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Trafficanti e spacciatori nelle carceri italiane

Piero Innocenti il . Droga

spacciatore spaccio droga-2Le carceri italiane (e buona parte delle camere di sicurezza delle Questure e dei Comandi Carabinieri) continuano a “ospitare”  un’apprezzabile percentuale di stranieri sul totale dei detenuti per reati vari. Alla fine di settembre scorso, su circa 60mila reclusi il 35% era costituito da stranieri. Una percentuale eguale a quella rilevata alla fine del 2017, quando, sul totale dei detenuti (57.608) presenti nelle carceri, il 34,3%, ossia 19.745, era costituito da stranieri. Il valore più alto del decennio si è avuto nel 2008 e 2009 con una percentuale costante, del 37,1%  sul totale, rispettivamente, di 58.127 e 64.791 detenuti. Sono dati statistici (del 2017) del Ministero della Giustizia, riportati nella “Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia“, redatta dal Dipartimento delle Politiche Antidroga (DPA- Presidenza del Consiglio dei Ministri) e presentata al Parlamento nei giorni scorsi.

Il fenomeno delle tossicodipendenze, anche nel nostro Paese, continua ad essere preoccupante (così come lo è la disattenzione ultradecennale riservatagli dalla politica) per la diffusione assunta negli anni anche nel contesto giovanile. Ancor più preoccupante è la dimensione criminale che vede coinvolte, in particolare nello spaccio, persone insospettabili e una percentuale ancora alta di stranieri, in molti casi persone soccorse, accolte e a cui è stato riconosciuto anche lo status di rifugiato o di protezione umanitaria. L’ultimo episodio è del  9 ottobre scorso con l’arresto, da parte dei carabinieri di Arezzo, di un drappello di otto nigeriani, tutti richiedenti asilo, che smerciavano cocaina ed eroina nella piazza della città. Così, alla fine del 2017, la percentuale degli stranieri denunciati a livello nazionale per produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti (art.73 del DPR 309/1990) era del 39,3% (7.394 persone) sul totale di 18.817 reclusi per tale delitto. Una percentuale aumentata negli ultimi tre anni (era stata del 37,3% nel 2015 e del 38,9% nel 2016) ma ben lontana dal 48,4% del 2008 e costantemente sopra il 40% nei sei anni successivi.

Quest’anno, secondo dati non consolidati della DCSA relativi ai primi nove mesi, si rileva un numero maggiore di stranieri coinvolti nello spaccio, in linea con gli aumenti degli “ingressi” nelle carceri per il delitto ex art.73 suindicato, passati da poco più di 12mila nel 2015 a 14mila nel 2017. Nella graduatoria regionale del 2017, dove sono stati commessi più delitti collegati alle droghe, la Lombardia è in testa, seguita da Emilia Romagna, Lazio, Campania e Sicilia. Relativamente, poi, al numero di stranieri coinvolti nello spaccio, la percentuale è di oltre il 70% sul totale dei denunciati in Emilia Romagna, Trentino- Alto Adige e Veneto. In Sicilia, Puglia, Calabria e Molise, invece, è al 90% la quota di cittadini italiani trafficanti/ spacciatori. E, sempre dalle elaborazioni dei dati della Giustizia, emerge che gli stranieri condannati con sentenza definitiva provengono in prevalenza da Marocco (25%), Albania (12%), Tunisia (12%), Nigeria (11%), Gambia (8%) e Senegal (5%).

Se ci fossero stati accordi (se ne parla da decenni) per far scontare le pene detentive nelle carceri dei rispettivi paesi, il sistema carcerario italiano ne avrebbe tratto notevoli benefici, soprattutto per i gravi problemi derivanti dal sovraffollamento, che si ripropongono di tanto in tanto e ai quali si cerca rimedio facendo ricorso alla detenzione domiciliare. Da dove, come l’esperienza dimostra, si può continuare a spacciare con tranquillità.

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