Mafia: patto sui rifiuti nel catanese, 16 arresti
Boss mafiosi, imprenditori, professionisti, burocrati e anche un giornalista. Cardini di un vasto sistema affaristico attorno al business dei rifiuti in provincia di Catania. È quanto emerso da una complessa attività di indagine, protrattasi per circa diciotto mesi, coordinata dalla Dda etnea diretta dal procuratore Carmelo Zuccaro.
La Direzione investigativa antimafia catanese, guidata da Renato Panvino, supportata dai Centri Operativi di Reggio Calabria, Palermo, Caltanissetta e dalle Sezioni Operative di Messina, Trapani e Agrigento, nonché dal II Reparto di Roma, ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip nei confronti di sedici persone, tra cui elementi di spicco dei clan Cappello e Laudani, imprenditori e funzionari del Comune di Trecastagni, responsabili dei procedimenti di affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti.
L’attività investigativa è scaturita da una mirata indagine avviata dalla Dia al fine di accertare l’esistenza di legami tra la criminalità organizzata, funzionari della pubblica amministrazione e imprese attive nel redditizio settore della raccolta di rifiuti solidi urbani. In particolare, in seguito all’emissione nel 2015 di un provvedimento di interdittiva antimafia, decretato dalla prefettura di Catania nei confronti della E.F. Servizi Ecologici Srl di Misterbianco, l’autorità giudiziaria aveva delegato alla Dia di Catania di compiere accertamenti per verificare se la società stesse gestendo appalti pubblici nei vari comuni.
GLI ARRESTATI
Nella rete dell’operazione “Gorgoni” sono finiti: Gabriele Antonio Maria Astuto, catanese di 55 anni, responsabile dell’ufficio Tecnico del Comune di Trecastagni, per turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione; Domenico Sgarlato, 61enne di Catania, all’epoca dei fatti dirigente dell’Ufficio Tecnico Lavori pubblici – Servizi ambientali e manutentivi del Comune di Trecastagni, per turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione; Rodolfo Briganti, di Venaria Reale (Torino), 58 anni, attuale rappresentante legale della Senesi Spa, per corruzione; Salvatore Carambia, detto “Turi ‘u Turcu”, pregiudicato catanese di 51 anni, per associazione di tipo mafioso; il giornalista Alfio Cutuli, 54enne di Aci Catena, cronista presso l’emittente televisiva Rei Canale 103, con l’imputazione di corruzione; Pietro Garozzo, catanese di 48 anni, per associazione di tipo mafioso; Giuseppe Grasso, 41enne di Catania, per associazione di tipo mafioso; Vincenzo Guglielmino, 63 anni, amministratore della E.F. Servizi Ecologici Srl, per associazione di tipo mafioso, turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione; Alessandro Mauceri, 41 anni, di Catania, per turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione; Vincenzo Papaserio, 44 anni, di Catania, per associazione di tipo mafioso; Lucio Pappalardo, 40enne di Aci Catena, per associazione di tipo mafioso; Angelo Piana, 46 anni, di Catania, per turbata libertà di scelta del contraente aggravata, corruzione; Fabio e Luca Santoro, 26enni di Catania, per associazione di tipo mafioso; Raffaele Scalia, detto “Ele”, 59 anni, di Catania, per associazione di tipo mafioso; Davide Agatino Scuderi, 43 anni, di Catania, per associazione di tipo mafioso. Gli arrestati sono stati condotti nelle carceri di Catania Bicocca e Piazza Lanza.
L’IMPRENDITORE BOSS
Documentate le irregolarità formali nei procedimenti amministrativi per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti nei comuni di Aci Catena e Misterbianco e accertati “i rapporti con la criminalità organizzata etnea” da parte dell’amministratore unico della società E.F. Servizi Ecologici Srl, vincitrice delle gare d’appalto, Vincenzo Guglielmino. Proprio quest’ultimo “costituisce, tra tutti, senza dubbio l’indagato che meglio – spiegano gli inquirenti – rappresenta la spregiudicatezza con la quale certi imprenditori si rapportano con la criminalità organizzata”. Dalle intercettazioni svolte, infatti, emerge chiaramente come, “lungi dal subire le prevaricazioni dei clan mafiosi operanti nei territori dove si svolge la sua attività di impresa, si rapporta in modo paritario agli esponenti più rappresentativi dei clan mafiosi catanesi, in particolare appartenenti al clan Cappello e al clan Laudani, considerandoli al pari di qualunque altro interlocutore commerciale dal quale acquistare servizi”.
Le risultanze investigative hanno documentato, come sottolineato dal Gip, “la sua intraneità al clan Cappello, al quale regolarmente e periodicamente Guglielmino eroga sostanziose somme di denaro (quasi fosse da considerare un costo di esercizio dell’impresa)”, in cambio della protezione e del sostegno per l’affermazione e il mantenimento del monopolio delle sue imprese sul territorio. Numerose le conversazioni captate, dalle quali si evince il rapporto diretto con uno degli attuali esponenti di vertice del clan Cappello, Salvatore Massimiliano Salvo (in atto detenuto) il quale si è incontrato più volte all’interno di un garage, gestito dall’arrestato Vincenzo Papaserio, dove riceveva periodicamente anche denaro a sostegno del clan. Salvo, figlio e fratello di Giuseppe, detto “Pippo ‘u carruzzieri” e Giovanni Piero – elementi di vertice del clan, entrambi detenuti all’ergastolo – era il responsabile della gestione delle attività criminali del clan a Catania, nonché reggente per investitura diretta dal carcere da parte del boss Salvatore Cappello.
LE MANI SULLA MONNEZZA
Fatta luce sugli accordi criminali per la gestione degli appalti relativi all’affidamento dei servizi di raccolta dei rifiuti, considerato florido settore di investimento criminale per tutti i clan mafiosi, i quali, per non perdere i sicuri e notevoli vantaggi derivanti dall’aggiudicazione del servizio a imprese “amiche” (in termini di entrate finanziarie e di esercizio del potere mafioso e controllo del territorio), hanno stretto una sorta di pax mafiosa. In tale contesto si inserisce l’appalto per l’aggiudicazione del servizio di raccolta dei rifiuti nel Comune di Aci Catena, in particolare la trattativa intavolata tra Salvatore Massimiliano Salvo, per il clan Cappello, e Lucio Pappalardo, per i Laudani, con il contributo del Pietro Garozzo, per la cura degli aspetti amministrativi: il tutto allo scopo di risolvere il conflitto sull’aggiudicazione del servizio: i clan erano chiamati a dirimere la controversia di natura economica tra l’imprenditore Guglielmino e il sindaco del tempo Ascenzio Maesano (già sottoposto a fermo di indiziato di delitto a ottobre 2016, condannato a luglio per corruzione, “in stretti rapporti proprio con Pappalardo”), il quale in seguito avrebbe raggiunto un accordo di analoga natura per favorire Rodolfo Briganti, rappresentante legale della Senesi spa, società subentrata proprio alla E.F. Servizi Ecologici Srl di Guglielmino. L’altro strumento utilizzato era oleare gli ingranaggi della macchina amministrativo-burocratica: vale a dire la corruzione di funzionari amministrativi comunali, che agevolassero l’aggiudicazione dell’appalto.
IL GIORNALISTA
Per quanto riguarda Alfio Cutuli sarebbe emerso come si prestasse a fare da mediatore tra Rodolfo Briganti, rappresentante legale della Senesi Spa con il quale sussisteva uno stretto legame, e il sindaco pro tempore di Aci Catena, Ascenzio Maesano, “al quale faceva pervenire somme imprecisate di denaro ricevute proprio da Briganti, per sostenere la sua futura campagna elettorale, in cambio di un intervento che Maesano avrebbe dovuto dispiegare in suo favore, mediante l’abuso dei poteri connessi alla funzione esercitata”, per ottenere l’annullamento delle sanzioni inflitte dal Comune alla Senesi nell’esecuzione dell’appalto.
IL MAXI SEQUESTRO
Colpite le ricchezze accumulate dagli imprenditori collusi. Il decreto di sequestro preventivo in via d’urgenza ai fini della confisca ha interessato società, immobili, terreni, automezzi e disponibilità finanziarie per un valore complessivo stimato di circa 30 milioni di euro. Disposto il sequestro della E.F. Servizi ecologici Srl e della Senesi Spa. (Agi – Catania, 28 novembre 2017)
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