BCC Terra d’Otranto: l’ombra dei clan
Chiuse le indagini sulla Banca credito cooperativo di Terra d’Otranto. Giancarlo Mazzotta, primo cittadino di Carmiano (Lecce) accusato di estorsione aggravata da metodo mafioso. Indagati in otto: politici, imprenditori, affiliati al clan Tornese. Lo scenario inquietante è quello della longa manus della mafia su finanza e politica.
“Forse non hai capito, la delega dobbiamo averla nelle nostre mani, altrimenti puoi dimenticarti della Banca, tutto quello che ti abbiamo fatto in passato, tutti i favoritismi che ti abbiamo fatto non li avrai più”.
Di frasi come queste, e anche di peggiori, gronda il fascicolo sulla Bcc di Terra d’Otranto.
Mafia, politica, imprenditoria, poteri forti. Un coacervo di forze centripete riunite pericolosamente in un fazzoletto di terra che parte da Carmiano (Lecce)e si estende fino a Melendugno, passando per Lecce e Monteroni.
Un quadrilatero su cui la criminalità organizzata che risponde al nome di sacra corona unita, depone il “ferro”, maneggia assegni e collabora con i colletti bianchi, usando sempre il vecchio caro metodo dell’intimidazione e della ritorsione, per irretire la gente.
E’ questo, secondo l’accusa, lo sfondo nel quale maturò il rinnovo della governance del Credito Cooperativo, nella primavera del 2014. Il pm Carmen Ruggiero della procura di Lecce ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini per 8 dei 16 indagati iniziali, travolti a pochi giorni da quelle elezioni, da una vera e propria bufera scatenata da denunce private ma anche da inattesi intrecci investigativi in cui la vicenda banca spuntò inattesa. E roboante.
Tra i reati, contestati a vario titolo, estorsione aggravata da metodo mafioso, tentata, concussione, violenza privata. Gli indagati hanno 20 giorni di tempo per presentare le proprie memorie. La partita è ancora aperta, non è ancora tempo di giudizi. Di certo arriva una risposta attesa da quattro anni, data la vastità e complessità dell’attività investigativa che ha coinvolto i carabinieri del Ros e della Compagnia di Campi, ed i militari del Gico della guardia di finanza. Un lavoro svolto in parallelo, talvolta secante, a quello dei tecnici della Banca d’Italia, che decretarono il commissariamento dell’istituto il 29 dicembre del 2014.
Secondo l’accusa, “socio amministratore di fatto di Bcc” era Giancarlo Mazzotta, 48 anni, attuale sindaco di Carmiano al suo secondo mandato che lo vide riconfermato con cifre bulgare, volto di Forza Italia, in odor di candidatura al senato della Repubblica nell’ultima tornata elettorale, poi lasciato a casa dal partito che ha optato per altri nomi.
Mazzotta, tra gli indagati, si sarebbe avvalso di metodi diversi e poco ortodossi, per favorire l’elezione del fratello minore Dino Mazzotta, 42 anni, quale presidente di Bcc, in contrapposizione all’avversario Giulio Ferrieri Caputi, anche lui in lizza. Dino fu presidente, per poco. Poi dimissionario all’indomani dell’esplosione dell’inchiesta.
Tornando alle accuse, al sindaco si contestano estorsione aggravata da metodo mafioso, raccolta di deleghe in bianco per favorire lì elezione del fratello, violenza privata, tentata concussione. Dall’inchiesta emerge anche un collegamento diretto tra la vita amministrativa di Carmiano e l’affaire-Bcc.
“Non devi lasciare olo mio cugino, si è già dimesso Villani Miglietta, e non vorremmo che anche tu facessi la stessa cosa. Noi ti conosciamo come persona seria”, queste le parole proferite da Gianni Mazzotta 53 anni di Monteroni (altro indagato), cugino del primo cittadino e volto già noto alle cronache, al consigliere comunale di maggioranza Luigi Manca, per invitarlo a non dimettersi dalla carica ricoperta, evitando così di creare danni alla tenuta della Giunta-Mazzotta. Violenza privata, l’accusa.
Politica, economia, crimine. Tutto insieme, secondo il quadro delineato al momento dalla Procura.
Il 53enne “si presentò con il proprio soprannome di Gianni Conad –si legge nelle carte -, appellativo con il quale era noto nel contesto territoriale quale appartenente al clan mafioso capeggiato dai fratelli Tornese che in tal modo evocava prospettando la sua richiesta alla persona offesa”.
Insieme a Giancarlo e Giovanni Mazzotta, indagato anche Luciano Gallo, 50 anni di Martano, con l’accusa di aver compiuto atti idonei e diretti in maniera non equivoca a costringere un socio e cliente “a non dare il proprio sostegno alla lista di Giulio Ferrieri Caputi” e “la figlia di lui a ritirare la propria candidatura a sostegno della lista predetta” utilizzando frasi come “c’è gente fiacca che ve lo consiglia”. Con l’aggravante di “avere commesso il fatto con metodo mafioso avendo Gallo e Giovanni Mazzotta nel formulare la richiesta estorsiva richiamato superiori referenze criminali”.
A Saulle Politi, 46 anni, di Monteroni insieme a Giovanni Mazzotta su istigazione di Giancarlo Mazzotta, si contestano altre pressioni analoghe. Stavolta all’indirizzo di una coppia di coniugi, al fine di non sostenere né con voto né con candidatura la lista Ferrieri-Caputi. “Con l’aggravante di avere commesso il fatto con metodo mafioso – scrive la Procura – essendo accertata con sentenza passata in giudicato la partecipazione di politi alla frangia monteronese dell’associazione mafiosa nota come Sacra Corona Unita”.
Tra gli episodi all’attenzione degli inquirenti anche quello che vede vittima un geometra cui il sindaco Mazzotta avrebbe promesso problemi futuri per le pratiche pendenti a Palazzo di Città, da qui la tentata concussione.
Ennio Capozza, visurista della Bcc, 62 anni di Lecce, è indagato per tentata estorsione con Giancarlo Mazzotta, nei confronti di un assicuratore cui era stato minacciato il trasferimento della moglie, dipendente della banca, in una sede lontana se non avesse soetnuto Dino Mazzotta.
“Io appoggio Mazzotta e ti consiglio di non schierarti anche perché c’è tua moglie in banca e potrebbe essere trasferita lontano”, le parole di Capozza al malcapitato. Quelle di Mazzotta invece: “ho saputo che hai firmato per la presentazione della lista, ricordati che tu lavori a Maglie per me”.
Il sindaco, che compare in tutti gli episodi contestati, risponde con Maria Grazia Taurino, 53 anni di Carmiano impiegata addetta alle pratiche per i mutui, di tentata estorsione nei confronti di un cliente cui era stato concesso un mutuo. L’uomo avrebbe dovuto consegnare la delega in bianco per il voto del rinnovo del cda. “Forse non hai capito, la delega dobbiamo averla noi nelle nostre mani – le parole della donna -, altrimenti puoi dimenticarti della Banca, tutto quello che ti abbiamo fatto in passato, tutti i favoritismi che ti abbiamo fatto non li avrai più”.
Gli altri indagati Tommaso Congedo, 42enne di Monteroni, direttore di filiale, Dino Mazzotta presidente di Bcc e fratello di Giancarlo, 42 anni, Italo Potì 82 anni di Melendugno, Giuseppe Caiaffa 57enne consigliere uscente di Carmiano, e Giancarlo Mazzotta a vario titolo e con atti fraudolenti, in concorso tra loro avrebbero chi istigato a raccogliere deleghe in bianco, chi raccolto effettivamente, chi attestato falsamente la sottoscrizione in calce alle deleghe o l’autenticità della firma, per decine e decine di nomi e quindi di voti a sostegno della riconferma della presidenza Mazzotta.
E ancora, un altro episodio di minacce ai danni di un cliente qualora avesse appoggiato Ferrieri Caputi.
Fin qui una tranche degli esiti dell’attività di Procura e forze dell’ordine.
Dall’altro lato, a specchio, il ruolo di Bankitalia che portò, prima che a nuove elezioni, al commissariamento.
I retroscena
Chi sono gli indagati
Dino Mazzotta, è imprenditore del settore turistico-ricettivo, amante dei viaggi, del mondo dello spettacolo e dei balli latino americani;
Giancarlo Mazzotta, anch’egli imprenditore del settore turistico ricettivo col pallino della politica. Sindaco di Carmiano al secondo mandato, pronto a scalare i Palazzi romani;
Saulle Politi, imprenditore legato al settore dei giochi elettronici ma soprattutto delle scommesse, finito al centro dell’operazione “Poker2” della guardia di finanza di Lecce, ritenuto dagli inquirenti legato alla scu e ritenuto affiliato del clan Tornese e già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Nella “Poker2” figura, per i finanzieri, come amministratore del mercato delle scommesse illegali nel Salento.
Ennio Capozza, all’epoca visurista, amante di golf e natanti da diporto.
Tommaso Congedo, all’epoca responsabile del credito cooperativo di Monteroni amante dei viaggi.
Maria Grazia Taurino, dipendente della filiale di Maglianoo e all’epoca addetta ai fidi.
Giovanni Mazzotta, cugino del sindaco di Carmiano, noto come “Gianni Conad”, secondo gli inquirenti vicino al clan Tornese cui tempo fa furono confiscati beni per centinaia di migliaia di euro.
Luciano Gallo, di Martano, coinvolto nell’operazione Baia Verde dei carabinieri di Lecce, e poi rimesso in libertà subito dopo l’ascolto da parte del Gip.
Le elezioni del 2014
Dino Mazzotta viene riconfermato presidente nell’assemblea del 4 maggio 2014, dopo aver guidato l’istituto già per un anno, in testa a una cordata che sbaraglia la concorrenza guidata da
Giulio Ferrieri Caputi, con il 70% delle preferenze contro il 30% degli antagonisti (1146 voti contro 516).
A sollevare i dubbi degli investigatori, oltre a riscontri diretti da attività di indagine altre, le 978 deleghe su 1710 votanti (oltre la metà) arrivate alle urne, raccolte soprattutto dai comuni di Melendugno e Monteroni, strumento attorno al quale è ruotata gran parte dell’inchiesta .
Solo a Carmiano, gli inviti in tutte le forme, compresi i volantini, fatti agli elettori dalla cordata-Ferrieri Caputi di non delegare e andare a votare di persona, attecchisce.
Lo stop di Bankitalia
Il 6 agosto 2014, a meno di due mesi dallo scandalo, l’arrivo dei primi ispettori a Lecce.
A novembre, la necessità di andare oltre e procedere alla gestione separata per due mesi, fino ai primi giorni di gennaio al massimo. A traghettare l’istituto di credito verso il commissariamento, gli ispettori Mario Pace e Giuseppe Tammaccaro. Poi il colpo di scure finale.
Bankitalia rileva, nero su bianco, forti conflitti interni all’istituto diviso tra due schieramenti che fanno capo, da un lato al territorio di Carmiano dove ha sede la filiale storica dell’istituto,, e dall’altro a quello di Melendugno sorretto dalla compagine della famiglia Potì, tanto che l’assemblea del 4 maggio che aveva riconfermato la presidenza di Dino Mazzotta, si era svolta “in un contesto di profonde fratture nel consiglio”.
Per quanto attiene alle fratture interne e al clima che si respirava nel credito cooperativo come anche sulla valutazione di istruttorie in maniera creditizia, la Banca d’Italia evidenzia responsabilità dirette del presidente, parlando di “progressiva egemonizzazione del cda, interferenza dell’organo gestorio nell’operatività aziendale, condizionamento delle valutazioni istruttorie in materia creditizia, apertura di conti a favore di clientela referenziata dal presidente, autorizzazione di sconfinamenti su indicazione del presidente”.
I periodi citati da Ignazio Visco vanno dal 2013 al 2014, partono dunque dal primo mandato di Dino Mazzotta, subentrato al dimissionario presidente Indennitate, e da piccole anomalie che si sarebbero dovute e potute sanare sul nascere.
Gli ispettori della gestione provvisoria, come i colleghi che li avevano preceduti, riscontrano movimentazioni anomale di denaro per oltre 10milioni di euro nei primi nove mesi del 2014, relative a società “alcune delle quali coinvolte in indagini per reati di stampo mafioso” o a familiari di alcuni consiglieri dimissionari, citati con dovizia di particolari nel documento. Ombre anche sul progetto, poi sfumato, di realizzare una fondazione per la gestione di una casa di riposo con una spesa di 2milioni di euro, che non ha mai avuto il nulla osta di chi di competenza.
Dalla nomina del vertice della Bcc di Terra d’Otranto inoltre “sono risultati alterati i precedenti equilibri gestionali della banca”.
Bankitalia va giù duro, evidenziando addirittura “gravi irregolarità in materia di antiriciclaggio e mancanza di controlli sul rispetto della normativa antiusura” oltre ad un aumento dei soggetti nella fascia di rischio, da 37 a 400 in poco tempo.
Il 29 dicembre 2014 la Bcc di Terra d’Otranto viene commissariata e un mese dopo, si va a nuove elezioni per il rinnovo del cda.
Il secondo filone delle indagini
Riciclaggio aggravato da modalità mafiose e truffa. C’è un altro filone d’inchiesta nella complessa vicenda giudiziaria che ruota attorno alla Banca di Credito Cooperativo di Terra d’Otranto, in Salento. Un filone che risale a tre anni fa, aprile 2015, per il quale ancora non c’è archiviazione né avviso di conclusione delle indagini.
Era il 14 aprile quando la pm della Procura di Lecce titolare del fascicolo, Carmen Ruggiero, firmò e fece notificare altri tre avvisi di garanzia, che sancirono l’ufficialità di un ampliamento del fronte del lavoro a quattro mani di carabinieri del Ros e finanzieri del GiCo (criminalità organizzata).
Carmen Ruggiero allargò dunque la rosa degli indagati, che passarono da 12 a 15.
Per i 12 indagati della prima tranche si eseguirono accertamenti tecnici non ripetibili: 4 posizioni sono state stralciate, agli altri 8 invece, compreso l’attuale sindaco del Comune di Carmiano in provincia di Lecce, Giancarlo Mazzotta e il fratello Dino – all’epoca dei fatti presidente dell’istituto di credito – oltre a nomi di spicco della sacra corona unita appartenenti alla frangia monteronese, è stato notificato l’avviso di conclusioni delle indagini.
Le altre tre new entry sono tutti imprenditori molto noti:
Carlo Quarta, di Lecce, 44 anni, un nome finito nell’inchiesta del 2011 della Procura di Bari, relativa alla combine del derby Lecce-Bari, e i fratelli Bruno e Simone Acquaviva, anche loro 44enni, anche loro leccesi.
Al primo si contesta il reato di riciclaggio, agli altri due quelli di truffa aggravata e riciclaggio aggravato da modalità mafiose.
Gli esiti di questo secondo filone sono attesi per i prossimi mesi.
Un’indagine importante al pari di quella che ha scoperchiato una presunta ingerenza della mafia sulle operazioni di voto per il rinnovo del cda di Bcc, a maggio 2014, tramite pressioni, minacce, violenza privata ed estorsione aggravata appunto da modalità mafiose.
Nel frattempo il nuovo cda della banca BCC ha inviato una nota stampa per dissociarsi dalla precedente gestione.
Le indagini di Bankitalia
Fondamentale l’apporto degli ispettori di Bankitalia che in soli tre mesi, dopo l’apertura dell’inchiesta, passarono al setaccio ogni angolo e documento del Credito Cooperativo, scoprendo di tutto: ottennero infatti la gestione provvisoria prima e il commissariamento poi, dell’istituto.
Gli uomini di Palazzo Koch hanno stilato pagine e pagine di documenti, ufficiali, in cui nero su bianco, cristallizzano “progressiva egemonizzazione del cda, interferenza dell’organo gestorio nell’operatività aziendale, condizionamento delle valutazioni istruttorie in materia creditizia, apertura di conti a favore di clientela referenziata dal presidente, autorizzazione di sconfinamenti su indicazione del presidente”, e ancora, irregolarità antiriciclaggio, apertura e chiusura su sollecito di conti sospetti, spesso in capo a società in evidente sofferenza su cui transitavano ingenti somme di denaro sulla cui provenienza gli inquirenti lavorano tuttora. Operazioni segnalate poi all’Unità d’Informazione Finanziaria (UTIF).
123 pagine suddivise in atti, allegati, verbali, indicazioni precise e pesanti. Movimentazioni anomale di denaro per oltre 10milioni di euro nei primi nove mesi del 2014, su almeno 17 conti correnti sospetti e operazioni con società “alcune delle quali coinvolte in indagini per reati di stampo mafioso” . Sono solo alcuni numeri, pesanti, di questo secondo filone.
Nell’informativa si legge che “il cda presieduto da Mazzotta ha esercitato in numerosi casi un improprio condizionamento delle valutazioni istruttorie in materia creditizia. Si sono difatti rilevate: delibere di affidamento in assenza di adeguato vaglio nel merito creditizio ma solo sulla base della conoscenza diretta degli esponenti aziendali, autorizzazioni di sconfinamenti disposti dalla direzione su indicazione del presidente e in assenza di valutazioni di merito, aperture di nuovi conti concordate con gli organi di vertice a favore di clientela genericamente referenziata dal presidente”.
I tecnici, così come gli inquirenti, accendono un faro sui rapporti tra Bcc, i suoi vertici, e aziende come Ecosal Ecologia Salentina s.r.l. attiva nello smaltimento dei rifiuti, R.A. Costruzioni srl di Brindisi (già segnalata nel rapporto Consorzio Servizi Bancari delle Bcc, A.V. Motors srl, facenti capo o in qualche modo riconducibili agli Acquaviva .
Le movimentazioni su quei conti, confluite nel fascicolo d’indagine della Procura leccese, sono ancora sotto la lente d’ingrandimento.
Su uno di quei conti correnti, risalente al 2013 e in capo a Ecosal, gli uomini di Ignazio Visco rilevano una “incoerente la complessiva movimentazione, pari nei primi mesi del 2014 a circa 6 milioni di euro, nonostante che da visure camerali la società risulti avere fatturato nullo e perdite di bilancio”.
La provvista risultava originata, tra gli altri, da “versamento di assegni circolari e da un bonifico di 2,685 milioni di euro della Asl di Lecce…”.
(Le forze dell’ordine all’epoca dei fatti acquisirono documentazione su un contenzioso in atto con una delle aziende facenti capo agli Acquaviva, dagli uffici della direzione generale dell’Asl di Lecce).
Tra gli altri, sospetti su due conti a nome della R.A. costruzioni di Brindisi, aperti presso la filiale di Lecce, ad agosto 2013 e ad aprile 2014.
Sul primo la movimentazione “complessiva è di 3,150 milioni di euro circa”, mentre sul secondo vengono evidenziate “transazioni per 540mila euro”. “Sul conto della citata società – scrivono gli ispettori – numerosi articoli di stampa evidenziano il coinvolgimento in procedimenti giudiziari per traffico illecito di rifiuti con riferimento a subappalti ottenuti a Milano”.
Inoltre, su “tali rapporti si registrano in assenza di apparenti relazioni commerciali, bonifici in arrivo dalla Ecosal e disposizioni in favore della G.B.S.”.
Andando avanti, Bankitalia palesa dubbi su un’altra posizione “accesa a dicembre 2013 ed estinta a settembre 2014, a nome di G.B.S., società di pubblicità “con capitale sociale di 10mila euro” ma con “movimentazioni complessive per 1,26 milioni di euro”. Sono “risultate incoerenti con il profilo soggettivo le complesse transazioni”.
Solo alcune delle numerose posizioni, cu se ne aggiungono almeno altre 10, al vaglio di inquirenti e Palazzo Koch, ognuno per le sue competenze specifiche.
Anche in questo secondo filone, come nel primo, emerge un tentativo di controllo sui controlli.
“ Con il nuovo organigramma e l’aggiornamento del regolamento interno (novembre 2013), la struttura organizzativa è stata frammentata in una molteplicità di livelli non coerenti con le contenute dimensioni e la limitata complessità operativa –scriveva Bankitalia -. La compagine impiegatizia è perlopiù costituita, da personale con elevata anzianità di servizio, che mostra esigenze di aggiornamento professionale e non favorisce l’integrazione della componente più giovane. Limitato il turn-over nella rete, specie presso la filiale di Carmiano, dove l’eccessiva contiguità con la clientela non ha consentito oggettive valutazioni del merito creditizio”.
La partita resta dunque quanto mai aperta. Non è tempo, non ancora, di tirare le somme.
Fin qui le carte. Nelle mani dell’autorità inquirente, le prossime risposte.
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