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Focus su droga e antidroga

Piero Innocenti il . Droga

DrogaDopo le 1.638 operazioni antidroga di giugno scorso, il numero più basso dell’anno, anche a luglio si conferma la “pausa” estiva nell’azione generale di contrasto con 1.647 operazioni effettuate su tutto il territorio nazionale dalle forze di polizia e dalle dogane. Sulle possibili cause di questo temporaneo rallentamento nella repressione che, di norma, si registra nel periodo estivo, abbiamo espresso, anche di recente, la nostra opinione ricollegandola ad una minore presenza degli addetti all’antidroga e ad un generale disinteresse che continua a rilevarsi a livello politico-istituzionale sul tema delle tossicodipendenze e sulla criminalità collegata al narcotraffico. Sia pure a ranghi ridotti, tuttavia, le tre forze di polizia continuano nella loro attività che ha portato al sequestro, nel solo mese di luglio, di 4.462,782kg di stupefacenti , in gran parte di marijuana (4.023,196kg) come si rileva dai rapporti mensili elaborati l’8 agosto u.s. dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Servizi che hanno portato a denunciare all’a.g. 2.177 persone ( il valore più basso dell’anno) di cui 1.533 in stato di arresto, 620 in stato di libertà, 6 in stato di irreperibilità, 821 gli stranieri (il 53% sul totale dei denunciati), 88 i minori. Tra i dati più significativi vi è sicuramente quello dei sequestri di piante di cannabis con il record mensile di 109.953 piante ( già superato, quindi, il numero dei sequestri di 265.635 piante dell’intero 2017) in ben 60 province , a partire da quella di Barletta/Andria/Trani dove sono state localizzate e distrutte 50.300 piante, a Reggio Calabria con 15.794, a Foggia con 18.004 a Napoli con 4.734. Anche le 572 dosi di Lsd nel vicentino, sul totale nazionale mensile di 593 dosi, rappresentano il valore più alto nei sequestri di questa sostanza negli ultimi tre anni dopo quelli, nel novembre del 2015, di 5mila dosi a Bergamo e 2.103 a Varese. Porti e coste pugliesi continuano ad essere i punti privilegiati dalla criminalità albanese per gli sbarchi di consistenti carichi di marijuana prodotta in Albania. Così, sempre a luglio, sul totale sopraindicato di poco più di 4ton di marijuana sequestrate in tutto il paese, 3.631,775kg sono stati bloccati complessivamente in acque internazionali, nel canale d’Otranto (282kg), a Bari (922,349kg), 922,345kg a Brindisi, 1.467,079kg a Lecce e 132,104kg a Foggia. Un traffico che, in effetti,va avanti da molti anni e che richiederebbe un controllo più adeguato sulle coste albanesi.

Fare affari con la marijuana
Aspettando che, prima o poi, anche nel nostro Paese, superati tutti gli ostacoli etici, giuridici, sociali, si legalizzi pienamente la cannabis ( non solo per uso medico ma anche ricreativo), sono già molti quelli che si stanno organizzando per eventuali investimenti nel settore della produzione e della lavorazione della pianta. Stimolati anche dalle notizie che giungono dagli Usa dove l'”industria della marijuana” è già realtà e il grande business del momento, perlomeno in alcuni Stati. E’ quanto emerge anche dall’interessante articolo di Maria Teresa Cometto ( su Economia, Corriere della Sera del 20 agosto scorso) che ricorda come dei trenta Stati americani che hanno già legalizzato la cannabis per uso medicale, ben nove (California, Alaska, Colorado, Maine, Massachusetts,Nevada, Oregon Vermont e il distretto DC della Capitale), consentono l’uso puramente ricreativo della marijuana. Al recente sondaggio del Pew Research Center ( ottobre 2017, pubblicato a gennaio 2018) secondo cui il 61% degli americani sarebbe favorevole alla legalizzazione ( erano il 30% nel 2000), si aggiungono le stime fatte da diverse società secondo cui se venisse legalizzata completamente la marijuana si creerebbero, entro il 2025, oltre un milione di posti di lavoro con un fatturato previsto, entro il 2030, di 75 miliardi dollari. Niente male tenuto conto che già oggi, oltre 230mila lavoratori sono impiegati nell’industria legale della marijuana, un settore che nel triennio 2015/2017 ha già registrato numerose aziende fare investimenti per oltre 5 miliardi di dollari nelle coltivazioni di piante di cannabis,nelle attrezzature per il consumo dei derivati, in prodotti a base di cannabis,in biotech e farmaceutica. La cosa sorprendente è che un’alta percentuale (il 36%) di aziende americane coinvolte nel settore della cannabis (coltivatori, intermediari, produttori di alimenti e farmaci) tra cui la National Cannabis Industry Association, è guidata da donne. In Italia, è noto, la marijuana è richiestissima. Lo si deduce anche dai sequestri operati dalle forze di polizia che sono andati progressivamente aumentando dai 4.985kg del 2006 ai 40.000kg del 2016, agli oltre 90.000kg del 2017 (quest’anno, al mese di giugno, già intercettati oltre 20.000kg) secondo dati elaborati dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Tento conto che la quantità di marijuana circolante e consumata è, secondo stime degli analisti di settore della DCSA ( e anche da valutazioni fatte in passato dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo) sei, otto volte superiore a quella sequestrata, si possono ragionevolmente valutare in circa 10, 13 miliardi euro le spese sostenute per il consumo di cannabis. Se la cannabis fosse legalizzata nelle casse dello Stato potrebbero entrare annualmente dai 7 ai 9 miliardi di euro. A queste entrate fiscali si sommerebbero i contributi previdenziali di coloro che coltivano le piante e di quelli che lavorano nella trasformazione della sostanza. I problemi della salute pubblica ed il mercato nero, parallelo a quello lecito della droga, che inevitabilmente si crererebbe, probabilmente passerebbero in secondo piano innanzi ai soldi. Non si può neanche escludere che la marijuana e in generale l’uso di derivati della cannabis possano risultare utili per alcune patologie. Ricordiamo che la regina Vittoria usava la marijuana per combattere la fastidiosa emicrania di cui soffriva con buona frequenza mentre alcuni scienziati americani, alcuni anni fa, erano arrivati a sostenere che molti dei miracoli compiuti da Gesù Cristo sarebbero dovuti all’uso di un olio estratto dalla cannabis che a quei tempi veniva usato per curare malattie della pelle, degli occhi e l’epilessia. Naturalmente, laddove si arrivasse alla legalizzazione della marijuana potrebbe accentuarsi anche quel fenomeno del “ritorno ai campi”, soprattutto in alcune regioni del Sud che presentano condizioni climatiche favorevoli per tali colture, da parte di chi intende specializzarsi nella coltivazione della pianta di cannabis. Considerato, tuttavia, l’attuale forte consumo di questa sostanza, non credo si possa raggiungere, in tempi brevi, un livello di autosufficienza nella produzione e, quindi, il nostro Paese continuerebbe ad essere la destinazione principale della marijuana del villaggio di Lazarat (Albania) che assicura, da molto tempo, la produzione di un migliaio di tonnellate l’anno per un valore di mercato di circa 5 miliardi di euro. Senza particolari intralci da parte delle autorità locali di polizia.

Aumentano i “coltivatori” diretti della cannabis
La recente scoperta a Vibo Valentia, l’ennesima in alcune zone del sud Italia, da parte della Polizia di Stato di una piantagione di cannabis (26mila piante) è la ulteriore conferma di come questa attività sia sempre più fiorente (e redditizia). Su quest’ultimo aspetto, poi, è stato lo stesso “protagonista”, un trentenne imparentato con un noto esponente della ‘ndrangheta e diventato collaboratore di giustizia a fornire i particolari al magistrato che lo interrogava, sulla produzione di marijuana, sull’acquisto on line dei semi di canapa presso alcuni negozi di Genova (tutti sequestrati), sull’utilizzo di droni per controllare le colture, sulla germinazione, la fioritura, la lavorazione delle piante e, infine, sulla immissione nel mercato del “prodotto”finale. Il commercio e lo spaccio, in genere, erano affidati ad altri membri del clan (17 gli arrestati e 21 quelli indagati in stato di libertà) mentre alla “manovalanza” degli extracomunitari spettava lo spaccio al minuto (come accade, di norma, nella filiera del narcotraffico). Spuntano, dunque , piantagioni in molte zone, talvolta dislocate in punti impervi come è accaduto con le circa 400 piante individuate dai carabinieri il 20 luglio scorso a Tiriolo (CZ). Altre volte le colture si sviluppano in contesti molto “domestici”, come a Milano dove, sempre il 20 luglio, la Polizia ha scoperto 170 piantine ben curate di marijuana nel solaio di uno stabile o la miniserra, una decina di piante, tenuta nel box di un fioraio, dipendente di un vivaio, che aveva deciso di attivare un’autonoma “fonte di reddito”. Reddito decisamente interessante se si pensa che i pochi euro investiti per acquistare semi di cannabis producono, per ciascuna pianta, dai 200 ai 300 euro. Aumenta sempre di più, dunque, la schiera di gente comune che attratta da queste possibilità di guadagno e dal “passaparola” che circola, si improvvisa coltivatore di marijuana. L’efficacia deterrente delle sanzioni penali è davvero minima e, alla fine, si rischia poco con l’attuale, annacquata, legislazione sugli stupefacenti. Anche in questi primi sei mesi del 2018 si rilevano, complessivamente, consistenti sequestri di piante di cannabis come emerge dai dati, ancora non consolidati, della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA), elaborati sulla scorta dei rapporti mensili pubblicati sul sito ufficiale della Polizia di Stato: 171.026 di cui 135.651 piante nel solo mese di giugno e di queste ben 99.921 nella provincia di Vibo Valentia. Territorio sotto il controllo della ‘ndrangheta per la quale, lo ricordiamo, il traffico degli stupefacenti rimane la fonte primaria di arricchimento (cfr. la relazione DIA 2017, presentata alcuni giorni fa al Parlamento). Quando, oltre un quarto di secolo fa, ipotizzammo che la situazione delle colture di canapa made in Italy poteva diventare problematica (a quei tempi si cominciavano a individuare piccole colture, sperimentali), molti respinsero questa ipotesi. Ebbene, negli ultimi dieci anni, su tutto il territorio nazionale le forze di polizia hanno sequestrato e distrutto 7.363.738 piante con il picco più alto – oltre 4 milioni – nel 2012 . Un volume di affari annuo di centinaia di milioni di euro. Di certo anche in ambito UE non c’è da stare tranquilli. E’ sufficiente dare uno sguardo alla ultima relazione europea sulla droga presentata a giugno scorso dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze ( i dati si riferiscono al 2015): 11.441.789 (l’equivalente di circa 39 tonnellate) piante intercettate in tutta l’UE, con l’Olanda sul “podio” (9.940.000 piante), seguita dal Regno Unito (399.230), dalla Spagna (379.846) e dalla Germania 154.621). Insomma, l’UE che mostra, spesso, sfasature e divergenze su vari temi “comuni”, appare sempre più connotata da una sorta di “mercato comune della cannabis”. D’altronde, è anche dal commercio della marijuana e della resina di cannabis, derivati dalla pianta, che il Pil dei vari paesi membri si incrementa di quello (stimato) zero virgola nove per cento, per la “tranquillità” dei vari Governi in carica sempre alle prese con problemi la cui soluzione è ritenuta prioritaria per restare al potere. I traffici di marijuana e chi li gestisce sono, erroneamente, ritenuti secondari.

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