La sicurezza dei cittadini e la propaganda antidroga
In Italia si va facendo sempre più strada la convinzione che per tutelarsi dai ladri e per allontanare gli spacciatori da sotto casa ( sono le categorie di delinquenti che destano maggiore allarme) sia necessario ricorrere a “gruppi di vicinato”, a “ronde di quartiere”, a istituti di vigilanza privata. In questa visione sulla prevenzione dei delitti “delegata” , almeno in parte, ai cittadini, non sono mancate iniziative, a dir poco sorprendenti, come la redazione di una road map sui furti consumati elaborata, un paio di anni fa, a Spinea (Venezia) o la colletta tra i residenti per pagare le guardie giurate in alcune città del nord, solo per citarne alcune. Continuo a ripetere che le attività di vigilanza, di controllo, di osservazione, di annotazione, rientrano tutte nella funzione di prevenzione generale affidata dalle leggi vigenti alle forze di polizia statali e alle autorità di pubblica sicurezza locali e provinciali.
E’ lo Stato che deve fornire, su tutto il territorio nazionale e nei confronti di tutti i cittadini, un efficace servizio di sicurezza pubblica e non può non lasciare sgomenti il progressivo deterioramento del sistema di sicurezza nazionale nel suo complesso, nonostante l’impegno delle due forze di polizia a competenza generale ossia polizia di stato e carabinieri. Eliminare gli sprechi e razionalizzare l’impiego del personale in alcuni settori consentirebbe, in pochissimo tempo, di recuperare diverse centinaia di poliziotti e carabinieri, iniziando a sfoltire, per esempio, i molti servizi ingiustificati di scorta a personalità e a loro parenti che le utilizzano come taxi. Il Ministro dell’Interno aveva promesso di impegnarsi a rivedere anche questo settore e si vedrà se ci riuscirà, superando le non poche difficoltà – soprattutto di natura politica – che, sino ad oggi, hanno impedito questa doverosa azione.
Intanto, è lo stesso Ministro dell’Interno a sottolineare che, in tema di prevenzione, un notevole valore aggiunto “..potrà derivare dall’attività di “osservazione” assicurata dai cittadini, in specie nelle aree caratterizzate da maggiore degrado”. E’ il richiamo formulato nella recente direttiva del 20 novembre scorso, inviata a tutti i Prefetti, avente ad oggetto “Rafforzamento dell’attività di prevenzione e contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti”, in cui il Ministro precisa che è opportuno che “..il coinvolgimento dei privati nelle relative segnalazioni avvenga sempre all’interno di più strutturate forme di collaborazione, da definire e regolamentare in seno ai cosiddetti “ Accordi di vicinato””.
La circolare non poteva non richiamare un tema particolarmente a cuore del Ministro e, cioè, l’esigenza di assicurare “..la massima speditezza sulle procedure di espulsione dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale, coinvolti nelle predette attività criminali..” che, come noto, rappresentano, mediamente, una percentuale di circa il 40% sul totale dei denunciati per traffico/spaccio.
Questi “accordi di vicinato”, richiamati per la prima volta ufficialmente in una nota a firma del Ministro dell’Interno, stanno, di fatto, istituzionalizzando una sorta di compartecipazione dei cittadini, talvolta organizzati anche in movimenti politici ( vedi CasaPound e Forza Nuova), nella gestione della sicurezza pubblica, contribuendo a far nascere, qua e là, in molte città, aspettative e/o convincimenti di deleghe ricevute dalle autorità locali sulla gestione della pubblica sicurezza, in quella che viene presentata come “sicurezza partecipata”.
Sono nati, così, nel tempo, gruppi di vicinato, spesso indicati con i termini fantasiosi di sentinelle di quartiere, di ronde, di vedette, che hanno iniziato anche veri e propri servizi di pattugliamento, indossando pettorine per essere riconosciuti, in zone cittadine assegnate o, addirittura, su alcuni treni regionali.
Di solito ciascun gruppo ha un referente incaricato di segnalare agli organismi di polizia movimenti sospetti di persone e di veicoli nella zona di competenza, assumendo, di fatto, un ruolo di “filtro” che lascia perplessi ( si pensi, per esempio, ai rischi di intralciare anche eventuali riservati servizi di polizia espletati da personale in borghese). Innanzi alla legittima richiesta di maggiore sicurezza che arriva dai cittadini, da molti anni ormai, sarebbe meglio provvedere, con procedure accelerate, a mettere in campo più poliziotti e carabinieri.
E su questo punto, temo, ci sarà da attendere ancora molto tempo.
Propaganda o anche contrasto?
Il 20 novembre scorso, il Ministro dell’Interno, con una circolare a sua firma inoltrata a tutti i Prefetti, dettava alcune linee di intervento per il “rafforzamento dell’attività di prevenzione e di contrasto allo spaccio di stupefacenti”. La stessa attenzione era stata riservata nelle settimane precedenti alla sempre più preoccupante situazione dello spaccio di droghe nei pressi delle scuole, talvolta addirittura all’interno degli stessi istituti da parte di alcuni studenti. Venivano, anche in questo caso, sollecitati i Prefetti, nella loro veste di Autorità provinciali di pubblica sicurezza, a realizzare un intervento coordinato delle forze di polizia, con il concorso delle polizie locali, attraverso mirati servizi di controllo al fenomeno criminale in questione.
Con la stessa direttiva della quale si richiedeva la “piena attuazione”, si faceva cenno ai “dettagli operativi” che sarebbero stati specificati dal Capo della Polizia nella sua veste di Direttore Generale della Pubblica Sicurezza. Dettagli per rafforzare l’attività antidroga che sono arrivati il 30 novembre con una nota a firma del Prefetto Gabrielli inviata a tutti i Prefetti e, per conoscenza, ai Questori e ai Comandi Generali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Viene, dunque, richiesto di rafforzare “le attività info investigative finalizzate alla interdizione delle reti di spaccio e alla lotta alle organizzazioni criminali..”, potenziando “..le attività di controllo del territorio da parte delle forze di polizia con il concorso delle polizie locali”.
Rafforzare e potenziare esprimono attività volte ad aumentare,rinvigorire, fortificare la prevenzione ed il contrasto ma ciò può concretizzarsi soltanto con adeguate risorse umane, attualmente carenti in molte città, con adeguate professionalità che si acquisiscono con corsi di formazione e aggiornamento ad hoc e con esperienze pluriennali di servizio. Si pensi,ad esempio, agli organici soltanto di poche unità di cui si compongono le sezioni antidroga – incardinate nelle squadre mobili – nella maggior parte delle Questure di medio piccole dimensioni. La stessa situazione si rileva nei reparti operativi in seno ai Comandi provinciali dei carabinieri. Riesce, dunque, particolarmente complicato, direi impossibile, di realizzare, nonostante si richieda a livello periferico, di elaborare “modelli operativi” o di sperimentare nuovi “modelli organizzativi”, con la “sistematicità” sollecitata, questi interventi antidroga. Interventi (ordinari)che, sia detto per inciso, vengono quotidianamente effettuati in molte città con importanti risultati pur considerando il fenomeno “largamente diffuso sull’intero territorio nazionale..” e generatore di “un crescente allarme sociale”.
Sono di questi primi giorni di dicembre le operazioni antidroga condotte dalla Polizia di Stato a Nettuno con il sequestro di 82kg di cocaina, a Civitavecchia con 45 kg ancora di cocaina,a San Benedetto sul Tronto con altri 9kg di polvere bianca che vanno ad aggiungersi a quelle dei Carabinieri che nel vicentino hanno bloccato circa 700kg di cocaina in un container e a quella della Guardia di Finanza che ha intercettato,a Monopoli, circa 1.500kg tra hashish e marijuana.
Ma, quello che più allarma è sicuramente il cosiddetto microspaccio nelle città, con pusher che arrestati tornano presto liberi in virtù di una legislazione evidentemente non adeguata alla reale portata di questo fenomeno criminale. Se non si pone mano a questa rivisitazione normativa, si procederà ancora con le sollecitazioni dal “centro” alla “periferia” per le pianificazioni di interventi, per l’esame in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, nei tavoli tecnico-operativi, richiamando, per un maggior utilizzo, alcuni programmi ancora poco sfruttati (il Sistema di Georeferenzazione dei Reati- S.I.G.R.) che consente l’individuazione delle aree più interessate dai delitti in questione. Tecnologie importanti e bene ha fatto il Capo della Polizia a ricordarlo, fermo restando che solo un buon numero di operatori specialisti di polizia e carabinieri e una rivisitazione della normativa sugli stupefacenti potranno portare a risultati ancor più significativi.
Potenziare prevenzione e contrasto allo spaccio di stupefacenti
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