“Ricchi di denaro” ma “poveri di lavori e servizi”
Sono (ancora) molti i migranti che anelano all’Italia come terra promessa. Noi ci illudiamo (ancora) di esserlo davvero. E non c’è dubbio che, dal punto di vista di uno straniero che abbandona un paese povero, dove fa la fame e dove ha subito gravi oppressioni politiche ed economiche, l’Italia appare come un paese ricco dove è (ancora) possibile lavorare, dove i diritti della persona sono (ancora) rispettati.
È abbastanza vero questo. Ma se guardiamo dal nostro punto di vista, dobbiamo riconoscere di essere noi i veri bisognosi. Abbiamo gli anziani ma non riusciamo a curarli negli anni delle loro debolezze. Abbiamo bisogno di stranieri che facciano loro compagnia e li curino e li assistano quando non sono più autosufficienti. Siamo i ricchi che danno loro il denaro per vivere, ma siamo anche i poveri che hanno bisogno del loro aiuto per sostenere i propri familiari. Abbiamo problemi per assistere gli infermi negli ospedali e abbiamo ancora bisogno di infermieri che vengono dall’estero.
Può capitare anche al più ricco di noi di dover andare in ospedale e di ricevere cure di uno straniero. È perché non siamo in grado di poter curare tutti i nostri malati; siamo mendicanti di personale ospedaliero. Potremmo continuare ricordando il bisogno di operai per l’edilizia, di camionisti, di panettieri, di lavapiatti, di macellatori, di camerieri, di addetti alle pulizie, di manodopera per la raccolta del pomodoro, delle olive, delle arance, dell’uva, delle mele, di allevatori di bufale, di mungitori di mucche, di calciatori fuoriclasse per le diverse squadre e per soddisfare le aspettative di migliaia di sportivi. Siamo “ricchi di denaro” ma “poveri di lavori e servizi“.
Per tenere in piedi la nostra economia e fa fronte agli impegni di servizi con i nostri concittadini dobbiamo chiedere agli stranieri di venire ad aiutarci. Abbiamo, come si dice, il coltello dalla parte del manico se pensiamo al denaro ma dal punto di vista dell’esistenza siamo dei mendicanti che dipendono dall’aiuto degli altri. Intendiamoci, niente di drammatico, non esistono uomini né paesi autosufficienti (bisognerebbe rammentarlo ad alcuni leader dei paesi dell’UE e al presidente americano Trump). Siamo tutti debitori, gli uni degli altri. E non c’è motivo per questo di sentirsi mortificati. Ce n’è, comunque, per non sentirsi arroganti, per non guardare gli altri, i poveri con sospetto. È vero che nella nostra società la povertà appare spesso una colpa, ma questo dipende da un astigmatismo sociale per cui vediamo in modo alterato i dati del problema.
Ci sono poveri che sono tali per pigrizia, ci sono sempre stati. Ma c’è una diffusa povertà che è piuttosto il prodotto degli ingranaggi e delle storture della nostra società. Le statistiche stilate dalla Banca Mondiale sulla povertà non inducono di certo all’ottimismo: un miliardo e mezzo sono le persone che vivono in povertà, cioè con meno di un dollaro e venticinque centesimi al giorno (è la “linea di povertà” fissata dalla Banca); due miliardi sarebbero quelle che vivono con meno di due dollari al giorno e oltre un miliardo le persone che non hanno accesso all’acqua potabile. Naturalmente misurare la “miseria” e fornire dati con un certo grado di attendibilità non è operazione semplice. È più semplice vedere, invece, quante promesse non mantenute sono state fatte dai Governi di molti paesi negli anni passati per aiutare i paesi poveri.
Ci renderemmo allora conto perché centinaia di migliaia di persone fuggono dall’Africa, dai paesi dell’Asia e del Centro sud America. Governare i grandi problemi che i flussi migratori pongono sotto il profilo della integrazione sociale e culturale è la grande sfida per il nostro paese e per tutta l’UE. Lo ricordava, otto anni fa , Mario Draghi allora Governatore della Banca d’Italia, nel suo intervento al meeting di CL a Rimini, ricordando che sulla scorta di proiezioni demografiche dell’Istat (confermate anche nel 2016), “..entro il 2050 circa un terzo delle persone residenti in Italia con meno di 24 anni avrà almeno un genitore straniero (..) questo significa che la componente straniera della popolazione contribuirà in misura significativa a determinare il livello e la qualità del capitale umano su cui si fonderà la nostra economia, condizionandone il ritmo di crescita”. Tema sul quale la classe politica dirigente dovrebbe fare una seria riflessione.
Tempi ancor più drammatici per migranti, rifugiati e “schiavi”
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