#ScortaMediatica per i giornalisti minacciati
Nella scorsa settimana si sono purtroppo registrate nel nostro Paese nuove aggressioni, verbali e fisiche, ai giornalisti da parte dei poteri politici e criminali.
È stata la settimana in cui, in tutta Italia, chiamato a raccolta da Fnsi e Associazioni di Stampa regionali, il “quarto potere” è sceso in piazza, per protestare contro gli insulti provenienti dal Movimento 5 Stelle, segnatamente da alcuni suoi esponenti di spicco e di governo, che avevano salutato l’assoluzione della sindaca di Roma, apostrofando i giornalisti con gentili epiteti, quali “pennivendoli”, “sciacalli”, “puttane”.
È stata la settimana in cui Federico Ruffo, giornalista di Report e conduttore de Il posto giusto, è stato fatto oggetto di un pesante attentato: il tentativo di appiccare un incendio all’abitazione di famiglia. Il fatto è avvenuto ad Ostia dove, nonostante lo Stato sia riuscito ad infliggere colpi ragguardevoli alle cosche del litorale romano, evidentemente c’è ancora ampia libertà di azione per criminali di ogni risma. Ostia rimane, infatti, un territorio in cui continua ad essere possibile aggredire i giornalisti che fanno il loro lavoro. Quello contro Ruffo è il quarto episodio, dopo quelli, ripetuti, ai danni di Federica Angeli de La Repubblica e di Daniele Piervincenzi di Nemo e di Giorgio Mottola, sempre di Report.
È stata anche la settimana in cui si sono chiuse le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Bari, riguardanti l’aggressione, subita a febbraio, nel quartiere Libertà da Maria Grazia Mazzola, inviata di Speciale Tg1. Il risultato dell’inchiesta è sconvolgente, ma solo per chi non ha voluto riconoscere fin da subito la gravità dell’accaduto. Le accuse contestate sono gravissime: lesioni e minacce di morte, aggravate dall’utilizzo della modalità mafiosa.
Quindi non si è trattato di una reazione fuori misura di una donna, in un momento di lutto familiare, per l’intrusione indebita di una giornalista nella sua abitazione, come pure era stato detto e scritto. Piuttosto si è trattato dell’esercizio deliberato del controllo mafioso del territorio da parte di Monica Laera, in passato già condannata per mafia, moglie del boss del quartiere. È stata una vera e propria aggressione avvenuta sulla pubblica via, alla luce del sole, in una città come Bari, dove sicuramente la situazione dell’ordine pubblico è migliorata nel corso dei decenni, ma dove decenza imporrebbe di non minimizzare l’accaduto, come pure è stato fatto da alcuni colleghi.
Queste aggressioni, verbali o fisiche che siano, operate da mafiosi o criminali, queste intemperanze o insofferenze nei confronti dell’esercizio della professione giornalistica da parte della politica, non possono e non debbono passare sotto silenzio.
Tutti questi episodi sono gravi e vanno condannati allo stesso modo e non è giusto che vi siano “figli di un dio minore”: per questo spiace che il servizio pubblico non abbia raccontato agli italiani, fino in fondo, quello che ha subito Maria Grazia Mazzola e ci auguriamo che presto possa essere colmata questa evidente lacuna che non riguarda solo la collega, ma tutti noi, cittadini e non solo giornalisti.
Dovrebbe essere sempre spiegata la violenza ai danni di un giornalista, a prescindere dalla testata, a prescindere dall’entità della minaccia o lesione inflitta.
Infatti, oltre ad essere in gioco la libertà, la salute o, finanche, la vita di chi, per mestiere, informa la gente, ad essere in pericolo sono la stessa democrazia e il diritto di tutti i cittadini ad essere informati, anche e soprattutto delle vicende che questi coraggiosi colleghi stanno documentando con il loro prezioso lavoro.
Invece capita all’interno del nostro mondo – quello giornalistico intendiamo – di dover leggere o sentire commenti diversi, a seconda di chi finisce nel mirino di criminali o di politici. Questa spirale del “chi è più minacciato” non ci appassiona, lo abbiamo già detto e scritto.
Non saranno gelosie, rancori, vendette, pregiudizi o altro a ordinare per gradi il nostro sdegno o a indirizzare una solidarietà che non sia stantia.
Per questo continueremo a dare il nostro sostegno a colleghi e colleghe che fanno il loro lavoro, con la schiena dritta, a prescindere dalla testata di appartenenza.
Per questo Libera Informazione aderisce a #ScortaMediatica il sit-in/conferenza stampa di solidarietà che si tiene martedì 20 novembre, in piazza della Stazione Vecchia a Ostia e che è stato promosso da Fnsi, Usigrai, Ordine dei Giornalisti e Articolo 21 e vede, oltre la nostra adesione, quella di Libera, Noi Antimafia, NoBavaglio, Ucsi, Ungp.
Trackback dal tuo sito.