme”.
E “prendeteveli a casa vostra”. E tu te li prendi e scopri che un compleanno di vent’anni diventa una sorpresa da togliere il fiato come ai bambini. Perché nessuno prima, si era posto il problema di festeggiare il compleanno, la cosa più normale del mondo, oggi che se sei social e su facebook ed hai meno di 100 auguri non sei nessuno.
E “prendeteveli a casa vostra”
Io l’ho fatto. Ho “aiutato a casa loro”, me li sono “presi a casa mia” e la mia vita, semplicemente con un viaggio e qualche bocca in più da sfamare a cena è diventata migliore.
Allora il tema è: sono buonista? Forse si. Sono migliore degli altri? Non credo. Io me li sono “presi a casa mia”, adesso però, lo fate anche voi che passate la vita dietro al monitor a sbraitare.
Io non sono morto, sono migliorato. “PRENDETELIACASAVOSTRA” anche voi. Che magari migliora anche la vostra vita.
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