Troppi spacciatori di droghe intorno alle nostre scuole
Le scuole italiane, gli studenti, anche giovanissimi, sembrano diventati gli obiettivi privilegiati degli spacciatori di stupefacenti. Non da ieri, in realtà, ma da un po’ di tempo anche se, ultimamente, si stanno rilevando troppi episodi emblematici di una situazione molto peggiorata che necessiterebbe di una particolare attenzione di tutte le autorità locali, non solo di quelle di pubblica sicurezza.
L’obiettivo che si prefiggono i criminali in questo ambito è quello di far crescere il mercato illecito, cioè la domanda di droghe, coinvolgendo giovani e giovanissimi, potenziali futuri consumatori, spesso ignari dei pericoli cui vanno incontro anche per la scarsa informazione e prevenzione primaria (intesa nella sua accezione più completa di “medicina preventiva”) che si fa in gran parte delle scuole. Tranne alcune lodevoli eccezioni – va detto – dovute allo spirito d’iniziativa di singoli capi d’istituto.
Da troppo tempo, ormai, il problema è stato sottovalutato (in qualche caso rimosso) pensando si trattasse di casi sporadici in parte attribuiti anche a situazioni familiari precarie. La realtà di oggi è molto diversa e a ricordarcelo sono le vicende di cronaca quotidiana che la stampa riporta in diverse province italiane. Solo negli ultimi giorni si sono susseguiti molti fatti. Proviamo a riassumerli partendo dal principio che nello specifico settore non si può affidare solo alle forze di polizia il compito della vigilanza e della prevenzione nelle scuole e nelle adiacenze.
Così continuano i blitz con i cani antidroga in alcune scuole tra Lodi e Sant’Angelo, mentre a Savona la polizia “entra a scuola con i reparti cinofili” per parlare con gli studenti di sicurezza e legalità. A Frosinone, grazie ad un’attenta attività di osservazione, la polizia ammanettava un italiano ed un egiziano che, innanzi ad una scuola materna, approfittando della confusione in occasione della entrata ed uscita dall’istituto, spacciavano diverse dosi di hashish e cocaina. Va in carcere, pizzicato a Bologna dalla polizia, un cittadino gambiano di ventun’ anni considerato il “pusher delle scuole” di Ferrara. Ad Avellino controllo della polizia all’interno dell’istituto Amatucci su richiesta della preside con il rinvenimento, nei bagni, di diverse dosi di hashish e marijuana. Uno studente minorenne viene arrestato a Treviglio mentre spacciava hashish nei pressi dell’istituto Cantoni. I carabinieri fanno controlli con cani addestrati in due istituti di San Giovanni Valdarno (Arezzo), trovando marijuana e hashish tra i banchi e segnalando alla Prefettura tre giovani minorenni quali consumatori di stupefacenti. Ad Olbia si costituisce alla polizia un pakistano ricercato, insieme ad altre due persone, per spaccio di hashish, marijuana e cocaina ad alunni delle scuole olbiesi. Ed ancora, a Monza, la polizia arresta tre persone accusate di spacciare anche eroina con lo “sconto” ai minori, nei pressi della locale stazione ferroviaria. Per ultimo, il 20 maggio scorso, a Cremona l’arresto di uno studente spacciatore riaccende i riflettori sull’allarme droga nelle scuole della città.
Questa dei minori è, poi, un’altra piaga dolorosa nel mondo delle droghe. Già 412, infatti, i minori denunciati dalle forze di polizia per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio nei primi quattro mesi del 2018. Tornando al mondo della scuola di fronte al problema della droga non si può non rilevare come, in generale, l’azione scolastica nell’ambito della prevenzione delle tossicodipendenze sia stata spesso intesa ed attuata come un intervento occasionale ed estemporaneo, limitato quasi esclusivamente alle scuole secondarie superiori, non di rado “imposta” dal verificarsi di situazioni particolari ( studenti in possesso di stupefacenti, rinvenimento di droghe tra i banchi di scuola, nei bagni ecc..) che hanno suscitato allarme tra i docenti, presidi e genitori ed alimentato la rincorsa ad una sorta di pronto soccorso antidroga attivato d’urgenza per via didattica magari con il contributo di qualche “esperto” esterno appositamente individuato. Si tratta di iniziative estemporanee, una tantum, la cui inefficacia è stata comprovata da tempo. La dimensione preventiva dell’educazione non può essere intesa come un fatto episodico, limitato solo ad alcuni momenti dell’azione formativa nelle scuole.
Azione formativa che può ben rifarsi ai tradizionali contenuti della cultura scolastica come ci ricordava, molti anni fa, Corradini L. (cfr. Educazione come prevenzione, Atti del Convegno regionale promosso dal Ministero della Pubblica Istruzione, Milano, 1981), secondo cui “si può dare un contributo alla lotta alla droga leggendo Platone, si può fare educazione civica traducendo Cicerone o comparando Socrate con Don Milani…e non solo discutendo la pubblicità, la fisiologia della nutrizione e la distribuzione geografica delle risorse”.
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