Più di 20mila operazioni antidroga nel 2017
Una montagna di stupefacenti quella sequestrata dalla forze di polizia e dalle dogane su tutto il territorio nazionale nell’anno che volge al termine.
Al primo dicembre scorso le oltre 96 tonnellate rappresentano il secondo quantitativo maggiore degli ultimi dieci anni, dopo le 154 ton del 2014, le 84ton del 2015 e le oltre 71ton del 2016. I dati di quest’anno, sia pur non stabilizzati, elaborati con la consueta meticolosità dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, indicano nella marijuana la droga più richiesta sul mercato e quella maggiormente sequestrata ( oltre 75 ton contro le 41ton del 2016 e le 9 ton del 2015) seguita dall’hashish (poco più di 15 ton), dalla cocaina (circa 3,8ton) e dall’eroina (678kg).
La marijuana risulta provenire, per la maggior parte via mare, dall’Albania fino alle coste pugliesi, calabresi e, più recentemente, anche su quelle marchigiane e romagnole. Oltre il 40% dei sequestri di marijuana, infatti, sono avvenuti nelle zone portuali e costiere di Lecce (6.412kg), Bari (4.617kg), Brindisi (8.381kg), Foggia (7.654kg), Ravenna (2.460kg), Ferrara (2.000kg) e Ascoli Piceno (2.500kg) oltre che nelle acque internazionali del canale d’Otranto ( più di 6 ton). Va anche considerata una apprezzabile produzione interna assicurata dalle coltivazioni illecite localizzate prevalentemente nelle calde regioni meridionali dove sono state sequestrate buona parte delle 234.573 piante di cannabis.
La nota presenza in alcune regioni “..di radicate associazioni mafiose potrebbe suggerire un rinnovato interesse delle stese nelle coltivazioni e nel traffico di questo tipo di sostanza” (cfr. la relazione annuale della DCSA del 2016).
Il mercato della cocaina mantiene l’andamento registrato negli ultimi anni tenendo presente che al quantitativo di cocaina sequestrato in campo nazionale vanno aggiunti quelli che vengono individuati dagli organismi italiani e fatti sequestrare dalle forze di polizia di altri paesi per non compromettere le indagini in Italia e quelli intercettati in Sud America e in Spagna in relazione a indagini di organismi antidroga esteri e che avrebbero avuto come destinazione finale il nostro paese.
La ‘ndrangheta continua ad avere una posizione di assoluto predominio nel traffico di cocaina su tutto il territorio nazionale e in molti altri Stati tra cui gli Usa, il Canada, la Germania, l’Olanda, il Belgio. Di rilievo nello scenario internazionale del narcotraffico il ruolo dei cosiddetti brokers, soggetti affidabili e in grado di coniugare la migliore offerta alla migliore domanda di stupefacenti. Quasi 2 ton delle 3,8 ton di cocaina sequestrate in Italia nel corso di quest’anno sono arrivate, occultate nei container, nel porto di Gioia Tauro (Reggio Calabria) che, notoriamente è, da anni, sotto il “controllo” della mafia calabrese. Quantitativi consistenti di sequestri di cocaina nel corso del 2017 sono avvenuti pure a Roma ( oltre 280kg), a Milano (circa 135kg), nel porto di Salerno (113kg) e in quello di Genova ( circa 90kg), a Napoli (63kg) e a Varese (53kg).
Preoccupante anche il consumo di eroina che emerge dai sequestri, non pochi, di 678kg tenuto conto che nell’intero 2016 erano stati 466kg e l’anno prima 770kg. Si pensi che nel solo mese di novembre sono stati sequestrati circa 110kg di eroina e di questi ben 59kg a Padova che, così, risulta la seconda provincia a livello nazionale per tali sequestri, dopo Brescia con 133kg. Significativi anche i quantitativi eliminati dal mercato grazie a mirati interventi delle forze di polizia che hanno bloccato circa 44kg a Napoli, 37kg a Verona, 35kg a Bergamo,33kg a Roma, 24kg a Milano.
Impressionante il numero delle operazioni antidroga svolte in questi undici mesi: 20.557 pari ad una media giornaliera di 62 operazioni, con la denuncia all’a.g. di 26.356 persone ( 19.409 in stato di arresto in flagranza di reato) di cui 10.087 stranieri ( circa il 38% del totale) e 1.052 minori. Numeri che stanno a testimoniare l’attenzione delle forze di polizia verso un fenomeno criminale tra i più devastanti e sul quale la politica tornerà a riflettere seriamente solo quando accadrà qualcosa di particolarmente drammatico. Intanto non mancano le sconcertanti notizie come quella di pochi giorni fa di una madre e due figli di 4 e 6 anni ricoverati a Milano in ospedale per aver mangiato in casa minestrone alla marijuana.
La vendita degli stupefacenti nelle “aree oscure” della rete
Il commercio delle droghe in internet è diventato un problema molto serio e continuare a sottovalutarlo non farà che aumentare quel nefasto “processo di narcotizzazione” in atto nel nostro e in molti altri paesi (europei ed extraeuropei). Già nel 2012 la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA), nella sua relazione annuale, facendo riferimento alle contrattazioni elettroniche che avvengono nel grande mercato mondiale degli stupefacenti, sottolineava il superamento di ogni freno inibitorio perché “… un prodotto venduto in internet viene percepito come lecito e non dannoso”.
Cinque anni dopo è sempre la DCSA a rinnovare l’allarme ricordando come “..il web rappresenta ancora un contesto inesplorato, difficile da penetrare con gli strumenti d’indagine tradizionali, soprattutto quando oggetto del monitoraggio sono le cosiddette “aree oscure” (reti darknet e deepweb), quelle in cui l’operatore di polizia può muoversi efficacemente solo se dispone di mezzi di navigazione particolarmente complessi e di procedure investigative all’avanguardia” (relazione DCSA 2016).
In questo quadro, nel marzo del 2012, veniva istituita, nell’ambito della DCSA, una piccola “squadra dol” (droghe on line) con compiti di monitoraggio della rete dove si rilevava “..una percentuale molto alta delle persone con le quali si riesce a dialogare (..) competente sia con riferimento al consumo che alle modalità di reperimento delle varie sostanze e ai relativi prezzi, soprattutto i cannabinoidi e i prodotti sintetici”. Questa annotazione contribuiva alla modifica della suddetta “squadra dol” che assumeva la struttura più consistente nell’organico di “Sezione”, sempre a composizione interforze (come tutta la struttura della DCSA) con l’incremento di altre professionalità.
Si è, tuttavia, ancora lontani dal conseguire i risultati auspicabili. E’ lo stesso direttore della DCSA che nella sua introduzione alla relazione presentata agli inizi del 2017 ricorda come non sia “..più procrastinabile l’adozione di una normativa che consenta alla Sezione Drug@online la conduzione delle “operazioni undercover” nelle reti elettroniche di comunicazioni, al fine di acquisire elementi di riscontro alle informazioni individuate sul web, georeferenziare le attività di importazione e spaccio e attivare miratamente gli Uffici o Comandi territoriali operativi per la prosecuzione investigativa e l’azione di repressione”.
La DCSA, insomma, cerca di svolgere al meglio la sua funzione e ricorda che spetta ad altri attivarsi per migliorare il contrasto nello spazio virtuale dove, peraltro, già opera, su altri fronti criminali,il Centro della Polizia Postale e delle Comunicazioni. Un lavoro di ricerca e investigativo complesso quello che si svolge nella “dark net”, un insieme di sottoreti criptate comunemente definite “web profondo”, parallelo a quello tradizionale, accessibile attraverso l’utilizzo di particolari software e composto da migliaia di pagine non indicizzabili dai motori di ricerca (i server, in quasi tutti i casi sinora riscontrati, si trovano in aree geografiche molto lontane dove, peraltro, la legislazione sul punto è decisamente inadeguata). Per raggiungere questa parte della rete occorre seguire una metodologia di navigazione che viene condivisa tra gli internauti attraverso forum, social network e chat, mezzi con i quali si sviluppano e consolidano relazioni tra persone con una rapidità e puntualità senza precedenti.
La mimetizzazione in questo mondo è straordinaria così come la localizzazione in quanto si tratta di siti legati ad altri siti web di “vita breve” che, oltretutto, si riciclano di continuo, modificando aspetti grafici ma non le modalità di vendita. Gran parte di questi siti web consentono di accedere alla “home page” e alcuni hanno un’area riservata in cui si può entrare solo se il cliente risulta registrato. La registrazione può essere richiesta direttamente dal sito, seguendo le indicazioni fornite dall’amministratore del sistema. Un “nome utente” e una password consentiranno di accedere alle pagine riservate e di trattare direttamente l’acquisto e il prezzo degli stupefacenti.
Acquisti che, in molti casi, si possono fare anche pagando in bitcoin , la moneta digitale creata nel 2009 e diffusa in rete il cui valore continua ad essere straordinariamente elevato e oscillante fino ad arrivare alla quotazione degli ultimi giorni di oltre 16mila dollari.
Bitcoin e criptovalute per pagare gli stupefacenti e riciclare denaro sporco
Fatti a fattacci dell’antidroga
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