Bombe, dune e Banca di credito cooperativo – 2
Dalle indagini dei Carabinieri emerge la trattativa tra il sindaco di Carmiano (Le) Giancarlo Mazzotta ed esponenti del clan Tornese
Le parole di un testimone sentito dai Carabinieri, gelano il sangue: “Questa è gente che ti taglia la testa”, disse in lacrime, in preda alla paura. Era la fine del 2012.
Secondo il testimone, sul terreno in contrada Padula Fede, confiscato al clan Tornese della sacra corona unita e assegnato all’associazione Libera di don Ciotti, avevano messo gli occhi sia “quelli di Torre Santa Susanna” (Br), ovvero i fratelli Bruno dell’omonimo pericolosissimo clan, sia Mazzotta, sindaco di Carmiano.
Due offerte differenti: “300mila euro i primi, surclassati con 2milioni di euro dal secondo”. E il sospetto di una trattativa.
Del resto, sul territorio di Porto Cesareo (Le), un Comune che vanta spiagge dalla sabbia bianca e fine, tra le più belle del Salento, anche i Bruno avevano i loro affari, contando su imprenditori del settore turistico, loro prestanome.
Tornando agli attentati, la sera in cui fu messo a segno il secondo ai danni del sindaco di Porto Cesareo Salvatore Albano, testimoni sentirono passare una motocicletta, con a bordo probabilmente gli autori materiali. Qualche giorno dopo, il 6 novembre 2012, il due ruote, risultato rubato a Erchie in provincia di Brindisi, fu trovato bruciato in una zona difficilmente raggiungibile se non da esperti conoscitori dei luoghi, vicino all’imbocco di via dei Canali, strada che da Leverano (Le) porta alla Erchie-Torre Santa Susanna spesso battuta dai ladri d’auto torresi.
Bastano queste circostanze a ipotizzare che dietro le bombe vi fossero i brindisini, disposti a tutto pur di averla vinta? Non è da escludere, ma salta all’occhio che tra i clan Tornese e Bruno all’epoca dei fatti, come documentato anche dalle relazioni della Direzione Investigativa Antimafia, non vi fossero dissapori.
Tre bombe nel proprio territorio sarebbero state lesa maestà, si sarebbe scatenata una faida che invece non c’è stata.
Procedendo per fatti e attività investigativa, nel 2013 una persona parlò con i carabinieri della Compagnia di Campi Salentina, che indagavano e indagano e sulle bombe e su Bcc, insieme ai colleghi del Ros di Lecce, coordinati dalla Procura: “Olivieri già da tempo per conto di Caracciolo Antonia è interessato alla questione di un terreno in prossimità di Riva degli Angeli, già confiscato al clan Tornese – si legge in una annotazione di Polizia Giudiziaria”.
“In particolare lo stesso clan malavitoso vorrebbe rientrare in possesso di tale terreno per la successiva vendita. All’acquisto dello stesso terreno, nella scorsa primavera si era già proposto Giancarlo Mazzotta, sindaco di Carmiano (Le), proponendo alla Caracciolo la somma di euro 2milioni. Il Mazzotta è molto vicino al clan Tornese in quanto legato da rapporto di cuginanza con Mario Tornese, il quale è stato il padrino di cresima. Lo stesso Mazzotta in passato avrebbe concluso un’operazione di truffa mediante la realizzazione di un complesso turistico e la successiva vendita di appartamenti, su carta, con conseguente dichiarazione di fallimento.
Il denaro necessario all’acquisto del terreno su cui realizzare il villaggio provenivano da alcuni politici di Roma interessati a lucrare nell’affare. Da tale operazione il Mazzotta dispone di considerevoli cifre di denaro che intende investire in altri villaggi turistici”.
Intanto risulta che Fernando Antonio Olivieri detto “Penna Bianca” giocò su più fronti, proponendo il ghiotto affare.
A fine febbraio 2013, un imprenditore raccontò ai militari che a cavallo dell’estate 2011 fu contattato da un amico perché quel tale Olivieri voleva vendergli un’area in zona Riva degli Angeli. Vi furono scambi, chiamate e un incontro in loco. Il possibile acquirente però “mi sono informato attraverso mie conoscenze sull’effettivo status legale di quei terreni – spiegò ai carabinieri -, ottenendone risposte che mi hanno indotto a rinunciare all’acquisto”.
Olivieri avrebbe proposto quei terreni a più persone tra cui Giancarlo Mazzotta, anche in quel caso
truffaldinamente.
Così raccontò lo stesso sindaco, a giugno del 2011, all’allora comandante provinciale dei carabinieri di Lecce e ai militari del nucleo investigativo dello stesso comando.
L’amministratore pubblico asserì che nelle settimane precedenti “taluni soggetti lo avevano contattato proponendogli l’acquisto di alcuni terreni. Individuava il fondo in un appezzamento confiscato al clan Tornese, peraltro gravato da vincoli di natura ambientale. I proponenti si individuavano in Giuseppe (detto Luca) Lodeserto, nipote del controverso Vescovo leccese don Cesare Lodeserto, in Fernando Antonio Olivieri, e in un terzo uomo legato alla finanziaria Kiros di via Leuca a Lecce.
Forniva inoltre gli estremi catastali del terreno: F11 particella 150, F11 particella 151 ubicato in zona Lido degli Angeli di Porto Cesareo”.
Si trattava proprio del terreno in concessione all’Associazione Libera.
A poca distanza da lì peraltro, sorge il Baron Beach, stabilimento balneare dello stesso Mazzotta, e ancora poco distante c’è una striscia di terreno che va dalla provinciale al mare, dell’ex consorzio ASI, acquistata da Mazzotta circa 10 anni prima dei fatti narrati. Nella stessa zona, in via Irlanda, sorge Eurovillage, anche questo riconducibile a Mazzotta. Sia Eurovillage che Baron Beach, annotavano i militari, facevano riferimento a un’agenzia viaggi che gestiva anche multiproprietà, la Bluesea, con sede a di Magliano,frazione di Carmiano (Le), di proprietà di Dario Russo, imprenditore poi candidato come componente del cda di Bcc Terra d’Otranto nelle elezioni di gennaio 2016 (post commissariamento), per la lista che poi vinse e portò alla presidenza Flavio Ciurlia.
Il tratto di costa conteso e affidato a Libera, ricade nel cuore del Parco Regionale Palude del Conte e Duna Costiera, in are Sito d’Interesse Comunitario su cui è proibito ottenere concessioni demaniali per modificare lo stato dei luoghi.
Il racconto di Mazzotta restò lì, cristallizzato nero su bianco, ma ad esso non fece mai seguito querela per truffa nei confronti di Olivieri o di altri.
Un altro dei punti interrogativi della vicenda.
Fin qui i fatti, le carte, i riscontri, l’attività investigativa.
Di certo, l’esplosione di quei tre ordigni portò calma. Almeno apparente.
L’eccessiva presenza di forze dell’ordine senza soluzione di continuità sul territorio portò a non commettere altri gesti eclatanti. È anche vero che se l’intenzione di quelle deflagrazioni era di redarguire l’imprenditore-amministratore (è solo una delle ipotesi formulate e tutt’ora in piedi, insieme alle altre, ndr), l’obiettivo fu centrato.
Lo conferma il rapporto di stretta collaborazione che Mazzotta ebbe, com’è ampiamente documentato dalla Procura di Lecce, con esponenti di spicco del clan Tornese, attualmente indagati insieme a lui e ad altri personaggi, per guidare e gestire la trattativa sulle operazioni di voto per il rinnovo del cda della Bcc di Terra d’Otranto a maggio 2014.
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