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Le “storie” di Salvini sulla sicurezza

Piero Innocenti il . SIcurezza

salvini bisContinuano senza sosta gli “annunci” del ministro dell’interno Salvini su arruolamenti straordinari di poliziotti e carabinieri. L’ultimo è di un paio di giorni fa, annunciato da una terrazza del Viminale con la consueta camicia chiara, maniche rigorosamente rimboccate, ombrello aperto, a “raccontare” le ulteriori iniziative che il “nostro” intende adottare in tema di sicurezza. Tra queste, oltre alla storiella delle diecimila assunzioni di poliziotti e carabinieri (ci vorrebbero una decina di anni, iniziando subito le procedure, per ripianare gli organici), anche l’altra di chiusura serale obbligata, alle 21, per “i negozietti etnici che diventano ritrovo di spacciatori o di gente che fa casino”.

Il Ministro non perde occasione per mettere in relazione diretta la presenza di stranieri con lo spaccio di stupefacenti – e sul punto non ha tutti i torti attesa la percentuale alta di spacciatori stranieri che si rileva dai dati della DCSA – ma prendersela sic et simpliciter  con i negozietti etnici sparsi nel paese, mi pare fuori luogo. Anche perché, e non ci vuole molto a rendersene conto, lo spaccio avviene talvolta anche in modo sfacciato nelle strade e nelle piazze cittadine, senza bisogno di andare in quei “negozietti” che, quando sono mal frequentati o si “fa casino”, vengono tempestivamente chiusi provvisoriamente con provvedimenti dei Questori ai sensi dell’art.100 del Testo Unico sulle leggi di pubblica sicurezza.

Ma, tornando alla carenza degli organici nelle questure (che riguarda anche settori specialistici come la Stradale e la Ferroviaria), non si può non rilevare i recenti interventi sempre del Ministro dell’Interno che parla di potenziamenti virtuali in occasione di sue visite istituzionali qua e là nel Paese (in Veneto, il 7 ottobre, annuncia l’arrivo di 300 agenti, a Lodi, l’11 ottobre, parla di potenziamento della Questura portando l’organico a 210 unità). La verità è che a febbraio del 2019 termineranno alcuni corsi in atto – iniziati  a gennaio 2018 – e si vedrà ben poco in termini di sostanziale incremento di organico nelle varie Questure e Commissariati (mentre continuano le proteste dei diversi sindacati di polizia che denunciano la drammatica scopertura degli organici, per esempio,a Sassari, a Gorizia, a Perugia, a Venezia, solo per citare alcune province).

Rivedere l’assetto organizzativo e ordinamentale era prioritario e per questo obiettivo, circa due anni fa, nel dicembre del 2016, era stato istituito un Gruppo di lavoro presieduto dal Vice Capo della Polizia Vicario, per “innalzare i livelli di efficacia ed efficienza” revisionando le dotazioni organiche degli uffici di ps periferici ferme al 1989 e che hanno visto, in questi anni, decisamente poca attenzione da parte della classe politica dirigente. Dalla “bozza riservata” che è circolata nei giorni passati, alcune Questure “dovrebbero” perdere personale, altre prenderne, in relazione alla “fasce” in cui sono state catalogate (4 fasce più una fascia super che riguarda le Questure di Roma, Milano e Napoli). La cosa, a mio avviso sorprendente, è che l’organico complessivo del 1989 era di 108.856 unità (di cui 59.593 in forza alle questure), mentre con la legge 124/2015, la cosiddetta Legge Madia,  si riduce a 102.481. Un dato, poi, meriterebbe, forse, un’analisi accurata ed è quello relativo ai poliziotti (dei vari livelli), oltre 4mila, in servizio presso gli uffici Dipartimentali (nella Capitale), che obiettivamente sembrano eccessivi non solo perché a questi si deve aggiungere tutto il personale dell’Amministrazione Civile dell’Interno, ma anche perché, in diversi casi, il personale risulterebbe sottoimpiegato.

Tutto questo mentre in periferia si lotta, ogni giorno, scontrandosi spesso con i sindacati di polizia locali, per trovare qualche risorsa residua per le varie “emergenze”. Farebbe bene , allora, il ministro Salvini, dalla sua terrazza del Viminale, a riservare attenzione anche a queste situazioni per ripristinare equilibrio di risorse sul territorio. Aumenterebbe anche la lotta agli spacciatori, a tutti, anche a quelli che frequentano i “negozietti etnici”.

Questure di serie A e di serie B

Circola in questi giorni la “bozza riservata” (non divulgabile e, quindi, già diffusa!) sulla “Riorganizzazione delle articolazioni periferiche dell’Amministrazione della pubblica sicurezza“. Alcuni giornali hanno riportato immediatamente la notizia parlando, genericamente, di “potenziamento della sicurezza” in alcune aree. Altri, più aderenti alla realtà, hanno sottolineato il “taglio” di personale a diverse Questure ed il rinvio degli arruolamenti straordinari delle forze di polizia annunciato ripetutamente dallo stesso Ministro dell’Interno. Su quest’ultimo punto, in particolare, avevamo esternato forti perplessità perché, anche se si fossero trovate le risorse finanziarie per arruolare e ripianare gli organici (risalenti al 1989) della Polizia di Stato, sarebbero stati necessari almeno una decina di anni per tale operazione (avviando subito le procedure) attivando altre Scuole di Polizia e tenendo conto dei pensionamenti che nel frattempo intervengono.

Dunque, dei diecimila operatori in più per le forze dell’ordine di cui aveva parlato Salvini, non c’è più traccia e la realtà sul fronte della sicurezza che si va delineando è davvero sconcertante. Infatti, con la riorganizzazione delle Questure che si sta studiando si prevedono “tagli” di personale, anche notevoli, in alcune sedi ed il “potenziamento” di altre Questure ritenute di “categoria” superiore.

Insomma, sarebbero state individuate Questure di “prima fascia” (serie A, in totale 22 di cui tre, Roma, Milano e Napoli, “super”), di seconda fascia (serie B, totale 14), di terza fascia (50 di serie C) e “dilettanti”, di “quarta fascia” (20), sulla scorta di “indici sintetici” riconducibili a “variabili di contesto provinciale” (superficie dei centri abitati, popolazione residente) e specifiche delle attività di polizia (polizia di prevenzione, immigrazione, ordine pubblico, polizia criminale, polizia amministrativa e di sicurezza, dispositivi di protezione) riferiti al biennio 2016/2017.

Questa classificazione, non prevista da nessuna legge o da norme secondarie, che, a parere di chi scrive, potrebbe comportare, in prospettiva, anche una diversa “considerazione” (svalutazione?) a livello centrale e periferico, nelle comunità di insediamento, nei confronti dei questori delle sedi “inferiori”, è il frutto dello studio (quasi) biennale del gruppo di lavoro interdirezionale presieduto dal Vice Capo della Polizia Vicario disposto con decreto del Capo della Polizia del 27 dicembre 2016. L’obiettivo era quello di avanzare proposte di revisione delle dotazioni organiche sulla scorta di quanto indicato dalla legge 124/2015, la cosiddetta legge Madia e, soprattutto, di “individuare soluzioni organizzative appropriate per innalzare i livelli di efficacia e efficienza delle articolazioni periferiche dell’Amministrazione della P.S.” (quindi non solo le questure ma anche gli uffici delle Specialità della Polizia di Stato), elaborando le proposte di revisione dell’assetto organizzativo ed ordinamentale”.

Conoscendo e apprezzando le capacità dei prefetti Gabrielli e Savina, ai vertici della Polizia di Stato, due funzionari (“un’accoppiata competente e libera” come si dice negli ambienti polizieschi) che non sono certamente condizionabili da pressioni politiche, non ho dubbio che questi obiettivi possano essere conseguiti. Sempre che si riescano a vincere le forti resistenze al cambiamento che si registrano all’interno e si modifichi l’Accordo Nazionale Quadro con i Sindacati di polizia risalente al 2009 che ha causato, nel tempo, alcune “derive” locali nella gestione dei servizi di polizia.

Qualche perplessità arriva, tuttavia, dalle previsioni che, rispetto agli organici del marzo 2018, ben 41 questure “dovrebbero perdere” personale dei ruoli di polizia che vanno nelle altre 59 questure. Tra le “perdenti”, anche le questure di Reggio Calabria (meno 224 unità), Messina (meno 116), Genova (meno 428), Latina (meno 190), Bolzano (meno 83), Nuoro (meno 175). Tra le questure che “prendono personale”, quella di Crotone, il drappello più consistente (152unità), seguita da Catania (146), Padova (134), Brescia (131), Reggio Emilia (115), Rimini (101), Ravenna (88), Ferrara (55), Modena (20), Piacenza (10) per arrivare a Chieti e a Verbano-Cusio-Ossola con una sola unità.

Aspettiamo di vedere presto una Polizia più presente sul territorio e meglio organizzata, confidando in questo nel binomio Gabrielli-Savina e meno alle sparate quotidiane del ministro dell’Interno.

Ministro, pensi anche alle mafie italiane (e ai loro rapporti con la massoneria)

Il ministro Salvini, esperto (si fa per dire) nella adozione di drastiche strategie anti immigrazione (chiusura dei porti alle navi che soccorrono migranti in mare,rimpatri forzati per tutti, più trattenimenti nei Cpr) e di prevenzione dello spaccio di stupefacenti (agenti di polizia e carabinieri, con cani antidroga ai cancelli delle scuole), dovrebbe approfondire la materia del contrasto alla criminalità organizzata mafiosa italiana e straniera, tema sul quale non sembra avere particolare dimestichezza né grande interesse. Tant’è che nel decreto legge n°113 del 4 ottobre sulla sicurezza (unificato con quello sull’immigrazione) e già entrato in vigore il 5 ottobre scorso, di attività di potenziamento contro queste organizzazioni criminali non vi è traccia alcuna.

Eppure, lo ricordiamo al ministro Salvini (che è anche vice Presidente del Consiglio), già, però, molto concentrato sulle elezioni europee di metà del prossimo anno, i cittadini continuano a vivere, da decenni, in un Paese in cui vaste zone sono sotto il controllo delle varie mafie (nel frattempo a quelle tradizionali si sono aggiunte altre “mafiette”). Mafie che, in realtà, sono sicuramente meno violente rispetto al passato ma soltanto perché preferiscono agire “prevalentemente attraverso modalità collusive e corruttive” nei diversificati affari criminali “in cui confluiscono soggetti dell’impresa, della politica, dell’amministrazione”.

Ecco, sarebbe importante per tutti i cittadini perbene vedere il Ministro dell’Interno, “maniche rimboccate” (“bellicoso”,come accade spesso di vederlo in tv), iniziare una vera “campagna di guerra”, utilizzando a pieno regime tutte le risorse di prim’ordine che da lui dipendono magari rinforzandole (su tutte la DIA), contro le mafie, non solo quelle che hanno le caratteristiche previste dall’art.416bis del codice penale ma anche nei confronti di “quelle organizzazioni criminali (…) che sono (…) di estremo pericolo per il sistema sociale, economico, istituzionale”. Sono alcuni dei punti richiamati nella interessante relazione del dicembre 2017, probabilmente già  “impolverata” in qualche cassetto parlamentare, della Commissione parlamentare Antimafia sui rapporti di cosa nostra e della ‘ndrangheta nella massoneria in Sicilia e Calabria. Nell’attesa che venga attivata (inspiegabile, per chi scrive, questo ritardo) la Commissione d’inchiesta Antimafia ( istituita con la legge 7 agosto 2018 n°99) per la quale sono stati pure individuati ulteriori ambiti di indagine rispetto a quelli previsti dalla legge 87/2013, appare significativo quel potere di “verificare l’infiltrazione all’interno di associazioni massoniche o comunque di carattere segreto o riservato” ma, soprattutto, i poteri finalizzati alla promozione della cultura della legalità. Si tratta, come è noto, di un punto insidioso e preoccupante come hanno evidenziato indagini di polizia giudiziaria passate che hanno evidenziato rapporti tra alcune logge massoniche deviate e ambienti criminali e molto opportunamente è stato ripreso dal nuovo Parlamento l’auspicio formula dalla precedente Commissione Antimafia che aveva sottolineato la necessità di proseguire nella nuova Legislatura il lavoro d’inchiesta avviato per non trascurare “l’approfondimento del mondo magmatico delle massonerie irregolari, del loro potenziale relazionale, dell’atteggiarsi delle mafie nei loro confronti”.

Tutte cose sulle quali il Ministro dell’Interno farebbe bene a riflettere, magari facendosi redigere sintetici “appunti” dallo staff del suo Gabinetto, senza trascurare le relazioni della DIA (almeno le ultime due del 2017) e quella, altrettanto “illuminante”, sulle “Mafie nel Lazio” del 2018. Non credo che il Ministro dormirebbe sonni tranquilli.

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