A proposito della vicenda di Como
Non sottovaluterei l’episodio, molto sgradevole, avvenuto alcuni giorni fa a Como, con l’irruzione di una decina di skinhead nella sede associativa “Como, senza frontiere” con conseguente intimidazione dei presenti. Altri segnali, anche questi molto preoccupanti, arrivano da Modena, dove è preannunciata una manifestazione, per il 15 dicembre prossimo, organizzata da alcuni gruppi locali, contro la legge sullo ius soli e, più in generale, contro l’immigrazione e alla quale avrebbero intenzione di unirsi anche elementi di Forza Nuova, Azione Identitaria e Veneto Fronte Skinhead, la “crema” della destra peggiore. Anche nella vicina Bologna alcuni manifesti fascisti affissi di fronte alla sede del liceo classico “Galvani” dal movimento Blocco Studentesco, formazione di estrema destra agganciato a Casapound, non promettono nulla di buono.
La politica nicchia e, a parte l’intervento di alcuni giorni fa del ministro della giustizia Orlando, che arriva ad ipotizzare persino lo scioglimento del Fronte Skinhead Veneto, traendo spunto da un altro appuntamento (per il 23 dicembre) organizzato a Verona da un’associazione di estrema destra intitolata alla X Mas, il corpo militare della Repubblica Sociale Italiana, ci sono ancora molte titubanze e comunque sottovalutazioni. Come quella relativa alla Regione Lombardia che non ha votato la condanna alla incursione di Como. Trascuratezze, negligenze, sottovalutazioni che possono portare anche a situazioni difficilmente controllabili.
A riguardo, ricordo l’importante indagine della Polizia di Stato di Bolzano, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, di una decina di anni fa, nei confronti di una sessantina di giovani di madrelingua tedesca, diciassette dei quali minorenni, appartenenti ad un gruppo neonazista attivo nella zona di Merano, che aveva tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e nazionali. Furono accertati anche gravi episodi di violenza commessi con finalità di discriminazione razziale nei confronti di giovani coetanei (anche di origini straniere), ritenuti dagli indagati “diversi” per ideologia, per “estrazione sociale” o solo per il “modo di apparire”.
Diverse persone furono colpite da provvedimenti di custodia cautelare in carcere e, durante le perquisizioni domiciliari, furono sequestrati materiali, emblemi e documentazioni inneggianti al regime nazista e contro gli ebrei. L’indagine era iniziata da alcuni episodi inizialmente apparentemente slegati tra di loro e, anche in questo caso, sottovalutati in relazione al contesto ambientale in cui si svolgevano (Merano, Scena, Lagundo, Lana, Marlengo, Tirolo), privo di problemi sociali.
In realtà, grazie all’impegno di alcuni funzionari e agenti della Digos bolzanina, che si impegnarono in servizi di pedinamento (proseguiti, anche in Germania in occasione di un raduno di gruppi di ispirazione neonazista) e di osservazione, che portarono alla scoperta della celebrazione di un vero e proprio rito di iniziazione di nuovi adepti, riconducibile al passato regime nazista, in un contesto boschivo e isolato dell’Alto Adige, fu possibile far emergere uno spaccato inquietante della realtà di quella, per altri aspetti, splendida provincia.
Era la sera del 22 dicembre 2007, momento in cui l’intero gruppo naziskin (una sessantina di giovani) del burgraviato di Merano partecipò in una zona boschiva della Val Passiria al rituale del “Solstizio d’Inverno” (il regime nazista aveva sostituito le festività cristiane del Natale con la celebrazione del “solstizio d’inverno”). Un falò di grosse dimensioni era stato acceso e tutt’intorno, a cerchio, i 63 giovani che cantavano, alcuni alzando il braccio destro verso l’alto nel chiaro gesto del saluto nazista, altri con in mano una bandiera tirolese bianca e rossa, un’altra nazista in campo rosso con il cerchio bianco e al centro la svastica nera e una terza bandiera del Reich tedesco a strisce nero, bianco e rosso.
Terminato il canto, uno degli “officianti” aveva fatto girare un calice tra tutti gli altri partecipanti che veniva alzato al cielo mentre, al grido “die walsche fahn” (la bandiera degli italiani, in senso dispregiativo), uno dei giovani si era diretto verso il falò gettandovi il tricolore italiano. Le indagini di polizia giudiziaria permisero anche di accertare che, rispetto al passato (nel 2006 c’era stata un’altra inchiesta sui naziskin che non aveva portato a particolari risultati sul piano processuale), il gruppo si era meglio strutturato con un “nocciolo duro” (i più “anziani”, con esperienza consolidata), un “livello fluttuante” (composto da persone unite da comuni legami ideologici che partecipano occasionalmente alle riunioni) e da un “livello di nuovi affiliati” (composto da giovanissimi).
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