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Le politiche migratorie in Italia

Piero Innocenti il . L'analisi

politiche migratorieNel “Dossier Viminale” sulla sicurezza (periodo 1 agosto 2017-31 luglio 2018) presentato dal ministro dell’interno Salvini in occasione della consueta riunione ferragostana del Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica tenutosi a San Luca (Reggio Calabria), ci sono alcuni dati che offrono spunti di riflessione unitamente a qualche “dimenticanza” – chissà se involontaria.

Ci si chiede, così, come mai non siano stati forniti i dati sull’azione di contrasto al narcotraffico da parte delle forze di polizia, fenomeno delinquenziale  che, è sotto gli occhi di tutti, continua a rappresentare un grave problema per l sicurezza pubblica in molte città. Ha forse subito un rallentamento l’azione generale di repressione nel settore? Può costituire un “intralcio” al commercio degli stupefacenti i cui profitti stimati in diversi miliardi di euro ogni anno vanno ad incrementare, insieme a quelli derivanti dalla prostituzione e dal contrabbando di sigarette, il Pil nazionale?

Anche nel sintetico prospetto “andamento delittuosità”, i 2.240.210 delitti  indicati (si badi bene, dato non consolidato) del periodo 1 agosto 2017-31 luglio 2018, non si discostano molto dal dato del periodo precedente (1 agosto 2016-31 luglio 2017) quando se ne annotarono 2.453.872 (dato consolidato) e la flessione non è certo imputabile ad un calo di delitti  ma, più verosimilmente, a una sfiducia aumentata tra i cittadini che non vanno, in molti casi, neanche più a denunciare.

Non vengono poi precisati quanti siano stati gli autori dei delitti scoperti che, normalmente, secondo dati elaborati in passato dagli operatori interforze del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale di Polizia Criminale, oscillavano intorno al 25% sul totale dei delitti, dato che la dice lunga su quel senso di impunità che si respira nei vari ambienti della criminalità. Non siamo forse ancora il “paese più appetibile per i criminali”, come si legge  nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare Antimafia, febbraio 2018?

Sempre elevato il numero dei furti in generale, ben 1.189.499, il 55% sul totale sopraindicato dei delitti e anche in questo caso un prospetto più analitico avrebbe messo in evidenza come i furti nelle abitazioni continuino ad essere molto alti. Un piccolo sforzo e si potevano rendere pubblici  anche i furti con destrezza, quelli negli esercizi commerciali, quelli di autovetture. Così pure delle 28.390 rapine denunciate (31.904 nel periodo antecedente) si potevano anche distinguere quelle compiute in casa, sulla pubblica via, nei negozi, negli uffici postali o altro.

Sulla “sicurezza stradale” pare di  capire che il numero degli incidenti stradali rilevati (75.541) sia soltanto quello della Polizia Stradale (in lieve aumento rispetto al periodo dell’anno prima) e comunque i numeri, sia pure parziali, sono davvero poco rassicuranti: 1.505 persone decedute,  4 al giorno; 49.644 quelle ferite,136 al giorno; 206 incidenti stradali mediamente al giorno, 8 ogni ora, mentre per  la vigilanza sarebbero state impiegate quasi 4 milioni di pattuglie (esattamente 3.964.514) ossia oltre 10mila pattuglie al giorno (ossia più di 20mila operatori inclusi, presumo, quelli delle Volanti e dei servizi dei Carabinieri).

Insomma, la stringatezza e genericità di alcuni punti del “dossier” preparato per Salvini fanno pensare al tentativo, già registrato in analoghe circostanze e con altri esponenti di Governi passati, di rassicurare la gente (una buona parte in vacanza) che sulla sicurezza pubblica le cose stanno imboccando la strada giusta del “cambiamento”, grazie alla nuova classe politica dirigente.

Ridicole, ma non è neanche questa una novità, le esternazioni fatte nelle ultime ore da alcuni esponenti politici secondo cui il maggior numero di arresti e di denunce fatti dalle forze di polizia sarebbe merito anche dei Governi Renzi-Gentiloni, la cui disattenzione sulla sicurezza pubblica e nei confronti delle forze dell’ordine, in realtà, è stata particolarmente evidente.

Vedremo meglio, agli inizi del 2019, quando i dati sulla delittuosità del 2018 si saranno stabilizzati e ci saranno “atti di indirizzo” e una “attività legislativa” finalizzati a rendere più incisiva l’attività delle forze di polizia se si può realmente parlare di  “Governo del cambiamento” nel settore cruciale della sicurezza pubblica.

Le politiche migratorie in Italia dovrebbe indicarle il Presidente del Consiglio dei ministri con il “documento programmatico” triennale

Il tema delle “politiche migratorie” in Italia è di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale “sentiti i ministri interessati, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi nell’assistenza e nell’integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentativi sul piano nazionale, predispone ogni tre anni, salva la necessità di un termine più breve, il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento”. In questo senso il comma 1 dell’art.3 del D.Lgs. 25 luglio 1009 n.286, “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.

Al Ministro dell’Interno spetta soltanto la presentazione annuale al Parlamento di “una relazione sui risultati raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico”. In realtà di questo importante documento si sono perse le tracce da oltre dieci anni e cioè da quando fu emanato quello relativo al triennio 2006-2006 (ordinanza del Presidente del Consigli dei ministri del 2 dicembre 2005 su G.U. n.288 del 12 dic. 2005). Il successivo documento per il triennio 2007-2009 è rimasto in “bozza” e non è stato emanato (il Governo di centrosinistra cadde nell’aprile 2008), probabilmente perché troppo attento e coerente con le politiche migratorie dell’UE di quel periodo e con gli indirizzi del Consiglio Europeo di Tampere (1999) che prefiguravano una politica dell’immigrazione fortemente integrata nelle politiche interne ed estere comunitarie.

Erano i tempi in cui ci si ispirava più ai principi di libertà, sicurezza e giustizia, agli obiettivi dello sviluppo e della pace e, quindi, con un sostanziale riequilibrio delle decisioni del Consiglio Europeo di Siviglia (2002), incentrate, in modo esclusivo, sui problemi della sicurezza e della lotta ai clandestini. Che è il periodo che si sta (ri)vivendo oggi.  Troppo “avanzate” le idee di allora sulle politiche migratorie contenute nella “bozza” con gli obiettivi, tra l’altro, di perseguire le condizioni dell’inserimento sociale degli immigrati e delle loro famiglie, dell’integrazione e di una ordinata convivenza civile, la regolamentazione del diritto di cittadinanza, il riconoscimento del diritto di voto amministrativo agli immigrati con permesso di soggiorno CE.

Nella bozza del documento programmatico erano anche indicati i provvedimenti che sarebbero stati assunti dal Governo per contrastare il lavoro sommerso ed in particolare le misure contro lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Pratica che continua vergognosamente in diverse zone del paese. Il documento programmatico non dovrebbe considerarsi un mero adempimento burocratico perché è con questo che vengono indicate, tra l’altro, “..le misure di carattere economico e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello Stato..” e vengono delineati “..gli interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone..” (comma 3 dell’art.3 T.U.).  È sempre il Presidente del Consiglio dei ministri, questa volta di concerto con il Ministro dell’Interno che provvede alla istituzione dei Consigli territoriali dell’immigrazione (organismi spesso ignorati se non dimenticati) con “compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare in sede locale”, ambito in cui le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali debbono svolgere funzioni rilevanti per gli immigrati in tema di alloggio, di integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana (comma 5 dell’art.3 T.U.).

Diritti  e persone che, negli ultimi tempi, si stanno ignorando e talvolta calpestando in quella che appare sempre di più una “navigazione a vista” nel mare sempre agitato dell’immigrazione, senza uno straccio di “documento programmatico” sulla materia.

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