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Quelle macchie sulle divise che dovrebbero restare immacolate

Piero Innocenti il . L'analisi

2548627_1049_carabinieriLe notizie che sono trapelate in questi ultimi giorni su un’inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Sassari (iniziata, pare, sulla scorta di una relazione prodotta da un maresciallo dell’Arma dei Carabinieri) su un gruppo di carabinieri in servizio al comando compagnia di Bonorva, sono sconcertanti. Militari che avrebbero organizzato “rappresaglie” nei confronti dei cittadini di Pozzomaggiore “colpevoli” di aver cercato di difendere un giovane fermato in paese durante alcuni controlli  e che aveva cercato di divincolarsi. Il tutto accompagnato da frasi, intercettate (“..bisogna punirli…li crepiamo..”) che nessuno si stupirebbe se a pronunciarle fossero stati delinquenti incalliti. Per non parlare dell’augurio, auspicato al loro comandante provinciale, di fare la fine riservata al piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso dalla mafia anni fa.

Un’indagine delicata che si va ad aggiungere all’altra, in “continente”, ad Aulla (Massa-Carrara), con risvolti ancor più avvilenti come sono emersi nella ricostruzione dei fatti dalla Procura della Repubblica di Massa che nell’avviso di conclusione delle indagini (corroborate da intercettazioni anche ambientali), lo scorso mese, vede indagati ben 37 carabinieri della stazione dei carabinieri e del Comando Provinciale per concussione, lesioni, omessa denuncia, favoreggiamento, abuso di ufficio, minacce e rivelazione di segreti di ufficio. L’istituzione resta salda, come è stato più volte detto, ma non c’è dubbio che tali gravissimi fatti, una volta accertati definitivamente nelle sedi giudiziarie, hanno prodotto danni alla sua immagine, alla sua credibilità.

Inutile sottolineare che sono stati violati (quasi) tutti quei principi e valori elencati nel Regolamento dell’Arma, nel Codice Europeo di Etica per le Polizie (adottato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 settembre 2001), di quello relativo alla condotta per gli agenti pubblici introdotto nel nostro ordinamento dalla legge 5 settembre 2014 n.141. La fiducia dei cittadini, in tali situazioni, subisce colpi brutali. E se i fatti si susseguono con una certa periodicità, c’è il rischio di credere sempre di meno nell’operato delle forze di polizia. E di questo non ne abbiamo davvero bisogno. Così, l’altra notizia, sempre degli ultimi giorni, parla di una condanna a sette anni e mezzo inflitta ad un sottufficiale dei carabinieri in servizio ad Ivrea per lo stupro (il fatto risale al 2013) su una donna, portatrice di handicap, che aveva sporto denuncia nella caserma di Mathi (Torino).

Macchie indelebili sulle divise che dovrebbero restare immacolate anche di altri appartenenti alle forze di polizia. A Napoli finiscono sotto inchiesta (sempre a novembre) nel contesto di indagini sull’ospedale Cardarelli, una vigilessa, alcuni carabinieri e finanzieri e a Prato si svolge il processo nei confronti di un poliziotto accusato di peculato e cessione di stupefacenti. Appartenenti alle forze dell’ordine che sono venuti meno all’impegno sottoscritto quando sono entrati a far parte dell’amministrazione della pubblica sicurezza prestando promessa solenne e giuramento. Da loro, inoltre, svolgendo “funzioni pubbliche” ci si aspettava “..il dovere di adempierle con disciplina ed onore..” come sancisce l’art.54 della Costituzione (spesso violato anche da molti esponenti della nostra classe politica). Due valori messi sotto i piedi da quel dirigente della polizia distato che a Ostia (Roma) dirigeva il commissariato di pubblica sicurezza e che, arrestato nel luglio 2016, è stato condannato a dicembre, con rito abbreviato, per gravi delitti.

Tutto questo mentre quel municipio romano, già sciolto un anno prima per infiltrazioni mafiose, avrebbe avuto bisogno di ben altro rappresentante in loco quale autorità di pubblica sicurezza.  Episodi che lasciano increduli molti  cittadini e profonda amarezza in tutti quelli che, nonostante il diffuso malcontento verso una politica disattenta sui temi così rilevanti della sicurezza e di alcuni esponenti del sistema, continuano ad avere fiducia nei riguardi dei vari organismi di polizia rappresentati, per la stragrande maggioranza, da persone perbene.

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