Aldo Moro e l’educazione alla cittadinanza
“Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere”. Sono parole che Aldo Moro pronunciò nel marzo 1976, due anni prima del rapimento e della morte. E potrebbero essere riferite ad oggi, perché esprimono come meglio non si potrebbe la relazione stretta tra diritti e doveri che permea la nostra Costituzione. Proprio quella Carta che – su proposta dell’allora trentenne professore Aldo Moro – l’Assemblea Costituente deliberò all’unanimità che dovesse trovare “adeguato spazio nel quadro didattico della scuola di ogni ordine e grado”. E fu ancora Aldo Moro, diventato Ministro della pubblica istruzione, che nel 1958 istituì l’ora di educazione civica nelle scuole.
Da allora sono passati molti decenni, ma ancora troppo poco si è fatto affinché la Costituzione potesse diventare per tutti “punto di riferimento e di chiarimento”, come scrisse Giuseppe Dossetti. Ad esempio, nel 2008 è stata approvata la legge n. 169 su “Cittadinanza e Costituzione”, ma che ha trovato scarsa applicazione ed ha prodotto pochi risultati concreti.
L’iniziativa più recente è dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, che pochi mesi fa ha presentato una proposta di legge di iniziativa popolare “per introduzione dell’insegnamento di educazione alla cittadinanza” in tutte le scuole. Nell’introduzione al testo della legge l’ANCI sottolinea che “questa proposta non vuole in nulla sminuire quanto già in opera negli ordinamenti scolastici, ma vuole esprimere il sentire comune a tanti sindaci e amministratori locali che avvertono tutta l’urgenza di operare per una maggior diffusione del senso di appartenenza alla comunità dei cittadini e delle cittadine italiane”.
Di recente non sono mancate le critiche all’iniziativa dell’Associazione dei Comuni, sia per il merito sia per il metodo, da parte di chi concepisce l’educazione civica come una competenza trasversale a tutte le discipline insegnate e di chi critica lo scarso impegno manifestato finora dai sindaci nella raccolta delle firme in calce alla proposta di legge (c’è tempo fino al 5 gennaio 2019 recandosi nel comune di residenza).
In realtà, leggendo con attenzione la proposta dell’ANCI è più aperta di come viene descritta dai detrattori, poiché nel testo si prevede l’istituzione di una commissione ad hoc per elaborare “gli obiettivi specifici di apprendimento e provvedere alla corretta collocazione dell’insegnamento in seno ai curricula e ai piani di studio dei diversi cicli di istruzione, nonché di optare per l’aggiunta di un’ora ai curricula o per la sua individuazione nell’ambito degli orari di italiano, storia, filosofia, diritto”. Anche lo scarso impegno di molti sindaci, che hanno utilizzato la proposta di legge come fiore all’occhiello su una giacca accantonata dopo la conferenza stampa di presentazione, non pare un buon motivo per affossare una proposta che in definitiva dovrebbe essere sostenuta anzitutto dai cittadini e dalla società che vuole definirsi civile.
Luciano Corradini, noto pedagogista, già sottosegretario al MIUR, sostiene che “la proposta dell’Anci offre un’opportunità per ritentare di comporre un puzzle dotato delle splendide tessere di un mosaico per lo più ignorato nella sua bellezza e nel suo valore. Non è un referendum pro o contro un personaggio o un partito politico, ma un libero atto sovrano che si propone di impegnare lo Stato a dare ai ragazzi un nutrimento sano, il meglio che ci abbiano consegnato i nostri bisnonni dopo il disastro della guerra”.
Oltre alla proposta dell’ANCI è stata resa nota una prima ipotesi di riforma dell’esame di maturità al termine del ciclo delle scuole superiori: la prova orale dovrebbe comprendere anche la materia “cittadinanza e Costituzione”. Le modalità effettive con cui conseguire gli obiettivi dell’educazione alla convivenza civile verranno affidate “ai docenti, collegialmente e individualmente”, attraverso la promozione di attività innovative o la valorizzazione degli insegnamenti tradizionali. Insomma, molto è ancora da definire, ma la scelta di verificare le competenze delle studentesse e degli studenti sul diritto-dovere di partecipare alla vita della “res pubblica” si può considerare sicuramente un passo in avanti positivo.
Aldo Moro, pensando ai giovani, sottolineava la necessità di “pulire il futuro”. Far entrare con maggior rilievo la Costituzione e l’educazione alla cittadinanza nelle scuole è una finestra aperta sul quel futuro.
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