La lista grigia dei paradisi fiscali
La prossima settimana l’Unione Europea dovrebbe pubblicare ufficialmente una lista nera dei paradisi fiscali. Si tratta sicuramente di un passo positivo, che va nella direzione della trasparenza fiscale, ma ancora prima della pubblicazione sono emerse alcune preoccupazioni.
Negli ultimi mesi l’UE ha analizzato 92 paesi e giurisdizioni extraeuropee sulla base di una serie di criteri per individuare i regimi fiscali che favoriscono il trasferimento di profitti su larga scala, ma questi stessi criteri sembra che non siano stati applicati agli Stati membri, con il risultato che alcuni tra i principali paradisi fiscali non compariranno nell’elenco.
Per Oxfam, la confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo, la lista potrebbe rivelarsi ancora “più debole a causa delle forti pressioni politiche interne ed esterne, che l’Unione ha lasciato prevalere”.
Per essere efficace e credibile, la blacklist dei paradisi fiscali dell’Unione Europea “dovrebbe includere almeno 35 paesi extra Ue, oltre che 4 Stati membri”. Infatti, utilizzando gli stessi criteri per analizzare i 28 paesi Ue, Oxfam è arrivata alla conclusione che anche “Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Malta “possono essere considerati paradisi fiscali e di conseguenza dovrebbero essere inclusi nella lista”.
Secondo Oxfam il processo ufficiale di compilazione della lista sta avvenendo nella più totale segretezza, lasciando i cittadini all’oscuro di tutto e permettendo ai Paesi fiscalmente poco trasparenti di sfruttare il proprio potere d’influenza politica ed economica.
Il report dell’organizzazione no profit è intitolato “La lista nera sfumata di grigio”, poiché c’è il rischio di ritrovarsi con un documento insufficiente ai fini della risoluzione di un problema così grave. Pertanto, Oxfam ha deciso di rivolgere all’Unione Europea tre raccomandazioni:
1) Potenziare i propri criteri di blacklisting, includendovi tutte le pratiche fiscali dannose ed estendere l’analisi anche ai propri Stati membri.
2) Anteporre gli interessi dei cittadini a quelli dei paradisi fiscali e delle grandi corporation, per avviare un processo virtuoso di correzione del sempre più insostenibile divario tra ricchi e poveri del nostro tempo.
3) Stabilire sanzioni rapide, efficaci e concrete per quei paradisi fiscali iscritti nella lista nera.
In effetti, la pubblicazione della lista è un’occasione imperdibile per cercare di neutralizzare l’impatto nocivo dei paradisi fiscali nei propri europei e soprattutto in quelli in via di sviluppo.
“Se l’UE vuole davvero porre fine a scandali fiscali come ‘Paradise Papers’, ‘Panama Papers’, e ‘Luxleaks’ il primo passo non può che essere quello di produrre una lista nera robusta, oggettiva e coerente”, dichiara Aurore Chardonnet, policy advisor di Oxfam sui dossier di giustizia fiscale.
A breve si potrà verificare qual è la strada scelta dall’Unione Europea.
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